Angelo Brescianini – Alla velocità della luce
Per tutto l’arco della sua ricerca artistica, iniziata negli anni Sessanta, Angelo Brescianini -Palazzolo sull’Oglio (Bs), 1948- ha cercato di catturare il dinamismo dell’espansione di un assemblaggio di forme nello spazio mediante il linguaggio dell’astrattismo, a partire dallo studiato dischiudersi meccanico di elementi da un nucleo centrale delle sculture in legno degli anni ’70-’80, metafora della formazione dell’universo da un piccolo atomo.
Comunicato stampa
Per tutto l'arco della sua ricerca artistica, iniziata negli anni Sessanta, Angelo Brescianini -Palazzolo sull'Oglio (Bs), 1948- ha cercato di catturare il dinamismo dell'espansione di un assemblaggio di forme nello spazio mediante il linguaggio dell'astrattismo, a partire dallo studiato dischiudersi meccanico di elementi da un nucleo centrale delle sculture in legno degli anni '70-'80, metafora della formazione dell'universo da un piccolo atomo. Le lamiere rappresentano l'esito più alto di questa inesausta ricerca, raggiunto tra la fine degli anni '90 e l'inzio degli anni 2000, per la loro capacità di intrappolare il moto curvilineo dei riflessi cangianti di un elemento impalpabile come la luce intorno alle “bugnature”, impresse sulla superficie di acciaio inox modulando la forza dirompente dello sparo con il calibro di pistole e fucili.
Le estroflessioni e le introflessioni, scandite dal ponderato susseguirsi degli spari, si espandono sulle sue lamiere come corpi celesti in un firmamento, definendo composizioni astratte di forme geometriche. La parabola definita dal moto del proiettile nello spazio trascende nello scorrere perpetuo della luce intorno alle curvature delle sue estroflessioni, modulate e ritmate dalla studiata progressione degli spari, attentamente calibrati. Un atto impulsivo e brutale come lo sparo si trasforma, infatti, in un atto meditato e programmato con la razionalità che ha sempre contraddistinto l'artista, unito all'estrema precisione e pulizia formale del risultato.
Se Fontana tagliava le tele con un gesto dall'immediatezza paragonabile a quella dello sparo dell'artista bresciano, cercando di sondare uno spazio immateriale dal respiro cosmico oltre la superficie bidimensionale, come avveniva nei “buchi” di Scheggi, anche le opere di Brescianini si aprono ad una terza dimensione, facendo vibrare tridimensionalmente la superficie. Se l'intento di catturare le variazioni cromatiche della scomposizione della luce e l'uso delle nuove tecnologie industriali per la lavorazione dell'acciaio lo accumuna all'arte cinetica-programmata, la brutalità del gesto dello sparo richiama il tentativo di sondare il potenziale espressivo della materia con violenti interventi su di essa dell'Arte Informale, alla quale l'artista si è accostato all'inizio del suo percorso artistico per abbandonarla subito a favore della ricerca scultorea. A differenza della materia dell'Informale, quella di Brescianini non è una materia organica, come la liuta dei sacchi bucati o dei legni carbonizzati di Burri – che negli anni '50 tormentava la tela con protuberanze che si sviluppavano in senso concavo-convesso rispetto alla superficie - bensì una materia indistruttibile, resa inossidabile, capace di perpetuare la memoria intangibile del segno che lo sparo imprime su di essa. Quindi, come nell'arte cinetica-programmata, anche l'artista bresciano si serve delle tecnologie offerte dall'industria.
Negli anni '90, l'artista, coerente nella sua ricerca del cinetismo e influenzato dalla conoscenza dell'artista Horacio Garcia Rossi, supera però la meccanica già acquisita dall'industria per riportarla al movimento elementare di marchingegni da lui creati che muovono le forme geometriche delle sculture in movimento da parete mediante complessi ingranaggi e meccanismi mossi in automatico dalla moderna tecnologia, non più attivati dal gesto dell'artista, come avveniva nelle sculture in legno degli anni '70. Queste opere sono visioni dinamiche policrome e luminose di un sovrapporsi di piani e forme che fluttuano nello spazio seguendo schemi cinetici immaginati e concepiti dall'artista come una struttura modulare dipinta a parete, alla quale si aggiunge una dimensione importante: lo scorrere del tempo.
