Antipode / Encounters IV
Al primo piano la mostra „Antipode“, bi-personale a cura di Sabine Gamper, con gli artisti Sergiu Toma e Leonardo Silaghi. Al piano terra invece, é la contemplazione l’elemento chiave dell’altra bipersonale di Jörg Reissner (*1984 altoatesino) e Peter Sandbichler (*1964 tirolese), a cura di Victoria Dejaco.
Comunicato stampa
Bianco contro nero, astrazione contro figurazione, simbolismo contro realtà… in "Antipode", una mostra che presenta due atteggiamenti giustapposti dell’arte di Cluj, in Romania, nuove opere svelano le potenzialità della pittura dell’Europa dell’Est in tutte le sue sfaccettature. Da una decina di anni a questa parte, la Scuola d’ Arte e Design di Cluj ha dato vita a una nuova generazione di artisti di successo internazionale. Artisti che sono, da un lato, abilissimi delle tecniche accademiche della tradizione pittorica dell’Est ma, dall’altro, aperti e imparziali nei confronti delle tematiche e delle tecniche della pittura occidentale.
Sergiu Toma e Leonardo Silaghi, entrambi classe 1987, sono giovani esponenti di questa nuova generazione della Scuola di Cluj. Il primo concentra la sua pratica sulla figurazione e sulla rappresentazione realistica, mentre nelle sue opere più recenti il secondo sperimenta l’astrazione e la riduzione di forma e colore.
Nella mostra Leonardo Silaghi presenta una serie completamente nuova di opere di grande formato e un assortimento di 25 pezzi più piccoli, caratterizzati dalla raffigurazione astratta e da sfumature di blu, bianco e grigio. Con pennellate larghe e dinamiche, crea una sovrapposizione di situazioni piatte e spaziali insieme a una magistrale composizione di passaggi chiari e scuri che dirigono lo sguardo dello spettatore. Le forme sono essenziali – cerchi, triangoli, linee – e attraversano tutta la tela. Solo un esame più attento svela la presenza del soggetto con cui l’artista si era già confrontato nelle ultime opere: scorgiamo infatti variazioni sul tema del teschio, presentate con incisivo simbolismo come una serie di ritratti astratti. In questi anni, Silaghi si à dedicato ai vecchi macchinari e alle macerie dell’industria pesante nell’Europa dell’Est postcomunista. È stato nel 2014, durante il suo soggiorno a New York, che ha compiuto la radicale transazione verso l’astrazione. Poi, a partire dal 2015, in seguito alla sua permanenza a Berlin, ha cambiato profondamente la scelta dei suoi soggetti. Oggi quindi Silaghi punta sul grigio, perché altri colori lo distrarrebbero dal suo obiettivo principale: ossia radicali soluzioni pittoriche. E queste le trova nelle forme più semplici e nei colori più essenziali.
Sergiu Toma presenta un grande quadro dipinto a olio su tela e le prime cinque opere di formato più piccolo di una serie cha sta sviluppando per raccontare l’intensa transizione subita dal suo
modus operandi. Con caratteristico stile libero e lieve, Toma ci racconta i momenti spontanei della vita quotidiana: scene in cui gioca col cane durante una passeggiata al parco e, di tanto in tanto, momenti sospesi tra spazi interni ed esterni. Sembrano fermi immagine di un film ma si basano in realtà su istantanee scattate dall’artista con la sua macchina fotografica. In contrapposizione alla sua pittura iperrealista e accademica, queste nuove opere svelano un modo molto più generoso di confrontarsi con il mezzo pittorico per catturare la magia e la dinamica del momento. Toma è un maestro delle atmosfere, che riproduce sotto una patina morbida e fluida. Lo diverte anche il gioco emotivo con lo spettatore, sottoponendo questo a scelte forti tra nero assoluto e intensi colori vibranti, creando così luoghi allo stesso tempo familiari e minacciosi. La tela grande, infine, che mostra l’artista mentre muove una tenda tra quelle che appaiono due realtà diverse, sembra fungere da cardine tra le opere precedenti e quelle nuove.
Sabine Gamper
Leonardo Silaghi nasce a Satu Mare, in Romania, nel 1987. Dopo essersi diplomato presso la Scuola di arte e design di Clu, ha compiuto viaggi di ricerca e permanenze a New York e Berlino. Vive e lavora tra Cluj e New York.
Sergiu Toma nasce a Baia Mare, in Romania, nel 1987. Dopo essersi diplomato presso la Scuola di arte e design di Cluj ha compiuto viaggi di ricerca e permanenze a New York e Roma. Vive e lavora a Cluj.
La contemplazione è elemento chiave della mia pratica curatoriale, che si concentra su mostre personali e bipersonali come questa di Jörg Reissner e Peter Sandbichler, allestita presso la Galleria Doris Ghetta. Si tratta, tra l’altro, della terza di quattro mostre della serie “Incontri” (Encounters) dedicata alla disposizione di posti a sedere, nella fattispecie opere tratte dalla sequenza "Alte Schachtel" di Peter Sandbichler, con l’obiettivo di cambiare i ritmi con i quali guardiamo l’arte negli spazi galleristici, invitando lo spettatore a sedersi, a indugiare, a contemplare. Un’altra caratteristica delle mie mostre è quella di svilupparsi attraverso rapporti personali stabiliti in seguito all’esperienza di allestimenti presso la Hallway Gallery, in casa mia. Avevo bisogno di poter affidare le chiavi dell’appartamento all’artista, conoscere il suo modus operandi così bene da potermi fidare di cambiamenti spontanei nel corso dell’installazione delle opere, e anche di conoscere l’artista stesso così bene da poter star sicuro che il pubblico attratto da lui o da lei fosse rispettoso di casa mia. La serie “Incontri” costituisce un prolungato gesto di fiducia. Invito un artista che conosco bene e con cui ho già lavorato in precedenza a invitare, a sua volta, un artista con cui non ha mai esposto prima. In questo caso, ho invitato Jörg Reissner, che aveva partecipato alle mostre Hallway a Vienna. Dopodiché Jörg ha invitato l’artista Peter Sandbichler, che ha base a Vienna, con cui aveva collaborato in passato.
