Antonio Riello – Nè Capo Nè Coda
Con i suoi nuovi lavori “Nè Capo Nè Coda” Antonio Riello indaga sull’altro lato della realtà. Dove l’azione creativa di spostare in primo piano dallo sfondo il senso profondo della simmetria, significa, svelare ciò cui siamo talmente abituati da non vedere più.
Comunicato stampa
Il mondo, almeno ai nostri occhi, sembra costruito sul concetto di simmetria. Abbiamo bisogno di ordine e la simmetria soddisfa questa necessità. Le forme che il vedere umano di cattura di continuo nell’ambiente circostante vengono in automatico riordinate in una sorta di archivio mentale, dove il “davanti” e il “dietro” rappresentano un importante asse di riferimento per identificare queste stesse forme. Per ragioni fisiologiche e di economia di tempo la parte anteriore rappresenta l’elemento decisivo di questo tipo di classificazione, mentre il resto in genere è trascurato in quanto poco “rimarchevole".
Ma cosa succede nello smontare forme familiari e rimontarle in altro modo, sezionando ad esempio un oggetto a metà (lungo l’asse più lungo) ricomponendo le due metà in maniera “sbagliata”? Intanto l’assieme delle due metà anteriori sembra fisicamente allungarsi e stirarsi. Viceversa, le due metà posteriori danno l’impressione di essere sotto compressione, accorciandosi. Poi l’universo della parte posteriore. Volutamente ignorato dai nostri sensi, qui invece si manifesta in tutta la sua inesplorata ricchezza.
Con i suoi nuovi lavori “Nè Capo Nè Coda” Antonio Riello indaga sull’altro lato della realtà. Dove l’azione creativa di spostare in primo piano dallo sfondo il senso profondo della simmetria, significa, svelare ciò cui siamo talmente abituati da non vedere più. Far vedere il consueto per farcelo percepire come qualcosa di nuovo, e persino di misterioso. Allora il cortile diventa importante come l’ingresso principale, il sotto come il sopra, il bello come il brutto, il vicino come il lontano, la coda - appunto - come la testa.
Mostrare la realtà attraverso l’irrealtà delle forme: con “ NE’ CAPO NE’CODA” si va dalla sorpresa e dalla curiosità per una forma strana e tuttavia riconoscibile a considerazioni ben più profonde non solo sulla simmetria, ma sull’equilibrio e sulle polarità comportamentali.
Una specialissima simmetria, la sua, applicata al mondo animale per creare degli esseri fantastici come se usciti da uno di quei caleidoscopi che uniscono i corpi in strane forme “siamesi”, Un “ Vespino” smontato e ricostruito per davvero con due manubri o con due motori ma senza manubrio come dimostrazione “plastica” di un’immobilità carica di tensioni, anzi, di un’immobilità dovuta a tensioni uguali e contrarie. Nella serie delle sue “armi”, simmetriche che pure hanno ancora l’aspetto riconoscibile di armi, viene istintivo pensare di premere il grilletto e sparare, con il risultato che queste si autodistruggono oppure uccidono contemporaneamente il bersaglio e il tiratore, cosa che l’umanità (più o meno) buonista si augura per tutte le armi e per tutti i loro utenti.
Sin dai suoi esordi negli anni Ottanta, tutta l’attività di Antonio Riello è improntata al paradosso visivo, accentuato nei suoi lavori da un’ironia sufficientemente colta per dei rimandi evocativi “alti”, e sufficientemente popolare per essere immediatamente comprensibile da tutti. Queste opere fatte tutte di “gemelli imperfetti” sono l’inevitabile metafora dell’ambiguità caotica e dei paradossi del nostro tempo. Anche se tutto attorno a noi sembra procedere a grande ed inarrestabile velocità ci accorgiamo che le dinamiche sociali cambiano molto poco e il futuro finisce per assomigliare ad un passato non sempre rassicurante.