Antonio Bernardo Fraddosio – I Cantieri della crisi
Antonio Bernardo Fraddosio, dopo la sua convincente partecipazione all’ultima Biennale di Venezia, torna a esporre le proprie opere a Roma a fine gennaio, presso lo Spazio Cerere a San Lorenzo, con una mostra intitolata “I Cantieri della crisi – Architetture destabilizzanti”: una risposta di straordinario tempismo all’attuale momento storico che ci troviamo ad affrontare.
Comunicato stampa
Antonio Bernardo Fraddosio, dopo la sua convincente partecipazione all’ultima Biennale di Venezia, torna a esporre le proprie opere a Roma a fine gennaio, presso lo Spazio Cerere a San Lorenzo, con una mostra intitolata “I Cantieri della crisi – Architetture destabilizzanti”: una risposta di straordinario tempismo all’attuale momento storico che ci troviamo ad affrontare.
Gli artisti, dotati di antenne sensibili e attente a cogliere anche i lati non ancora palesi della contemporaneità, sentono le emergenze del proprio tempo in anticipo, e Fraddosio, architetto, scultore, pittore e poeta, dimostra di possedere proprio questa qualità. Oggi la sua produzione si impone a una riflessione che acquista anche una valenza sociale, dando voce ad un’idea profonda di crisi relativa alla nostra epoca. Scrive il curatore, Gabriele Simongini: “Fraddosio si è indirizzato verso un personale “reportage” sulla crisi e sull’incompiutezza che ci circondano concretamente e non solo simbolicamente. Le fratture che percorrono come terremoti la superficie delle sue opere mettono a nudo le crepe nascoste di un modo di vivere asettico, indifferente, anestetizzato. Le antiarchitetture destabilizzanti di Fraddosio, fatte anche di umili materiali di recupero e prive di qualsiasi levigata compiutezza, fanno emergere il ritratto di un mondo che deve ormai fare i conti col proprio malessere più profondo …”.
In mostra a Roma una scelta di opere dal 2003 al 2011: “Torsioni”, “Scissura”, “Sconnessione”, “Decoesione”, “La materia del tempo”, “Compressioni esplosive”, “Tutte le lesioni” fino a “Le onde nere”, l’ultima produzione. Sin dai titoli, è messa in gioco un’arte che impone allo spettatore un confronto fisico, oltre che visivo. In un periodo storico dominato da immagini sempre più veloci e colorate, spesso fantasmi della superficialità, la materia dell’opera di Fraddosio, concreta perché scarto riutilizzato di un già vissuto, si veste di semplice bianco o nero, e utilizza forme e superfici che richiedono tempo e attenzione per essere comprese e interiorizzate, come la ripetizione al contrario dell’azione dello scultore: l’approccio all’opera si fa così esperienza comunicata dall’artista allo spettatore.
Simongini, nel suo saggio in catalogo, parla appropriatamente di “cartografie dello spirito”, e descrive con parole attente e precise il lavoro dell’artista: “In Fraddosio, la costruzione è anche distruzione, la struttura è destrutturata, la nascita del nuovo implica la fine esplosiva del vecchio, lo spazio è concavo e convesso, la vitalità convive con un profondo senso di disfacimento, la speranza con la disperazione, l’aspirazione ad un volo liberatorio porta con sé la paura della caduta”. E ancora: “L’opera si dà e si nega al tempo stesso, da muro diventa porta e soglia che separa il visibile dall’invisibile. Diventa un organismo plastico che fa incontrare spazio interiore e realtà esteriore, accomunati in una nuova identità. Lo spettatore è libero di rimanere tale guardandoli da una posizione rigorosamente esterna e quasi asettica ma questi lavori svelano tutta la loro carica esplosiva quando si ha il coraggio di mettersi in gioco, percorrendoli con lo sguardo e con le mani fino alle viscere e scoprendo infiniti punti di vista, imprevisti, che li rendono sempre diversi, metamorfici e sorprendenti”.
In questo coinvolgimento c’è il messaggio positivo ma mai consolatorio dell’artista, la sollecitazione allo spettatore al “fare” per risolvere la propria crisi: l’opera non è un monumento alla distruzione ma semmai una critica fattiva che porta verso il suo opposto, la ricostruzione.
Titolo “I Cantieri della crisi – Architetture destabilizzanti”
Autore Antonio B. Fraddosio
Curatore Gabriele Simongini
Relazioni esterne Silvia Rossi
Catalogo USHER Arte
Inaugurazione 26 gennaio 2012 ore 18
Durata 26 – 31 gennaio 2012, orario 18 - 21
Sede Spazio Cerere
Indirizzo via Degli Ausoni 3, Roma (San Lorenzo)
Ufficio stampa Luisa Marini, cell. 339-3841465, e-mail [email protected]
PROFILO SINTETICO DELL’ARTISTA
Antonio Bernardo Fraddosio vive e lavora tra Roma e Tuscania.
Le sue opere sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private.
Alla professione di architetto affianca da sempre una intensa attività di ricerca artistica come scultore e pittore.
Attività più significative degli ultimi dieci anni:
Nel 2011 viene invitato ad esporre alla Biennale di Venezia l’opera “Bandiera nera nella gabbia sospesa”.
Nel 2008 è invitato a partecipare alla mostra internazionale “Sconfinamenti” promossa dal Ministero dei Beni e le Attività Culturali Soprintendenza speciale per il Polo Museale Romano a cura del prof. Claudio Strinati nei locali espositivi di Castel Sant’Angelo.
Sempre nel 2008 espone due opere nell’ambito del 20° Congresso nazionale IASP International Association for People environment Studies con patrocinio dell’Unesco svoltosi presso le due Università più antiche di Roma: la Sapienza e la Lumsa.
Ancora nel 2008 prende parte alla mostra storico-documentale-artistica “Repubblica e Costituzione” in occasione della ricorrenza dei 60 anni della Costituzione Italiana organizzata dall’Archivio Centrale dello Stato a Roma.
Nel 2007 è invitato a partecipare, alla mostra “Baltico–Mediterraneo, Italia e Finlandia a confronto” curata da Sergio Rossi.
Sempre nel 2007 espone 22 opere nella mostra “La materia del tempo” curata da Sergio Rossi nei locali dell’Archivio Centrale dello Stato di Roma.
Nel 2004 presenta dodici grandi opere nella mostra “Tensioni e Torsioni”, curata da Gabriele Simongini, nel Teatro Valle.
Nel 2000 partecipa alla manifestazione “12 artisti per il Giubileo” a cura di Nicoletta Zanella, promossa dal Consiglio Regionale del Lazio.
Nel 1998 espone alcune opere nell’ambito della rassegna europea “Artisti per il 2000”, promossa dalla New European Art Research, nella galleria Navona 42 a Roma.
Si misura anche con il teatro, che ama, realizzando scene che, nella volontà di interpretare il testo, trasforma in sculture “abitabili”.
Scenografie:
“L’ora della mosca” di Eduardo Pavlosky, regia di Augusto Zucchi, Teatro Keiros, Roma, 2011.
“Agata” di Rocco Familiari, regia di Walter Manfrè, teatro di Messina, 2005.
“Amleto in prova” di Rocco Familiari, regia di Mario Missiroli, Festival dei Due Mondi, Spoleto 2004.
“Pavlosky” di Eduardo Pavlosky, regia di Emanuela Giordano, teatro Spazio Uno, Roma 2004.
“L’odore” di Rocco Familiari, regia di Augusto Zucchi, Festival dei Due Mondi, Spoleto 2003.