Antinoo. Un ritratto in due parti
L’ affascinante storia del ritratto marmoreo di Antinoo diviso in due frammenti: il volto e il busto. L’uno è conservato presso l’Art Institute di Chicago, l’altro al Museo Nazionale Romano.
Comunicato stampa
Un appuntamento per ripercorrere l’affascinante e intricata storia del
ritratto marmoreo di Antinoo diviso in due frammenti: il volto e il busto.
L’uno è conservato presso l’Art Institute di Chicago, l’altro al Museo
Nazionale Romano e da oggi entrambi in mostra a Palazzo Altemps.
Dopo Chicago, l’esposizione riunisce a Roma dal 15 settembre 2016 al
15 gennaio 2017 i due pezzi, assieme a una ricostruzione che ricompone
l’originale, e ripercorre anche le ricerche che hanno consentito di identificare
i due frammenti come parti di un’unica scultura.
Promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’area archeologica
centrale di Roma e dal Museo Nazionale Romano con Electa, l’iniziativa è
curata da Alessandra Capodiferro. L’identificazione e il ricongiungimento dei
due pezzi sono stati possibili grazie alla collaborazione di specialisti e studiosi
del J. Paul Getty Museum, dell’Art Institute e dell’Università di Chicago.
Il risultato di questa ricerca avviata un paio d’anni or sono è adesso visibile a
Palazzo Altemps, grazie al modello 1:1 in gesso del volto di Antinoo accostato
al busto: è così restituito l’aspetto originario che l’opera aveva in età romana.
Il viaggio da Roma a Chicago di questo frammento è un’ulteriore prova della
forza straordinaria del mito del giovane Antinoo, del quale si contano già in
antico numerosi ritratti e repliche.
Anche la contemporaneità ha mostrato grande interesse per il favorito di
Adriano, come rivela la fotografia di Olivier Roller che completa questo focus
espositivo sul celeberrimo ritratto di Antinoo e la sua storia.
ANTINOO. UN RITRATTO IN DUE PARTI
ROMA
Il volto assorto, malinconico, i folti riccioli separati da una notevole linea
di frattura che percorre la testa e contorna il ritratto – aggiunto in età
moderna a integrare la parte mancante del busto antico – l’Antinoo del
Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps incanta per la sua dissonante
bellezza.
L’opera doveva far parte del primo nucleo di sculture antiche raccolte per la
propria collezione dal cardinale Ludovico Ludovisi tra il 1621 e il 1623, esposta
nella splendida villa edificata sul Quirinale.
Nel 1641 l’inventario della collezione registra un busto di “Antonio” di
dimensioni maggiori del vero che potrebbe in realtà essere il nostro Antinoo.
Nel 1693 P. Rossini nel volume Mercurio errante delle grandezze di Roma
menziona “il Busto di Antino” tra i marmi collezionati dal cardinale nel
Palazzo Grande della Villa Ludovisi.
È verosimile che l’Antinoo documentato da queste fonti antiquarie avesse
perso gran parte del volto antico in un’epoca difficile da stabilire con certezza,
forse anche prima che entrasse a far parte della collezione Boncompagni
Ludovisi. È certo che il busto fosse completato da un ritratto di restauro
quando J. J. Winckelmann nel 1756 visitò la Villa Ludovisi annotando nel suo
taccuino che l’Antinoo aveva un volto “nuovo”. Nella villa il busto rimase
esposto fino alla fine dell’Ottocento quando ormai avevano avuto inizio le
vicende della vendita della proprietà e dello smembramento delle raccolte.
Nel 1901 lo Stato Italiano acquista il nucleo più importante della collezione
Boncompagni Ludovisi – e con questa l’Antinoo – definitivamente allestita dal
1997 nel Museo di Palazzo Altemps.
CHICAGO
Il frammento di ritratto di Antinoo – canonici i bei tratti, sensuali e torbidi –
entra a far parte delle collezioni dell’Art Institute di Chicago nel 1922
per essere donato al museo due anni più tardi.
