Anna Caruso – C’ero una volta
Una progetto itinerante che coinvolge il pubblico in una riflessione sulla contemporaneità in compagnia dei più popolari personaggi delle fiabe di Perrault, Carroll e dei Fratelli Grimm.
Comunicato stampa
E-LITE STUDIOGALLERY (Lecce), in collaborazione con FAMIGLIA MARGINI (Milano),
in partnership con VESTAS HOTELS & RESORT
presenta:
C'ERO, UNA VOLTA.
Mostra personale di Anna Caruso
A cura di Giovanna Lacedra, Claudia Pellegrino & Grace Zanotto
Dal 21/9 al 8/10 2012
Vernissage: venerdì 21 settembre ore 19:00
Opere pittoriche in esposizione presso:
E-lite Studio Gallery
Corte San Blasio 1C, Lecce
Opere grafiche in esposizione presso:
Risorgimento Resort
Via Augusto Imperatore 19, Lecce
Lecce - Venerdì, 21 settembre, dalle ore 19, l'E-lite Studio Gallery si tingerà delle pennellate dinamiche con cui l'artista milanese Anna Caruso riscrive le più amate fiabe popolari, catapultandone i personaggi nel caos della quotidianità delle metropoli contemporanee.
Per l'inaugurazione, con una performance ideata appositamente per la presentazione di questa seconda tappa, il pubblico sarà coinvolto da Alice, il Bianconiglio e il Cappellaio Magico - interpretati da Giulia Pascali (compagnia 'La curte' San Cesario di Lecce), Alessandro Dell'Anna (libera compagnia teatrale-Aradeo) e Grace Zanotto (performer e art director Galleria Famiglia Margini, Milano) - in un percorso interattivo che si snoderà, seguendo un filo di lana rossa, lungo le strade del centro storico della città barocca.
È la seconda tappa, dopo l’esordio presso Famiglia Margini a Milano, per la fortunata mostra, dal titolo “C’ERO, UNA VOLTA”, dell'artista che, dalla pratica del travestimento nota come Cosplay, ha dato vita a un ciclo pittorico animato di personaggi che con ironia coinvolgono il pubblico in un viaggio tra favola e realtà, trasportandolo in un universo fiabesco e sognante e al tempo stesso reale e crudo. Come ha affermato la Caruso in una sua recente intervista: “Nelle mie fiabe il lieto fine non è mai dichiarato. La conclusione della storia è soltanto suggerita, a volte molto duramente, altre volte velata da amara ironia: in questo modo voglio stimolare lo spettatore affinchè rifletta sulle infinite possibilità di un personaggio, in questo caso specifico, di un luogo, di un messaggio o di un linguaggio. Il fruitore diventa, così, protagonista e attore dell’opera dipinta. Parlare di un lieto fine, dunque, mi è impossibile, in quanto artefice solo parzialmente del processo”.
La mostra, a cura di Giovanna Lacedra, Claudia Pellegrino & Grace Zanotto, oltre che in galleria, trova una propria dimensione anche all’interno del Risorgimento Resort, albergo di lusso nel cuore della città barocca e a pochi metri dallo spazio E-lite, che nella sala Janet Ross ospiterà la sezione grafica dell’artista, a conferma della vincente collaborazione, nel segno dell’arte contemporanea, tra Vestas Hotels & Resorts e E-lite Studio Gallery di Lecce.
Una scelta che consentirà di approfondire un aspetto del lavoro della Caruso, che, nella rilettura delle fiabe tradizionali, sceglie pastelli, gessetti e acrilici, strumenti ideali per ottenere trasparenze, sovrapposizioni ed effetti di luce. Infatti, come lei stessa spiega, “Il bozzetto iniziale diventa essenziale nello studio del dipinto, poiché nessuna pennellata è lasciata al caso, nel calcolo metodico delle rispondenze tonali e delle giustapposizioni cromatiche. Le grafiche in bianco e nero mi aiutano a strutturare il filo conduttore dell’opera, le trasparenze dei soggetti che scompaiono negli sfondi e mi consentono di raggiungere l’empatia dell’opera con le sole forme. La carta, a differenza della tela, è uno strumento diretto e veloce, trasportabile e pronto per essere utilizzato al momento del concepimento di un nuovo lavoro: fare dell’arte una scelta di vita presuppone, a mio avviso, un contatto immediato tra la mente e la mano, il pensiero e la matita.
Con questa mostra la sinergia tra la company alberghiera pugliese e la galleria d’arte leccese diventa momento dinamico di scambio e di interazione, un dialogo concreto tra galleria, struttura ricettiva, città e pubblico. Nei giorni a seguire l’inaugurazione del 21 settembre, è previsto un incontro, aperto al pubblico, con Anna Caruso, presso il Risorgimento Resort: un’occasione per conoscere l’artista lombarda e la sua suggestiva dimensione creativa.
