Antologia della moto bolognese 1920-1970
Antologia della moto bolognese, 1920-1970 porta a compimento un ampio e importante lavoro di indagine condotto negli anni dal museo, con momenti di restituzione pubblica quali le recenti esposizioni Moto bolognesi degli anni 1950-1960. La motocicletta incontra l’automobile (2021/2022) e Moto bolognesi C.M. Trent’anni memorabili 1929-1959 (2018).
Comunicato stampa
Il Museo del Patrimonio Industriale di Bologna - istituzione culturale votata allo studio, alla documentazione e alla divulgazione della storia economico-industriale della città e del suo territorio, attraverso la ricostruzione delle vicende succedutesi dall'affermarsi dell'industria serica nel Medioevo fino all'odierno distretto meccanico della motoristica e dell'automazione – aggiunge un nuovo momento espositivo al filone Moto bolognesi, che ha costituito uno dei principali interessi della sua attività di ricerca: sabato 26 novembre 2022 (a partire dalle ore 13) sarà aperta al pubblico la mostra Antologia della moto bolognese, 1920-1970.
Il nuovo focus tematico, realizzato il contributo dell’Associazione Amici del Museo del Patrimonio Industriale, si inserisce nel percorso espositivo del museo e rimarrà visibile fino al 28 maggio 2023.
Antologia della moto bolognese, 1920-1970 porta a compimento un ampio e importante lavoro di indagine condotto negli anni dal museo, con momenti di restituzione pubblica quali le recenti esposizioni Moto bolognesi degli anni 1950-1960. La motocicletta incontra l’automobile (2021/2022) e Moto bolognesi C.M. Trent’anni memorabili 1929-1959 (2018).
A partire dalle collezioni permanenti del museo, in cui sono presenti esemplari di motocicli, motori e componenti di alcune aziende locali che ebbero un ruolo di primo piano nel settore motoristico, il progetto è nato con l’obiettivo di realizzare una puntuale e completa ricognizione dell'industria motociclistica in area bolognese – terra di motori per eccellenza – dalla nascita negli anni Venti del Novecento fino agli anni Sessanta, contestualizzandone gli scenari di evoluzione tecnica, produttiva e aziendale.
L'impegno nell'indagine condotta su fonti composite – documenti, memoria orale, immagini fotografiche e filmate, giornali e riviste specializzate del tempo – ha consentito la ricostruzione di un centinaio di biografie di aziende, la schedatura tecnica di modelli e pezzi analizzati e la formazione di un ricchissimo archivio fotografico realizzato grazie all'aiuto del mondo del collezionismo.
La mostra ripercorre cinquant’anni di produzione motociclistica bolognese che si è distinta, fin dagli esordi, per l’inventiva e le capacità di numerosi tecnici che si sono cimentati, con diversa fortuna, nella realizzazione di veicoli sempre molto curati, non solo dal punto di vista costruttivo, ma anche estetico, imponendosi inoltre ai più alti livelli, con le versioni da competizione, in ambito nazionale ed estero.
Attraversando stagioni diverse e spesso difficoltose – la fase pionieristica, le ristrettezze e le distruzioni del periodo bellico, la ripresa ed il miracolo economico – le piccole e medie case costruttrici della città e del territorio circostante hanno sempre esposto nelle “vetrine” delle fiere del settore, e quindi offerto sul mercato, una gamma di motocicli unica per quantità, varietà e bellezza.
Solo pochi marchi sono riusciti a tradurre l’apprezzamento della critica e dei singoli appassionati in un vero e proprio successo commerciale, tuttavia l’industria bolognese delle due ruote, anche con l’apporto del settore della componentistica, ha lasciato un segno indelebile nella storia del motociclismo italiano.
