Antonio Buttitta – Melodia dell’Ultimo Gioco d’Infanzia

Informazioni Evento

Luogo
FONDAZIONE MARINO MARINI
Corso Silvano Fedi 30, Pistoia, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

10:00 – 17:00 dal Lunedì al Sabato. Domenica chiuso

Vernissage
15/01/2016

ore 17

Artisti
Antonio Buttitta
Generi
arte contemporanea, personale

Melodia dell’Ultimo Gioco d’Infanzia di Antonio Buttitta.

Comunicato stampa

Melodia dell’Ultimo Gioco d’Infanzia
di Antonio Buttitta

Esiste una melodia dell’infanzia ?
Esistono dei colori, degli odori, delle sensazioni proprie di quell’età ? Esiste in noi un ricordo fisico di una certa “aria” che era nella vecchia, prima casa ? Un ricordo che si possa richiamare sulla punta delle dita, sentendo ancora “com’era” la materia, l’atmosfera, una certa luce, nei vari momenti del giorno ? É in quell’ambiente che i suoni si appoggiano, si depositano. Le voci che si chiamano, i passi che si rincorrono nelle stanze, la musica della radio. Materna è la presenza di quelle grandi lenzuola ad asciugare al vento; è da quella porta che il papà accompagna i bambini a scuola. Lo fa con le sue mani. Descrivendo il mondo e il paesaggio. In quella automobile, di cui si conosce a memoria l’odore e perfino la trama della stoffa dei sedili. La dilatazione del tempo appartiene all’età del bambino. La giornata è un bacino immobile ma fluido, in cui l’esplorazione diviene presto senso di appartenenza agli spazi domestici, spazi nei quali ogni oggetto abita il proprio angolo, un angolo ben definito. É riconoscibile la porta, e la sua luce; è comprensibile l’essenza di simboli noti, è accolta la stanca finestra chiusa. Qui è dove le ombre si creano da sé, a un tratto, nel chiaroscuro del sipario di ogni singola sera. Qui l’infanzia accoglie il bambino nelle lenzuola – seconda pelle, in un attimo di timore tra lo specchio del grande armadio - lo specchio del “chi sono – chi sarò ?” - e l’idea, non appena si fa buio, di una strega la cui ombra si allunga tra le strade… Se tutto questo potesse condensarsi in un simbolo sarebbe proprio quel gioco-non gioco, il carillon. E la sua melodia sarebbe quella di un ultimo gioco d’infanzia. Melodia imposta, già nota, eternamente ripetuta, fino alla noia. Malinconica e sognante. La carica che, una volta data, compone i cerchi della magia. L’impalpabile si è fatto realtà. É metafora della vita. L’eterno ritorno di cavalli, anche solo per una volta solo per noi, “che galoppano mai stanchi”.
Ma da quella finestra la luce, un giorno, in un ben preciso momento nella vita impone che il mondo conosciuto sia risvoltato e nuovamente rivelato. Attraverso la fascinazione del poter condividere uno spazio da adulti, intimo ed elettrizzante, l’essere seduti l’uno accanto all’altro. É questo accostamento graduale che conduce al passaggio-trapasso nel mondo del senso prima relativo, adesso assoluto. Il cinema vuoto, dove si è vicini e si condivide restando in silenzio. Questo è il rito del mondo, il passaggio delle età, compiuto quando un nuovo incontro impone che siano abitati in modo altrettanto nuovo tutti gli angoli e i significati del vivere. Rinnovamento attraverso lo sguardo, sorpreso, quasi anticipato dall’esperienza. Verginità perduta, nuovo battesimo. Non è il mondo a essere cambiato. É invece l’età dell’infanzia che svanisce quando, fuori dalla vecchia casa, l’esplorazione intende abitare un nuovo rapporto. Quando gli antichi spazi conosciuti sono lasciati altrove, ed è lo spaesamento dell’emozione nella casa dell’ “altro”, speculare ma diverso. Tutti i giochi cedono la propria ritualità al nuovo rito del fare l’amore, e i nuovi significati si manifestano pieni della vicinanza di una nuova compagnia. Primo attimo dell’”insieme”. Prima sensazione del “perdersi” e “morire”. Un soffitto mai visto prima e la consapevolezza della fine di qualcosa. Melodia dell’ultimo gioco d’infanzia.