"Una volta, io ero.
Non un frammento, ma l'intero. Ero il sogno, compatto, che non temeva la realtà.
Ero il cuore di una fiaba. La bambina, la principessa. L'anima. Lo specchio nascosto in ogni stagno. La voce e la visione. L'infrangibile magia di una storia senza tempo.
Percorrevo i sentieri dell'innocenza, cercando luoghi di stupore. Poi, un giorno qualunque di un anno che non c'è, cerca, cerca… cammina, cammina… inseguendo un inganno ho smarrito la strada. Pollicino senza briciole, non l'ho più ritrovata!
Tutt'intorno non era bosco e non era notte. E non era neppure la luce lontana di un tunnel aperto al di là di una tana. Era rumore, piuttosto. Era un eccesso di luci e colori. Un caleidoscopio di vetri e ridondanti fluorescenze. Era un tempo che non abita le fiabe. Era un'altra vastità. Sconosciuta e spaesante. Una dimensione capovolta, nella quale ero piombata all'improvviso. Come catapultata da un singhiozzo della storia. Forse per errore. Forse per capire. Forse per aprire un dialogo tra questo mondo e il mio.
Sullo sfondo di questo frastuono, la mia voce si racconta ancora.
Rotta, come un giocattolo in disuso.
Ma tra i lacerti, ritrovo l'intatto cuore di una fiaba."
"Onirismi che si sbucciano tra gli spigoli della contemporaneità. Sono le fiabe esplose di Anna Caruso.
Alice, il Bianconiglio, Cappuccetto Rosso, Biancaneve: solitudini smarrite nell'irrealtà di un mondo che ha perso la capacità di 'sentire'. E se l'arte è soprattutto visione, come affermava Jean Dubuffet, le visioni metropolitane di Anna Caruso si animano di personaggi simbolici, per indagare i vuoti del nostro tempo.
Le fiabe nascono come narrazioni dal chiaro intento educativo, e ciascuna di esse puntualmente si conclude con un lieto fine: Cappuccetto Rosso esce intatta dal ventre del lupo, Cenerentola, calzando a perfezione la sua scarpina di cristallo, riesce a sposare il principe, Biancaneve si libera definitivamente dalla sua matrigna.
Insomma, il buono ha sempre la meglio sul cattivo. Perché nelle fiabe i personaggi sono nettamente divisi tra buoni e cattivi, come in una sorta di etica manicheista. Tra le pagine di Carroll, Perrault o dei Fratelli Grimm i buoni vincono o si salvano, e tutti finiscono per vivere felici e contenti.
Non è esattamente quello che accade nelle opere della Caruso, in cui la trama della fiaba viene interrotta, e la sua eroina viene strappata dal contesto narrativo per essere letteralmente teletrasportata in una dimensione che non le appartiene. È quel singhiozzo della storia, che come un sussulto sismico la spiazza, la infrange, e la disorienta. Anna Caruso pone come principale operazione della sua azione pittorica una decontestualizzazione di evidente matrice duchampiana. Cappuccetto Rosso che vaga smarrita col suo cestino tra i cartelloni pubblicitari di una grande città, non è che un ready made: una creatura avulsa dal suo contesto originario e collocata laddove nessuno si aspetterebbe di incontrarla.
La scelta di decontestualizzare proprio le eroine di fiabe popolari, scaturisce dalla sua esperienza nel Cosplay (contrazione delle parole inglesi costume e play), gioco di origine giapponese che consiste nell'indossare costumi di personaggi della cultura manga, degli anime, o delle fiabe. Anna ha iniziato a giocare travestendosi da Alice. E questa Alice ha riportato a galla la bambina che un tempo è stata e che dentro è ancora. In un gioco creativo si è aperto un dialogo tra una donna e la sua innocenza: la bambina delle fiabe ha parlato all'artista in divenire. Fino a quando Anna non ha permesso ad Alice di entrare nel 'quadro'. Alice ha preso cittadinanza oltre la trama della tela, insieme ad una serie di altri eroi ed eroine come lei, abolendo anche quella netta distinzione tra buoni e cattivi.
Con pennellate di colore acrilico accostate e giustapposte su tele preferibilmente serigrafiche, Anna dà vita ad un mondo dentro al mondo. Adottando una tecnica dinamica costruisce, con grande rapidità, architetture e anatomie, sovente colte in prospettive grandangolari.
Nei panni di Alice, Anna ha scoperto che l'apparente dissonanza tra quel costume e il contesto urbano può invece simboleggiare l'attuale condizione dell'artista, sempre in qualche modo fuori luogo, baconianamente ingabbiato in una realtà deformante e asfissiante. Ma proprio per questo capace di raccontarla".
(dal testo critico di Giovanna Lacedra)