Il percorso espositivo di Antologia della moto bolognese, 1920-1970 presenta 32 motociclette realizzate dai più importanti marchi del cinquantennio ed è arricchito da una serie di materiali multimediali: sette contributi filmati provenienti dall’Istituto Luce, l’intera serie delle moto esposte nelle precedenti esposizioni e il filmato, prodotto dal museo, Italiani in motocicletta, basato sui cinegiornali dell’Istituto Luce (1930-1940).
La storia del motociclismo bolognese prende avvio nel 1899 quando il Touring Club Italiano organizza una gara in circuito e i numerosi spettatori accorsi possono ammirare, con stupore, un nuovo veicolo: il motociclo. Nel 1904 è la ditta Grazia e Fiorini a cimentarsi, per prima in città, nella realizzazione di due motocicli in versione Corsa e Turismo.
Sarà la guerra ad accelerare un progresso tecnologico che avrà ricadute anche in ambito motoristico. Le ditte G.D e M.M., nate nel 1923 e 1924, si distinguono subito per qualità e affidabilità. Sono le gare a determinare, per tutti i costruttori, l'andamento positivo della produzione. I nuovi modelli vengono allestiti in versione da competizione ed una vittoria, o una buona prestazione, nel “Raid Nord-Sud” (Milano-Napoli) o nel “Giro Motociclistico d’Italia”, hanno un'immediata ricaduta sulle vendite.
Negli anni Trenta le ristrettezze imposte dalle scelte autarchiche del regime fascista mettono a dura prova il mondo delle due ruote. A Bologna, solo la M.M. conserva un ruolo preminente, sia dal punto di vista commerciale che sportivo, aggiudicandosi un gran numero di gare e di record di velocità in ambito nazionale ed estero.
Con la dichiarazione di guerra, nel 1940, iniziano gli anni bui: la produzione di moto di fatto cessa, consentendo solo quella di un esiguo numero di motocarri. Infine i bombardamenti aerei portano alla distruzione di molte officine.
Terminata la guerra nel 1945, i motocicli tornano a circolare in ordine sparso ed in numero esiguo, essendo l'uso limitato alle necessità di lavoro e dalla scarsità di benzina. La produzione si incentra perciò su economici micromotori da applicare alle biciclette o a telai appositamente predisposti. In questo settore si afferma la Ducati realizzando il Cucciolo, uno dei micromotori che più contribuisce all’affermazione della “motorizzazione popolare” in Italia.
A livello sportivo Moto Morini e F.B primeggiano in Italia e all’estero. Morini vince il Campionato Italiano 125 nel 1948 e 1949, mentre F.B Mondial, milanese ma interamente progettata e costruita a Bologna, si aggiudica il Campionato del Mondo nel 1949, 1950 e 1951.
Negli anni Cinquanta lo scenario motociclistico bolognese è estremamente vivace, con ben 55 marche di motocicli finiti, perlopiù di piccole e medie cilindrate. Solo alcune si avviano ad avere un assetto ed una organizzazione produttiva moderni, con stabilimenti efficienti e un’adeguata dotazione di macchine: in città Ducati e Moto Morini, a Porretta Terme la DEMM; inoltre le lombarde/bolognesi F.B Mondial e MI-VAL. Marche storiche e prestigiose, come C.M e M.M., si avviano invece al declino.
In campo sportivo primeggiano Benelli, Guzzi, F.B Mondial, Moto Morini, MV, Parilla, aziende che possono permettersi gli elevati costi delle squadre corsa. La storia sportiva Ducati vede molte importanti affermazioni: il Motogiro del 1956, il Campionato Italiano 125 nel 1957 e l’epica impresa di Leopoldo Tartarini e Giorgio Monetti con il giro del mondo nel 1957-58.
Gli anni Sessanta sono difficili per il motociclismo nazionale perché si affaccia la prepotente concorrenza dell’automobile. Dai listini scompaiono i modelli 500 ed i grossi motocarri. Restano invece gli scooter e le piccole e medie cilindrate capaci di alte prestazioni. Arrivano le moto giapponesi, mono e pluricilindriche, potenti, veloci, con finiture di lusso. Il mercato cerca, quindi, di adeguarsi alle domande dei clienti: sono necessarie varianti ai modelli di base che a loro volta fanno crescere il numero dei componenti delle moto.
