Antonio Corriga – Il sentimento del colore
Prima antologica dedicata all’artista a tre anni dalla sua scomparsa. Con la presenza di circa 70 opere, che vanno dagli anni Quaranta del secolo scorso fino al primo decennio del Duemila, la mostra intende ricostruire la complessa personalità umana e artista di uno dei più importanti e amati protagonisti del Novecento sardo.
Comunicato stampa
Venerdì 24 ottobre (ore 19.30), presso la Pinacoteca “Carlo Contini” di Oristano
si inaugura la mostra antologica Antonio Corriga. Il sentimento del colore, la prima antologica dedicata all’artista a tre anni dalla sua scomparsa. Con la presenza di circa 70 opere, che vanno dagli anni Quaranta del secolo scorso fino al primo decennio del Duemila, la mostra intende ricostruire la complessa personalità umana e artista di uno dei più importanti e amati protagonisti del Novecento sardo.
A tre anni dalla sua scomparsa, Oristano, con la mostra Antonio Corriga. Il sentimento del colore, vuole rendergli omaggio, rileggendone la complessa personalità artistica attraverso le opere appartenenti perlopiù alla famiglia e ad alcuni enti istituzionali e religiosi, in un percorso che, dalla Pinacoteca, si dipana nei numerosi spazi pubblici, privati e di culto che a Oristano le conservano. Coprendo l’intero arco della sua produzione la mostra propone una sequenza di opere pittoriche, plastiche o legate alle cosiddette arti minori che, più che al rigore filologico, mira ad evidenziare quella “corrispondenza d’amorosi sensi” tra Corriga e i luoghi, gli affetti e ideali politici, sociali e religiosi che sin dagli esordi ha contraddistinto la sua ricerca.
La mostra è curata da Ivo Serafino Fenu e prodotta dal Comune di Oristano – Assessorato alla Cultura, col contributo della Fondazione Banco di Sardegna, che ha finanziato il catalogo a cura dell’Associazione culturale “Morsi d’Arte” e accoglie, nel percorso espositivo, un breve omaggio video del regista Antonello Carboni nel quale l’artista si racconta.
Colore e realtà ma, insieme, realtà del colore e colore della realtà: questi sono i paradigmi entro i quali collocare il percorso artistico e umano di Antonio Corriga, iniziati ad Atzara nel 1923 e conclusisi il 16 dicembre del 2011 nella casa-studio di Oristano, sua città d’adozione. Ma se questi possono considerarsi come elementi formali, qualificanti e caratterizzanti di un’avventura lunga quasi settant’anni, non va dimenticato che il teatro nel quale tali esperienze maturarono fu la Sardegna, terra amata, raccontata, poeticizzata con una vis romantica mai venuta meno, dagli esordi atzaresi fino alle sue estreme produzioni oristanesi.
Di tali valori di fondo, identitari, sociali, folklorici, Antonio Corriga rimase sempre uno strenuo difensore col rischio, calcolato, di apparire anacronistico, orgogliosamente anacronistico. E allora, se per un attimo abbandonassimo i consueti cliché del mainstream contemporaneo e assumessimo i valori anzidetti come termini sui quali parametrare l’opera dell’artista, ci accorgeremmo di avere davanti ai nostri occhi una produzione coerente, spesso di altissima qualità, articolata e complessa sia in rapporto alle tecniche, sia ai temi, sia alla stratificazione culturale, sia, infine, alla talvolta spericolata sperimentazione formale di un vero e proprio maestro del colore.
C’è da chiedersi, del resto, se poteva andar diversamente per un artista nato e cresciuto ad Atzara, il piccolo centro del Mandrolisai che, all’inizio del secolo ospitò, caso unico nell’Isola, una quantità di giovani pittori costumbristi iberici – tra loro Eduardo Chicharro, Antonio Ortiz Echagüe e Cesareo Bernardo de Quiros – attratti dagli sfavillanti colori del costume tradizionale femminile e latori di un modo nuovo di dipingere rispetto agli standard isolani. La loro presenza attirò nel paese, tra gli altri, Antonio Ballero, Giuseppe Biasi, Filippo Figari e il tedesco Richard Scheurlen e sarà proprio l’insegnamento di Figari, presso l’Istituto d’Arte di Sassari, a fornire eccellenti basi tecniche al giovane Corriga mentre di Scheurlen assimilerà quella pennellata sciolta e quell’esuberanza cromatica che diverranno, in seguito – andando ben oltre la lezione dei pur prestigiosi maestri – i suoi tratti distintivi.
Il percorso espositivo presenta, tra l’altro, lo studio preparatorio del monumentale San Sebastiano realizzato nel 1956 per l’omonima chiesa oristanese. La grande tela, sconosciuta ai più è, attualmente, oggetto di un’attenta operazione di restauro a cura di Italo Brai, per volontà del parroco don Giuseppe Sanna e dell’Arcivescovo di Oristano Mons. Ignazio Sanna e verrà, a breve, ricollocata all’interno dell’edificio di culto. Si tratta di un’opera “eccentrica” rispetto alla poetica di Corriga e, tuttavia, emblematica per capire elementi importanti in seno alla sua formazione e, soprattutto, rispetto agli ideali umani e artistici anzidetti. Rimossa dall’altare per volontà dell’Arcivescovo di allora – in una vicenda dal sapore guareschiano che ben restituisce, in salsa oristanese, il clima da Guerra fredda di quegli anni –, ci ricorda da un lato la passione politica che ha sempre sostenuto l’uomo e, dall’altro, quella robusta formazione accademica acquisita nel decennio precedente.
L’opera conferma, dunque, il ruolo dell’artista come «mediatore naturale tra la cultura artistica del Novecento italiano e quella coeva sviluppatasi in Sardegna intorno a Biasi, Floris, Dessy etc.», «una grandiosità pittorica non molto frequente nell’isola» e quella «funzione di innovatore, esercitata, in modi propri, in sintonia con artisti quali Foiso Fois, Libero Meledina, Costantino Spada e non molti altri, nel senso di una storica svolta formale nella pittura isolana a partire dagli ultimi anni Quaranta e soprattutto nel decennio successivo» (S. Naitza 1991). Quegli stessi artisti coi quali la pittura del maestro di Atzara torna a dialogare e a confrontarsi nel percorso espositivo all’interno della Pinacoteca comunale di Oristano, un dialogo che gli restituisce il ruolo e l’importanza, nel panorama artistico del Novecento isolano, di cantore di una “sardità” resa con un “sentimento del colore” ora lirico ora drammatico e, al contempo, con una larghezza cromatica e un’intensità narrativa di rara forza espressiva.