Quello che hanno in comune i due artisti è un modo assai singolare di riciclare materia e forma. Al centro della mostra sta un’istallazione spaziale in cartone di Peter Sandbichler, alcune sue “opere piegate” e due “scatole sedia”. Jörg Reissner, invece, ha portato nuove tele e disegni di diverse dimensioni che a prima vista possono anche non sembrare così ovviamente collegati. Solo un esame più accurato svela forme nelle grandi tele che si rapportano alle scatole di cartone, impiegate come stencil o come modelli sia per la composizione della tela stessa che per le scelte cromatiche. In alcune opere precedenti di Reissner, cartone, blocchi di gesso o elementi lignei costituivano parte fisica di assemblaggi installativi di quadri e oggetti. Le nuove opere sono molto più pittoriche e, di conseguenza, in qualche modo molto più astratte, a sé stanti, senza alcuno riferimento. “Astrazione”, “riciclaggio”, “riferimento”… ecco i termini perfetti per descrivere le “opere piegate” di Peter Sandbichler, che impiega l’antica tecnica dell’origami per piegare pagine di giornale, riassumendole in quello che appare un motivo mesmerizzante da lontano e la mutilazione critica del contenuto scritto di una poesia dadaista da vicino. È il gesto della piegatura, una semplice interferenza sul materiale esistente per cambiarne aspetto e funzione, che dà origine alla sequenza "Alte Schachtel". Sulle scatole in cartone vengono lasciate impronte perché assumano una forma gradevole prima di essere rivestite di resina acrilica rinforzata di fibra di vetro. Il risultato è il calco durevole di un oggetto effimero che ha raggiunto il limite della sua utilità. Le grandi installazioni in cartone rinforzato vanno addirittura oltre questo atteggiamento “anti scultura”. Non sono né in vendita né conservate ma sono, piuttosto, una manifestazione provvisoria e, dopo aver vissuto un momento di fama, rientrano nel cerchio del riciclaggio.
Le imprese culturali dell’umanità, come l’arte, sono nate grazie a intensa attenzione contemplativa. Solo attenzione e contemplazione, infatti, portano al pensiero critico. E solo il pensiero critico, rivolto all’ignoto, è in grado di aprire la mente alla soluzione di problemi in modo creativo. Tutto questo è più importante che mai in un momento come questo in cui sistemi democratici sono in via di disintegrazione e abbiamo urgente bisogno di andare più d’accordo tra di noi e nei confronti delle risorse del pianeta, prima che sia troppo tardi. Perché per ora non esiste piano di fuga. Nel suo libro Reductionism in Art and Brain Science (Columbia University Press, 2016), Eric Kandel, il neuroscienziato di origine austriaca vincitore del premio Nobel per la fisiologia o la medicina nel 2000, descrive il nesso tra arte astratta da un lato e pensiero creativo e soluzione di problemi dall’altro, chiarendo la differenza tra pensiero “bottom up” (dal basso all'alto) e quello “top down” (dall’alto al basso). Il pensiero “bottom up” comprende processi mentali radicati dall’esperienza umana che ci programma da millenni. Così, inconsapevolmente, riusciamo a cavare senso dai fenomeni, come quando ci rendiamo conto che la fonte che ci illumina da sopra è il sole. O che una persona è più alta perché è più vicina a noi, mentre è più bassa perché sta in lontananza. Il pensiero “top down”, invece, si basa sulla nostra esperienza e conoscenza personale e ci serve per intrepretare arte formale, simbolica o narrativa. L’astrazione si attinge al pensiero “top down” e richiede poca o nessuna conoscenza a priori.
La pittura astratta comprende elementi non come riproduzioni visive di oggetti, ma come riferimenti o indizi su come li concettualizziamo. La ragione per cui costituisce un’enorme sfida per noi spettatori dunque è perché ci insegna a guardare l’arte – e, in un certo senso, il mondo – in modo nuovo. L’arte astratta sfida il nostro sistema visivo a intrepretare un’immagine che è fondamentalmente diversa da quelle che il nostro cervello, evolvendosi, ha imparato a ricostruire. Eliminando narrativa, vita reale e immagini attese, l’arte astratta richiede l’attiva soluzione di problemi. A livello del subconscio, fa funzionare il nostro cervello in modo diverso, più faticoso. Abbinata alla contemplazione – un cambiamento di ritmo rispetto alla nostra energica vita quotidiana di multitasking superficiale, priva di processi di pensiero approfondito – l’arte è in grado di ricordarci quello che significa essere umani, di aiutarci a ridefinire sia il nostro ruolo nella società sia il ruolo della società nella conservazione della civiltà umana. Sempre che siamo aperti agli sforzi dell’arte di cambiare prospettiva. E proprio ai modi possibili di cambiare prospettiva Jörg Reissner and Peter Sandbichler danno un grosso contributo.