Angelo Barone – Bunker’s island
Nuovo allestimento della galleria con i bunker di Angelo Barone.
Comunicato stampa
Angelo Barone è sempre stato un esploratore di forme architettoniche. Le sue ricerche si indirizzano in due direzioni che al loro interno ne contengono numerose altre, la prima è una ricerca introspettiva che produce sculture simili ad unità abitative organiche, città vicine al mondo degli insetti, elaborate con materiali naturali come paglia, legno, cotone, pigmenti, terre.
Questo periodo lascia nelle strutture grandi aperture destinate alla comunicazione e alla vita al loro interno.
La seconda ricerca tende alla elaborazione culturale di strutture già esistenti, ma sempre collegate ad una forma di uso specializzata, come le costruzioni ecclesiastiche, gli edifici pubblici, le architetture militari.
Questi manufatti prescindono quasi sempre la abitabilità civile. Negli elaborati artistici del primo periodo le strutture di Barone hanno forme naturalistiche nelle quali si può immaginare una costante presenza animale, laboriosa, produttiva e altamente funzionale. Grandi alveari, termitai, nidi complessi, tutti brulicanti di vita, ronzanti di ali trasparenti e di elitre cornee riflettenti, all'esterno ed con un interno misterioso e forse scavato all'interno degli alberi a cui si appoggiano o estendentesi in cunicoli sotterranei che possiamo solo intuire.
Nelle sculture del secondo periodo, che dura fino ad ora, le forme sono chiuse, il colore è parzialmente perduto, la vita impossibile.
Nella mostra alla Fondazione Sensus sono visibili tutti gli sviluppi compiuti dalla creatività di Angelo Barone a partire dagli anni del suo esordio nel 1980.
La parte che d'ha il titolo alla mostra è raccolta in una grande stanza dove è ricostruita un'isola frastagliata e rocciosa, con insenature, fiordi e montagne, realizzata con due tonnellate di sabbia da costruzione.
Le coste dell'isola sono presidiate nel suo perimetro da una continua linea di bunker. Le immagini che si sovrappongono nella mente dell'osservatore sono di un'isola dei morti, oramai abbandonata e vissuta nel passato remoto da una setta di religiosi o da abitata da persone di cui resta difficile immaginarne un attività sensata.
Vengono anche alla mente gli esodi umani degli esuli e dei migranti che lasciano il loro paese reso inabitabile dalle continue guerre in atto e incerti dalla accoglienza che viene loro accordata.
I bunker di Barone rimangono in bilico tra la difesa impenetrabile e quindi alla funzione militare tutt'ora attiva e la mistica presenza di costruzioni moderniste, religiose come cappelle e pagode o parodie di ville sul mare.
Le interpretazioni si moltiplicano e si complicano ulteriormente per il materiale esterno delle sculture, ricoperte come sono di una pellicola vellutata che sembra smorzarne la rigorosa geometria.
L'esegesi dei bunker si sviluppa anche, in parte, da una ricerca filosofica e architettonica dello scrittore francese Paul Virilio che negli anni '70 ha percorso la Normandia, mappando tutte le tipologie di bunker che costituivano il Vallo Atlantico durante la seconda guerra mondiale.
Ora si mostrano come il titolo del suo libro: Bunker Archeology, in un abbandono reso imperituro dal calcestruzzo usato per costruirli, monoliti inclinati dalle maree che erodono la sabbia sulla quale sono poggiati secondo le regole costruttive militari che per aumentarne la resistenza erano privi di fondamenta.
Nelle architetture di Barone, se fossero realizzate con proporzioni monumentali, non si potrebbe vivere una vita comune, forse ci si potrebbe affacciare da una finestrina o da una feritoia ma più ragionevolmente si potrebbe solo girarci intorno come si fa con i templi, i mausolei del passato.
Non ci rimane che amarne le le forme così come lo scultore ce le mostra, girare intorno alla sua isola e godere delle suggestioni che ci offrono e riflettere.