Any color you like as long as it’s white
Il titolo è un tributo alla celebre frase di Henry Ford riferito alla prima automobile prodotta in serie, la Ford modello T, che dichiarava di poter produrre in qualsiasi colore purché nero.
Comunicato stampa
Galleria Pack è lieta di annunciare la mostra collettiva ANY COLOR YOU LIKE, AS LONG AS IT’S WHITE. Il titolo è un tributo alla celebre frase di Henry Ford riferito alla prima automobile prodotta in serie, la Ford modello T, che dichiarava di poter produrre in qualsiasi colore purché nero.
Questo viaggio tra le varie sfumature di bianco che troverete esposte, è una ricerca che nasce dalla volontà
di seguire l’operato dell’ artista in un percorso che inizia sulla tela bianca, fino alla creazione di un lavoro
in cui il bianco, contenitore di tutti i colori dell’iride, ne è il tema dominante, punto di arrivo e allo stesso
tempo di ritorno.
Il nostro cammino comincia con il polittico in sei tavole UNTITLED (2008) di David Ter-Oganyan, in cui troviamo altrettanti stencil con i quali idealmente produrre in casa i propri capolavori di grandi maestri, con feroce ironia l’artista russo denuncia la sterilizzazione e commercializzazione esistenti nel mercato
dell’arte. Segue l’INSOMNIA FATALE (1998) di Robert Gligorov, l’artista è qui completamente dipinto di
bianco, è solo attraverso il sangue che perde dalla bocca che lo distinguiamo dal fondo anch’esso
bianco, chiara metafora della sofferenza del gesto creativo. Di Matteo Basilé è invece PIETRA SANTA
(2016), in una cava di marmo delle Alpi Apuane troviamo una donna aggirarsi tra macchinari
abbandonati e una balena bianca: il Leviatano incontra la Madre generando così l’Opera, tutt’intorno è
una nuvola che cancella il mondo. Massimo Uberti ci dà LINEE DI COSTRUZIONE (2012) in cui la
bianca luce del neon delimita uno spazio che è contemporaneamente creazione e confine. Con i
GLASSES (2012) di Igor Eskinja il nostro sguardo è costretto a un bianco che nasconde tutto. Del
compianto Abbas Kiarostami è SNOW WHITE (2002), un paesaggio innevato è delimitato da degli
alberi che sono solo suggeriti come una memoria. Infine la ceramica di Luisa Rabbia SENZA TITOLO
(2003) in cui emerge un ricordo della madre, puro come il bianco da cui affiora. A completamento
della mostra due PICS (2014) di Simone Bergantini, in un capovolgimento analogo a quello fatto da
Giulio Paolini, troviamo ritratti i retro di vecchie fotografie, in cui la carta fotografica è contenitore neutro
di tutte le nostre storie.
Matteo Basilé, Simone Bergantini, Igor Eskinja, Robert Gligorov, Abbas Kiarostami, Luisa Rabbia, David Ter-Oganyan, Massimo Uberti