Anna Caser – Sogni forme e colori
Vi è nel lavoro di Anna Caser lo spirito delle avanguardie storiche, l’idea che il mondo sia sempre in fermento e che ne sia l’arte il catalizzatore.
Comunicato stampa
Vi è nel lavoro di Anna Caser lo spirito delle avanguardie storiche, l’idea che il mondo sia sempre in fermento e che ne sia l’arte il catalizzatore. Il contributo che gli artisti devono dare al mondo appartiene al territorio infinito della sperimentazione, del sondare le illimitate possibilità della forma a rappresentare le idee e delle idee a diventare forma. Non vi possono essere altri limiti che quelli che ci si impone per pigrizia o per incapacità a comunicare. Tutto questo per la Caser non esiste in quanto nell’artista veneta la gioia di comunicare e il piacere di lavorare fanno parte integrante del suo progetto artistico.
E si vede. Anche nei recentissimi lavori in cui entrano per la prima volta le tecniche digitali e l’ elaborazione al computer accanto alle tecniche pittoriche tradizionali, la fantasia conquista facilmente il potere di mettere in sintonia con il mondo la capacità visionaria dell’artista. In effetti, si respira un’aria di libertà che c’è sempre stata, ma anche sicuramente legata all’ espressione pittorica, subiva alcuni condizionamenti ( e rallentamenti) inevitabili. Adesso molte cose sono cambiate e alcune invece sono rimaste. Continua indubbiamente la fascinazione della Caser appunto per le avanguardie e i loro stilemi: non dico che si respiri un’aria da papier collé, ma quasi. E poi molte soluzioni figurative, e mi riferisco in particolare a profili e silouhette, sono certamente da ascrivere all’immaginario picassiano. Ma completamente nuova è la composizione che arrischia, con successo, delle complessità ardite e affatto originali. Quello che si può dire di questi lavori recenti è proprio l’innovazione compositiva che non si adagia più nell’alveo infantile e primitivo di Klee, ma si lancia direttamente dal collage dadaista direttamente negli x files dei software di elaborazione immagini. Lo spirito delle avanguardie è soffiato ancora, ma questa volta nella direzione di una contemporaneità che è sempre memoria aggiornata dei western files artistici, ma in un modo veramente libero e sempre più esplicito.
Insisto sulla novità dei pattern perché il mondo di Anna Caser nasce dalla curiosità e dal quel family feeling che lei ha sempre tenuto ad esplicitare. Questa volta sembra che la ricerca si sia spinta in una direzione in cui permangono alcune coordinate poetiche fondamentali, ma l’universo frattale ha liberato le energie dell’artista verso direzioni che si stanno dischiudendo solo oggi. E’ come se il mondo infantile, illogicamente narrativo, fantastico e surreale, avesse trovato un linguaggio più duttile, forse più veloce, per riuscire ad esprimere una complessità che vive di spostamenti rapidi, di sinergie tra i segni e il colore, d’ attenzione al dettaglio ma anche di una visione d’insieme che colpisce come un graffito sulla corteccia di un albero.
Anna Caser in questa ultima serie di lavori dimostra come il suo cammino continuo, tenace, ricordato spesso nei contributi critici da Dino Formaggio, sia arrivata ad una svolta tecnica importante. E questo perché si è accresciuta la capacità combinatoria però anche la capacità visionaria dell’artista appare estremamente più libera. Soltanto il gioco degli sfondi meriterebbe un discorso a parte in quanto il gioco tra dentro e fuori l’immagine, le congruenze tra le parti, le reazioni del colore agli inserimenti e alle sovrapposizioni, sono esempi di un’accresciuta libertà espressiva che va di pari passo con una progressiva semplificazione degli elementi. E’ come se l’artista abbia compiuto una riflessione sulla propria poetica e n’ avesse estratto delle essenze visive che una volta riconosciute e individuate, risultano più pronte ad una nuova e assoluta combinatoria. Ancora una volta la tecnica diventa importante nel lavoro della Caser, ma in questo caso probabilmente vi è stato anche un chiarimento concettuale necessario soprattutto alle nuove procedure creative.
Allora il mondo dell’artista entra in una fase vibratile, energetica, come in un risveglio di primavera. Se da un lato si accentua il racconto, in questi lavori, sembra che la fantasia si sciolga in forme e combinazioni che si situano sotto il segno della metamorfosi. Gli oggetti cambiano e danno vita ad altri oggetti. Le forme nello stesso tempo subiscono cambiamenti e tensioni che ne fanno nascere di nuove. Una sottile allusione agli “oggetti nuovi” surrealisti c’è, ma si tratta di uno spostamento sintagmatico. E’ invece importante come dalla semplificazione degli elementi, l’artista riesca a trarre un aumento della complessità compositiva, che è sempre crescente e sempre magmatica nell’inseguire le continue metamorfosi delle unità elementari.
Queste ultime recano la memoria dello strappo, dell’essere parte di un tutto perduto di cui non rimane alcuna nostalgia perché l’artista lo sa reinventare ogni volta. Diventano nuove parole di una nuova poesia che viene scritta dalla prima volta ed è sempre diversa. Questi supercollage hanno l’eredità di una condizione visiva in cui il frammento coincide con il tutto. Sono parti di un discorso originale attorno all’arte come stupore e invenzione. Ma sono anche la genesi di una creatività che sa autoalimentarsi, crescere e proliferare per costituire un universo a parte, sereno e felice come un mattino lustrale.
Valerio Dehò