In area bolognese agisce un indotto capace di fabbricare qualsiasi parte meccanica, di pari passo con il progresso tecnico. Si evolvono e perfezionano i motori, il sistema desmodromico viene utilizzato non solo su quelli da competizione, ma anche da super-sport. Lo stesso vale per i componenti della ciclistica, dalle sospensioni ai freni.
La produzione diventa differenziata e polivalente, ai modelli base Turismo si aggiungono un gran numero di varianti, con aggiornamenti continui nel corso dell’anno. Si registra anche un crescente interesse dall'estero per i prodotti italiani, con un'attività di esportazione oltralpe ed oltre oceano. Ottengono redditizi contratti, tra le altre, le bolognesi Ducati, MI-VAL, F.B Mondial, Moto Morini.
Si registrano anche la presenza e l'affermazione di nuove case produttrici, come la Italemmezeta, poi Italjet, caratterizzata da una eclettica produzione, e di marchi già conosciuti che trovano una nuova importante dimensione produttiva e commerciale, come Cimatti, Malaguti, Malanca, Testi, apprezzati in particolare per le loro piccole cilindrate.
Alle loro spalle, la rassicurante presenza di case costruttrici di motori, come DEMM (attiva e affermata anche nella produzione di motocicli), Franco Morini e Minarelli in grado di produrre tutta la gamma da 48 a 175 cm, a 2 e 4 tempi, per tutti gli usi, turismo, sport, competizione, trasporto.
In mostra anche la M.M. 175 del 1933 che consegue il Record Mondiale di Velocità sul Chilometro lanciato effettuato nel tratto rettilineo tra l’8° e il 9° km della strada che collega Borgo Panigale a San Giovanni in Persiceto.
All’interno del percorso espositivo è inoltre consultabile, secondo vari percorsi di indagine, una banca dati multimediale che racchiude schede tecniche, immagini, marchi e note informative dei 98 produttori di motociclette attivi sul territorio fino al 1960. Si tratta di un’esaustiva “enciclopedia” del motociclismo bolognese resa possibile dal contributo del mondo del collezionismo che ha conservato e messo a disposizione una ricca documentazione composita: fotografie d’epoca, pubblicità, riviste del settore, manuali, cataloghi e molto altro.
Il Museo del Patrimonio Industriale – collocato nella suggestiva sede di una fornace da laterizi del XIX secolo – studia e racconta la storia economico produttiva di Bologna e del suo territorio dal tardo Medioevo ai giorni nostri.
Il percorso espositivo si apre con la ricostruzione dell’organizzazione produttiva dell’antica “Città dell’acqua e della seta” che ha visto Bologna – tra i secoli XV e XVIII – esportare filati e veli di seta in tutto il mondo occidentale. Questa supremazia produttiva entra in crisi alla fine del secolo XVIII quando la Rivoluzione Industriale costringe ad aggiornare saperi e organizzazione del lavoro.
La città è costretta a riprogettare il proprio futuro, puntando sulla formazione tecnica come elemento strategico di rinnovamento: nel corso del XIX secolo si afferma, così, l’Istituto Tecnico Aldini Valeriani. Da questa scelta, oltre che dall’esistenza di fattori economici, organizzativi, logistici e amministrativi favorevoli, scaturisce la ripresa produttiva della città nella seconda metà dell’Ottocento che porterà un secolo dopo all’affermazione dell’attuale distretto industriale.
Bologna si configura oggi come una vera e propria capitale dell'industria meccanica ed elettromeccanica. La ricchezza e la complessità del distretto viene ricostruita attraverso le sue principali articolazioni produttive: le macchine da pasta, la motoristica e l'automazione meccanica, settore, quest’ultimo, nel quale la città compete a livello mondiale.