Antonello Bulgini – Die Pulver Fabrication
La mostra riunisce una serie di dipinti realizzati dall’artista prevalentemente a Roma, al termine dell’esperienza tedesca. Antonello Bulgini si è diplomato a Monaco di Baviera presso l’Accademia di Belle Arti con i professori Axel Kassebhömer e Sean Scully.
Comunicato stampa
Carico Massimo presenta DIE PULVER FABRIKATION, mostra dell'opera pittorica di Antonello Bulgini.
Il progetto si colloca all'interno dell'indirizzo intrapreso da Carico Massimo attraverso percorsi d'arte contemporanea che rimandino anche al territorio nel quale l'associazione ha sede, con artisti che direttamente o indirettamente sono collegabili a Livorno, seppure la loro ricerca si muova su binari internazionali, per poetica o percorso.
La mostra riunisce una serie di dipinti realizzati dall'artista prevalentemente a Roma, al termine dell'esperienza tedesca.
Antonello Bulgini si è diplomato a Monaco di Baviera presso l’Accademia di Belle Arti con i professori Axel Kassebhömer e Sean Scully.
Come afferma Fabrizio Pizzuto, responsabile dell'Archivio Bulgini, la sua è una pittura che mescola suggestioni espressive tedesche, spigolosità e lirismo mediterraneo, la cui ragione profonda pare nascere proprio dalla commistione di cultura italiana e tedesca. Nei suoi omaggi ritroviamo influenze di grandi maestri della luce che hanno trasformato la figura in emozione e in sensazione, taluni ai confini col disagio e con l'angoscia.
Da Velasquez a Bacon e molti altri, fino a rivisitare certe deformazioni nostalgiche e oniriche alla Goya, il Goya del sonno della ragione che genera mostri: “Antonello tuttavia è al contrario l’eccessiva veglia della ragione: la coscienza ipertrofica delle immagini che ci sovrastano. La conoscenza di queste immagini in una visione esplicita di deformazioni liriche possibili... bruciature di segno e di significato. Un perenne corso d'opera di pensiero e composizione. Immagini come armi (o parole) del discorso che si sviluppa”.
La mostra è a cura di Carico Massimo, realizzata con la partecipazione dell'Archivio Antonello Bulgini (http://www.antonellobulgini.com/).
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TESTO CRITICO
Usare come essere
Fabrizio Pizzuto
Antonello Bulgini riprende e usa tutto, compreso se stesso.
Ma non si tratta di vere e proprie cover e nemmeno di rivisitazioni.
In questa operazione non c'è nemmeno alcun sapore post-moderno di tipo transavanguardistico, non sta mescolando gli omaggi per stuzzicare, non li sta inglobando in una composizione.
Dada ci va più vicino anche se non è ancora nemmeno quello.
Sono veri e propri elementi costitutivi della composizione, si tratta di piegare la realtà trovata, farla propria; una realtà non retinica di cui perfino la storia dell'arte fa parte, tanto quanto il fumetto o quanto una vecchia idea dimenticata, un precedente quadro... tutti sono elementi dal valore compositivo quasi plastico, elementi di una grammatica. Armi pennello e colori del quadro.
Una sperimentazione non concettuale in senso stretto che sottopone costantemente i valori del quadro a empirica valutazione tutta interna.
Qualcosa che non interpreta più la finitezza come un valore, ma che ama il corso d'opera, l'incompleto visto come un luogo del tragitto su cui ci si può soffermare: idea narrativa-estetica dentro cui si può trovare un'altra idea di finito, il quadro si affaccia alla vita come possibilità.
Picasso ed Eluard parlavano di poema ininterrotto che avesse a completarsi solo con la morte dell'autore. Sorta di congelamento finale della vita che scorre.
Forzando ma non troppo un'interpretazione di Apollinaire parlerei (a fianco a questo) di una poesia non narrativa in cui si cerca un valore plastico agli elementi-collage della poesia stessa.
Si tratta di dare dignità all'irrappresentabile.
Non proprio uno scioglimento-Bacon, più un accumulo-cancellazione dal sapore lirico picassiano.
Nel suo intimo però c'è qualcosa di indietro, di più nobile e più profondo: una percezione della menzogna come realtà trovata.
Tutto intriso in una tavolozza di lirismo mediterraneo, troppo lirico per essere espressionismo tedesco troppo aggressivo per essere ordine italiano. Qualcosa di più indietro ma attenzione, nessun primitivismo, nessun urlo primigenio, qualcosa di "elegantemente" più indietro, l'autorizzazione politeista a usare e a credere in tutto.
Una partita che si svolge tra le culture, che le riprende e ci cammina dentro e cammina finché non si sente stanco... si poggia forse solo a riposare, comprendendo l'errore, amandolo come tale... infiniti errori possibili, infinite divagazioni, non si procede mai, un cubo di Rubik da cui estraiamo una composizione che non è quella consueta, ma che sentiamo appropriata... un dolore e un puntiglio depositatosi nella gioia di vivere.