Anna Miccolis – 1:6 una sei
Cartoni, fogli da imballaggio, manifesti pubblicitari, retro di armadi, tanti e variegati sono i supporti che Anna Miccolis utilizza per raccontare i ritratti di un’umanità recuperata, esposta per la prima volta in una selezione di 12 pezzi, compresi un totem e un bosco.
Comunicato stampa
Cartoni, fogli da imballaggio, manifesti pubblicitari, retro di armadi, tanti e variegati sono i supporti che Anna Miccolis utilizza per raccontare i ritratti di un’umanità recuperata, esposta per la prima volta in una selezione di 12 pezzi, compresi un totem e un bosco.
1:6 UNA SEI è il titolo della mostra in cui l’artista gioca con una dichiarata e ironica lente di ingrandimento, sul tema dell’uno. L’ uno di Anna Miccolis è il paradosso di una situazione di relazione, con un doppio, o un genere. Maschile, femminile, animale. Il sé, l’abbandono, l’amore come bisogno.
Con parole, disegni, e dipinti, Anna svela un caleidoscopio di figure incontrate, specchi ritrovati, situazioni insolite che vengono distorte, trasformate in modo grottesco. Anna gioca con le parole, crea visivamente il suono nascosto di una lettura intima, prende in giro gli stessi discorsi che la ossessionano. Appaiono così i volti stilizzati e i lineamenti marcati, i tratti parlanti di personaggi fantasma, anche in forma di slogan. Il lavoro di Anna Miccolis è il canovaccio di un’umanità incisiva nel suo passaggio, sempre interrotta nella sua continuità.
1:6 UNA SEI è l’equazione, dove il numero cambia genere a seconda della scrittura alfanumerica, è la distanza fra maschile e femminile – poco importa se in un unico soggetto, un doppio o un gemello - è la tensione dell’essere nel convogliare tutte le sue parti, disperse secondo natura come nel big-bang.
Nello spettatore sorge allora un quesito basico, ma logico, il pensare ad una realtà che sia naturalmente senza soluzione di unione, o forse la risposta si trova suggerita nell’ accettazione di un’espressione incompleta, rischiosamente grossolana, ma finemente tradotta da Anna attraverso la semplicità di quei suoi 50cm di inesorabile distanza, che fanno dell’artista un visionario.
Mara Bertoni
Sono nata a Lecce il 04.03.1974. Sin da bambina dimostro una certa sensibilità verso il mondo dell'arte, ma l'educazione autoritaria di mio padre castra i miei interessi. Conseguo la laurea in lettere.
La mia collaborazione con l'agenzia di grafica e comunicazione Big Sur di Lecce segna in maniera definitiva la mia formazione. Lavoro da free lance come segreteria organizzativa e di produzione di eventi culturali. Conseguo un master breve in organizzazione teatrale presso la scuola Paolo Grassi di Milano e lavoro per importanti festival di teatro. A Lecce collaboro alla nascita della compagnia di teatro Factory. Per oltre 10 anni ho vissuto al margine e da spettatrice del processo creativo altrui.
Negli ultimi anni, una certa stabilità economica mi ha dato la possibilità di fare del mio tempo libero il mio tempo creativo. Ma quello che mi stava salvando da un lato, dall'altro mi uccideva. Sei giorni su sette dietro un bancone, con poco più di 50 centimetri di distanza tra me e un mondo fatto solo di facce. Tra il 2013 e il 2014 ho passato molto tempo a disegnare, un continuo dialogo in solitudine, catturando in pittura ciò che era sempre sfuggente. Questo stretto contatto con l'umano o il disumano mi ha dato la spinta a creare ispirata da tutte le facce che si sono affacciate nella mia vita.
A. M.