Qui è evidente il richiamo alle sculture mobili, composizioni astratte di forme geometriche sospese in movimento sia nello spazio che nel corso del tempo: le Macchine Aeree di Bruno Munari, con il quale l'artista ha collaborato tra il 1973 e il 1974, proprio nel periodo delle sue riflessioni sulla scomposizione dei quadrati, che lui vedeva come riflessi di un vissuto. Ecco allora che, nel percorso di Brescianini, si concretizza l'idea di una pittura astratta fluttuante nello spazio, forme geometriche che si intersecano in movimento, le stesse che vengono definite nelle lamiere tramite la diretta proiezione del gesto, sempre dinamico, dello sparo, la sua concretizzazioene nella forma delle estroflessioni. Le lamiere di Brescianini danno forma visibile alle impalpabili sfumature dello spettro cromatico facendo scorrere delicatamente la luce sulle loro curvature.
Cenni biografici:
Dopo un'iniziale formazione rivolta all'ambito tecnico, verso la fine degli anni sessanta ha inizio il suo percorso artistico con i primi "spari" su lastre di metallo arrugginite e la prima partecipazione ufficiale ad un contesto espositivo pubblico, la Biennale di Padova del 1968, alla quale espone un’opera informale, ottenendo il suo primo riconoscimento.
L'artista eredita la passione per i legni pregiati e la loro essenza dal padre, esperto ebanista, ed apre un laboratorio di ebanisteria iniziando dedicarsi alla scultura in legno e metallo. Il lavoro manuale con il tornio e altri attrezzi, praticato dalla fine degli anni Settanta, gli consente di affinare una grande manualità nel plasmare la materia. In questo periodo Brescianini passa dalla pittura alla scultura, sempre utilizzando un linguaggio astratto che caratterizza sia i lavori degli anni Settanta che quelli degli anni Ottanta, con figure geometriche che contraddistinguono entrambe i decenni.
In questo periodo conosce l'architetto Luca Pastorio, figlio del pittore Ezio, con il quale collabora nel disegno e nella costruzione di oggetti d'arte nei quali vengono incastonate lastre di metallo pregiato e bassorilievi di autori come Cassinari, Fiume, Munari e Bonalumi. Questi oggetti ottengono un grande riscontro, Brescianini collabora con architetti e artisti famosi e il suo lavoro viene pubblicizzato in importanti riviste specializzate nel settore.
Nel 1991 la morte della sorella lo segna profondamente portandolo ad abbandonare questo settore per dedicarsi alla ricerca strutturale e cromatica. La conoscenza dell'artista cinetico Horacio Garcia Rossi, con il quale collabora assiduamente per anni lo porta a dedicarsi quasi esclusivamente allo sviluppo e alla realizzazione di sculture cinetiche.
Tra la fine degli anni '90 e l'inizio degli anni 2000, iniziano le sperimentazioni sulla sagomatura della superficie dell'acciaio tramite gli spari.
Nel 2012 il Museo del Presente di Rende (CS) gli dedica una vasta retrospettiva.
Nel 2015 Brescianini espone a Miami e presso la Unix Gallery di New York; viene, inoltre, invitato ad esporre in occasione della mostra Rigorismo, tra filosofia e Pop Art, nella prestigiosa sede dell'Istituto Italiano di Cultura di New York, accanto ad artisti del calibro di Agostino Bonalumi, Pino Pinelli e Turi Simeti.
Ad ottobre 2015, il MAON. Museo d'Arte dell'Otto e Novecento di Rende (CS) gli dedica un'importante mostra personale dal titolo A ferro e...fuoco.
Le opere di Brescianini sono presenti in importanti collezioni pubbliche e private sia in Italia che all'estero.