La vicenda moderna della scultura ha inizio alla fine dell’Ottocento quando
la compravendita di pezzi antichi animava, tra Roma, Atene e l’Egitto,
un febbrile mercato antiquario: direttori e agenti di musei di nuova
fondazione, europei e americani, esploravano i luoghi dell’archeologia alla
ricerca di opere d’arte per le proprie collezioni. A Roma nell’aprile del 1898,
C. L. Hutchinson, primo presidente dell’Art Institute di Chicago, acquista per
la sua collezione privata il frammento di ritratto correttamente identificato
come Antinoo e montato come fosse un altorilievo dal venditore, l’artistaantiquario
A. Simonetti. Così compare in una fotografia del 1913 in un
articolo pubblicato su Art in America.
Nel 2005 W. Raymond Johnson, egittologo all’Università di Chicago,
suggerisce l’ipotesi che i due pezzi – di Chicago e Roma – appartenessero
originariamente a una medesima scultura come sembra potersi confermare
in base alle ricerche fin qui condotte, completate dall’analisi del marmo,
lunense in entrambi i pezzi.
DF
ANTINOO
Il canone di bellezza ideale attribuito nell’età moderna alle raffigurazioni di
Antinoo, la perfezione delle fattezze del volto, i morbidi riccioli, la nudità del
corpo armonioso e possente, indurrebbe ad avvicinare – con una forzatura
cronologica e culturale – il ritratto e il tipo statuario a un’ultima creazione
dell’arte greca piuttosto che all’arte romana. Nella storia dell’arte classica
personalità e immagine del giovane di origine greco-orientale si fondono
in un tutt’uno, integrando nella sua figura quei valori estetici, autoriali e di
originalità rari nell’arte romana.
Se ne innamorò Adriano, l’imperatore innamorato della grecità, e se
la relazione non diede scandalo, scandalizzò la commozione suscitata
nell’imperatore dalla morte dell’amato, avvenuta per disgrazia durante una
navigazione sul Nilo.
Antinoo è così consegnato a una fama senza tempo in un’immagine
cristallizzata del tutto lontana dalla complessità della costruzione
iconografica del personaggio che, quasi al pari di Adriano, potrebbe definirsi
varius, multiplex et multiformis, esibendo un’iconografia composita di
matrice romana, greca, egiziana, ispirata da modelli diversi per ambito
culturale, ideale e religioso che riflette lo spirito del tempo.
Nel notevole repertorio delle raffigurazioni che ne deriva, Antinoo è visto, in
ragione del culto tributatogli subito dopo la morte da Adriano, soprattutto
in Oriente, nella sua natura divina come Osiride, Dioniso, Apollo, Asclepio o
assimilato a divinità agresti. Tra le iconografie che lo ritraggono nella sua
natura terrena, un posto a parte è occupato dalle scene di caccia, una
passione condivisa in vita dal giovanetto e dall’imperatore.
Incarnazione della bellezza fuggevole della gioventù, l’immagine di
Antinoo si accende di interesse antiquario nel Rinascimento e in età
barocca, dopo l’oblìo succeduto alla morte di Adriano e durato per secoli.
Nel Settecento è J.J. Winckelmann a consacrarne la fama, egli stesso
sedotto dal fascino del giovane, bello e sfortunato amasio di Adriano, il
cui destino è segnato dalla grazia precaria di un amore elettivo e da una
morte tragica e misteriosa. Da un fuorviante vagheggiamento sensuale
nasce nella letteratura di età moderna l’immagine erotica di Antinoo resa
in versi densi di malinconico desiderio da W. Irwing, O. Wilde, F. Pessoa. È
questo medesimo sentimento che pervade la narrazione di Adriano nella
visione ormai pietrificata dell’amato, rappresentato come altrove mai, nella
villa tiburtina scenario delle Memorie di M. Yourcenar. Non estranea alla
contemporaneità, l’immagine di Antinoo si pone come “immagine di culto”
che in un continuum temporale ha connotato storia e leggenda, iconografia
e letteratura, studio e invenzione.
MC