Antonio Ievolella – Fons vitae

Informazioni Evento

Luogo
GIARDINI DELL'ARENA
Corso Giuseppe Garibaldi , Padova, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

ore 9-19

Vernissage
14/04/2022

ore 17.30

Artisti
Antonio Ievolella
Curatori
Valerio Dehò, Virginia Baradel, Andrea B. Del Guercio
Generi
arte contemporanea, personale

I Giardini dell’Arena di Padova ospitano l’installazione Fons vitae di Antonio Ievolella, artista sannita ma padovano d’adozione.

Comunicato stampa

I Giardini dell’Arena di Padova ospitano dal 15 aprile al 25 settembre 2022 l’installazione Fons vitae di Antonio Ievolella, artista sannita ma padovano d’adozione. Come sottolinea Andrea Colasio, Assessore alla Cultura del Comune di Padova, “questa installazione si inserisce in modo perfetto nello spazio scenico dell’Arena, un luogo straordinario e denso di storia, in dialogo con i maggiori monumenti della città: la Cappella degli Scrovegni e il complesso degli Eremitani. E' un’opera che, con il fluire dell’acqua attraverso le anfore, allude al continuo rigenerarsi della vita, in un simbolico intreccio di passato e presente.” L’esposizione, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova, si avvale della cura scientifica di Virginia Baradel, Valerio Dehò, Andrea B. Del Guercio e sarà inaugurata giovedì 14 aprile alle ore 17.30.
L’allestimento ha come motivo ispiratore l’acqua e così i 30 otri di terracotta su strutture di ferro in sospensione sono dei veri e propri vasi, grembi che costituiscono la forma plastica scelta dall’Artista quale motivo ricorrente delle installazioni. “Lo spazio dell’antica Arena romana accoglie oggi l’acqua racchiusa nelle anfore di Fons Vitae. È uno spazio che, curiosamente, racchiude in sé una particolare valenza simbolica legata all’elemento liquido, a quell’acqua che oggi permea di sé l’installazione di Antonio Ievolella: di qui passava, infatti, un antico acquedotto romano. L’acqua è dunque l’elemento che caratterizza la storia antica del luogo, ma l’acqua è anche l’elemento che oggi fluisce nelle anfore dell’odierna opera d’arte: un legame sottile unisce così il passato e il presente, una sorta di “rivolo d’acqua” dalla forte valenza simbolica.” Così Francesca Veronese, Conservatrice del Museo Archeologico di Padova e Direttrice dei Musei Civici.
Dopo la tappa della mostra Fons vitae alla Certosa di San Giacomo a Capri nel 2020 e al Castello Visconteo di Pavia nel 2021, il progetto si arricchisce a Padova di ulteriori stratificazioni culturali, materiali e immateriali: la riflessione espressiva di Ievolella si concentra sulla Stele, presumibilmente funeraria, di “Ostiala Gallenia” conservata nel Museo Archeologico di Padova a cui dedica un nuovo ‘reperto’ scultoreo nella forma di un inedito scudo.

L’installazione
L’installazione di Antonio Ievolella nel corso del tempo e dei luoghi in cui viene riallestita sta diventando un racconto straordinario in cui il pubblico di tutta Italia si rispecchia. Capri, Pavia e adesso anche Padova, la “sua” Padova, stanno facendo conoscere la capacità di Ievolella di dare fondo ai sentimenti più semplici e umani. “L’opera Fons vitae ha il pregio della chiarezza, come l’acqua che scorre dentro gli otri, come il movimento biologico e positivo che suggerisce. Da un certo punto di vista è un’installazione che riassume perfettamente il suo lavoro, che riesce a esprimere al meglio la sua poetica. L’acqua certamente esprime il senso del movimento, della linfa vitale che anima i corpi, ma anche la storia. L’uso degli otri in Ievolella richiama un mondo arcaico, ma sono anche simboli dell’accumulo della memoria come dato antropologico” (Valerio Dehò).
Il corteo di anfore sollevate da sottili, irregolari ponteggi di ferro giunge a destinazione e si installa al centro dei resti dell’Arena, in prossimità della Cappella degli Scrovegni. Un luogo d’elezione che inquadra un tratto capitale della mirabile storia della città: dall’epoca romana al medioevo di Giotto.
Il tema dell’acqua come fons vitae si spinge in questo alto presidio d’arte sino alla soglia dell’oltretomba. Per Padova, sulla scena dell’anfiteatro romano, Ievolella ha pensato a una donna la cui stele funeraria gode di una speciale celebrità: Ostiala Gallenia. Fieramente Ostiala si erge frontale sul cocchio romano esibendo la sua identità paleoveneta nell’abbigliamento: l’ampio scialle con il fermaglio al centro del petto e un piccolo disco, ornamento e simbolo solare, sopra il capo. Il passaggio indolore della città dai Veneti antichi a Roma si è compiuto: il tema funerario ricorrente e la scritta in lingua latina parlano del nuovo status di Patavium. “Ievolella rende omaggio a Ostiala Gallenia e alla celebrazione figurata del suo viaggio agli inferi. […] Il ferro, il rame, la terracotta sono materie diverse che, con diversa sensibilità plastica e cromatica, racchiudono e serbano l’acqua. La versione patavina di Fons Vitae, arricchita della figura di Ostiala, possiede dunque una caratura simbolica ricca di evocazioni in riferimento a un doppio continuum: quello tra la storia veneta e romana, tratto del più vasto fluire tra il passato e il presente, e quello che lega la nascita alla morte e scorre svelto e luminoso come il filo d’acqua che s’incanala e, alla fine del suo corso, entra nella terra a generare nuova vita.” (Virginia Baradel).
Come evidenzia Andrea Del Guercio, se gli ‘scudi’ di Pavia del 2021 introducevano la dimensione militare nelle dinamiche di relazione con il Castello dei Visconti, aprendo a tensioni con il valore ‘salvifico’ dell’acqua, l’approccio alla Stele venetico-romana si fa testimone e induce all’esperienza del ‘viaggio’, al passaggio di stato tra la vita e la morte. E così si osserva “quanto la 'rete' di collegamento, il dolce scorrere sonoro tra i tubicini di rame nell’accoglienza femminile, abbia esteso tutta la sostanza preziosa generosamente fornita dalla Fons vitae, per poi riconoscere a Ievolella il dono della generosità del fare arte, la specifica e indipendente responsabilità culturale e politica delle Arti Visive.”

