Annamaria Belloni – Il gene rosso
Una ricerca fotografica su persone dai capelli rossi: un segmento di umanita’ che sembra ipotizzare caratteri differenziati rispetto al resto maggioritario della popolazione.
Comunicato stampa
Questa nuova serie di ritratti di Annamaria Belloni sono il risultato di una personale ricerca condotta su persone dai capelli rossi (ma che hanno naturalmente delle specificità che vanno al di là della tinta rossa dei capelli e del biancore della pelle, come la stessa autrice suggerisce). Un segmento di umanità ben individuabile in termini visivi che sembra ipotizzare una natura e dei caratteri suoi propri, differenziati rispetto al resto maggioritario della popolazione.
Un servizio televisivo di qualche anno fa mi colpì particolarmente, parlava di una minoranza silenziosa, una “specie a rischio”, umana questa volta: alcuni scienziati avevano infatti calcolato che alla fine di questo secolo i rossi di capelli potrebbero estinguersi, in quanto il gene che li contraddistingue, MC R1, è recessivo ed è posseduto soltanto dal 2% della popolazione mondiale, mentre i portatori “sani” di questo gene sarebbero meno del 4%. Incuriosita dalla notizia della loro prossima e probabile estinzione e da sempre interessata al ritratto, ho cercato di documentare la loro presenza fotografando tutti i rossi che incontravo, sia conoscenti che, molto più spesso, persone fermate per strada, per creare una sorta di catalogazione non schematica delle chiome rosse e dei loro “portatori”.
Si tratta infatti di una “raccolta di rossi”, dove però l’attenzione si concentra anche su ogni singola persona, niente di schematico, appunto, niente foto-tessera. Mi hanno colpito i loro sguardi attenti, quasi consapevoli (anche in tenera età) del fatto di essere sempre più rari, e dunque sempre più speciali. Ho voluto poi allargare la mia indagine da un punto di vista sociale allegando alle fotografie un brevissimo testo, scritto dagli stessi soggetti fotografati, sul significato dell’essere rosso: anche attraverso un solo pensiero si può intuire come una “minoranza”, per di più in via di estinzione, veda se stessa e come pensi di essere percepita dagli altri.
E’ nata quindi una ricerca che mi ha coinvolto non solo dal punto di vista fotografico e la sintesi a cui credo di essere arrivata è che esista una sorta di “orgoglio rosso”, una consapevolezza del fatto che non essere omologati alla massa (non per scelta, ma non importa) sia comunque un fatto di cui andare fieri perché, come qualcuno di loro ha scritto, “la diversità è un’arte”.
testo critico di Roberto Salbitani