Annie Lapin – See?
Partendo dalla base di un già consolidato dialogo con la pittura di paesaggio intesa come oggetto mitico, la Lapin ha sviluppato un nuovo linguaggio al fine di analizzare il modo inconscio in cui il tipico fruitore di pittura costruisce lo spazio nella sua mente.
Comunicato stampa
Partendo dalla base di un già consolidato dialogo con la pittura di paesaggio intesa come oggetto mitico, la Lapin ha sviluppato un nuovo linguaggio al fine di analizzare il modo inconscio in cui il tipico fruitore di pittura costruisce lo spazio nella sua mente. Questa diversa direzione d’indagine non è però l’unica differenza rispetto ai dipinti precedenti, un’altra è che mentre in quelli venivano utilizzati tropi di epoca classica e rococò per manifestare le tensioni spaziali che caratterizzano il suo lavoro, in questo recente corpo di lavori, invece, l’artista assume un insieme chiuso di tecniche non collegate però a specifici riferimenti storici.
Pigmenti a base di mica e polvere di carbone sciolta e dispersa, formano lo sfondo sulla tela di lino di queste opere. Questi sbuffi di pigmento gettato, attivano lo spazio utilizzando solo pochissimo materiale, mentre la loro consistenza vellutata fornisce una base ottica intensa per le fasce di vernice spray argento, i cui effetti oscillano tra una brillantezza metallica e il candore di una nuvola di bianco. Un terzo elemento è poi costituito da un singolare pigmento giallo pallido che interagisce con il carbone e la tela di lino e conferisce inaspettatamente alle opere una strana retroilluminazione che varia a seconda se si tratta di colpi diretti di pennello o di lunghe strisce fatte con il rullo. Da notare anche i getti d'inchiostro dello stesso pallido giallo a forma di pozzanghera, i quali realizzati appositamente contengono uno strano e ripetuto motivo di vegetazione. Dopo un esame, queste aree pittoriche appaiono quasi come ritagli che galleggiano sopra la pittura, o fori nella superficie del lino. Simili a collage / trompe l'oeil sulla tela, queste aree possono apparire sia come strati di pittura scrostata o semplicemente lacerti di spazio all'interno del mondo stesso del dipinto. Attraverso questa contraddittoria attività pittorica, la Lapin sembra spingere i dipinti a cadere a pezzi, ma allo stesso tempo crea un sistema in cui le opere denotano un mondo autonomo e unitario aventi un solo tono poetico e coerente. Da lavoro a lavoro, lo spazio pittorico oscilla tra il paesaggio vero e proprio ed uno spazio più puramente psicologico, simile ai più stravaganti paesaggi mentali di Miro.
Tra tutti quelli in mostra ci sono anche tre piccoli quadri che si distinguono perché più che negli altri sembra essere evidente la rappresentazione della figura umana. Pezzi sfrangiati di foglia d'oro adornano le figure, ma nello stesso tempo sono come fori dai bordi irregolari nel sottostante e più morbido tappeto pittorico. La distorsione di queste figure viaggia in parallelo con gli sforzi della Lapin per trovare l'unità nella dissoluzione, di far emergere l'essere dal nulla. Mentre i generi storici sia della ritrattistica che del paesaggio offrono allo spettatore un quadro di riferimento chiaro per la visualizzazione di queste opere, il vero soggetto per questa mostra di Annie Lapin è l'effimero della visione pittorica che giace in ogni opera.