L’Artista
Antonio Ievolella nasce a Benevento nel 1952. Dopo gli studi al liceo artistico della sua città frequenta l’Accademia di Belle Arti a Napoli. Nella città partenopea segue da vicino gli appuntamenti della galleria di Lucio Amelio dove ha modo di conoscere i protagonisti delle principali tendenze artistiche internazionali. Nel 1976 si reca a Milano per insegnare al liceo artistico. È un periodo ricco di esperienze e di grandi amicizie, prima fra tutte quella col conterraneo Mimmo Paladino. Due anni dopo si trasferisce al liceo artistico di Padova, città nella quale stabilisce residenza e studio. È del 1987 la prima personale alla galleria Studio La Città di Verona da cui prende avvio un importante e durevole sodalizio con Hélène de Franchis che porterà le sue opere ad una visibilità internazionale.
Nel 1988 partecipa alla mostra Undici artisti per Villa Domenica, curata da Virginia Baradel. In quello stesso anno Giovanni Carandente invita Ievolella alla XLIII Biennale di Venezia, dove lo scultore presenta Trittico nella sezione Scultori ai Giardini curata da Andrea del Guercio. Quest’ultimo organizza, nello stesso anno, una personale dell’artista beneventano alla galleria Oddi Baglioni a Roma. L’anno seguente partecipa a Materialmente: scultori degli anni Ottanta alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna. Gli anni Novanta sono un periodo d’intensa attività. Si aprono con la mostra Viaggi - Antonio Ievolella/Hidetoshi Nagaswa allo Studio La Città e si chiudono con l’imponente complesso del cimitero di Rio di Ponte San Nicolò.
Nel mezzo vi è l’antologica Il Grande Carro a Padova, articolata in sette sculture di grandi dimensioni installate lungo i principali snodi della città. Nell’occasione un elemento di Terre di magia viene donato al Giardino delle sculture contemporanee del Museo Eremitani. Lo stesso anno Edoardo Manzoni lo invita a partecipare all’esposizione Su Logu de s’Iscultura a Tortolì in Sardegna: l’opera Progetto di memoria manifesta un ulteriore sviluppo nei propositi monumentali del lavoro di Ievolella. Questo orientamento trova naturale prosecuzione nel Parco d’Arte Contemporanea della Fondazione Rossini, con cui lo scultore stabilisce un rapporto di partnership continuativo, realizzando nel 2005 la mostra Itinerari nel parco di Monza. Il suggestivo complesso I guardiani della dormiente, grandiosa anticamera al regno dei morti, è inaugurato nel 2004, ma il progetto nasce alla metà degli anni Novanta, grazie al dialogo instaurato con l’architetto Franco Biscossa, responsabile dell’opera architettonica per il rinnovamento del cimitero di Rio di Ponte San Nicolò.
Nell’estate del 2006 si svolge la personale Materia Forma Luogo, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli e curata da Tommaso Ferrillo a Castel dell’Ovo, scenografia ideale per le sculture di Ievolella. Del 2008 e 2009 sono le grandi fontane per una villa privata di Battaglia Terme e per la piazza di Voltabarozzo. La gestazione dell’imponente opera Ghirbe, presentata nell’estate 2014 nella chiesa dell’Incoronata a Napoli e riproposta a Padova nell’antologica dello stesso anno, ha richiesto un lungo periodo di ideazione e di lavoro ripagati dalla grandiosità plastica e simbolica dell’installazione. L’Università di Padova ha acquisito le Ghirbe e le ha collocate nella Cittadella dello Studente.
Alla Fornace Morandi a Padova dal novembre 2018 al febbraio 2019 ha luogo la mostra Occhi di luna a cura di Virginia Baradel e Valerio Dehò.

L’iniziativa è promossa dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Padova e realizzata con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo