Ardengo Soffici – Giornate di Paesaggio
Nel 2104 ricorrono cinquanta anni dalla morte di Ardengo Soffici (1879 – 1964), il Comune di Poggio a Caiano – dove Soffici visse – e il Museo Soffici e del Novecento Italiano celebrano questa ricorrenza con delle iniziative dedicate al grande artista, letterato e poeta.
Comunicato stampa
Nel 2104 ricorrono cinquanta anni dalla morte di Ardengo Soffici (1879 – 1964), pittore, letterato, poeta, una delle grandi personalità del Novecento italiano ed europeo. Il Museo Soffici e del ’900 italiano e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Poggio a Caiano, celebrano questa importante ricorrenza con un’esposizione: Ardengo Soffici. Giornate di Paesaggio.
Per la prima volta sarà possibile vedere riuniti in una mostra cinquanta paesaggi di Soffici, tra i più significativi del suo iter stilistico, dal 1903 agli anni Sessanta, provenienti da raccolte pubbliche e private: un tema che coinvolge l’intero universo dell’artista e sul quale si organizza l’essenza della sua poetica.
In parallelo e a riscontro di stile e di poetica esposti altri quindici paesaggi di artisti italiani: Giovanni Fattori, Felice Carena, Arturo Tosi, Lorenzo Viani, Achille Lega, Filippo de Pisis, Raffaele de Grada, Carlo Carrà, Virgilio Guidi, Giorgio Morandi, Ottone Rosai, Pio Semeghini, Umberto Lilloni, Giorgio de Chirico, Mario Sironi. In mostra anche le prime edizioni di tutti i libri di Soffici e una selezione di riviste italiane e francesi che diresse - Lacerba, Rete Mediterranea, Galleria, La Ghirba - o a cui collaborò da La Plume a La Voce. Oltre alla mostra nelle Scuderie della Villa Medicea di Poggio a Caiano, i visitatori potranno accedere, con lo stesso biglietto, nel Museo Ardengo Soffici e del ’900 italiano dove sono esposte altre quaranta opere di Soffici, tra cui otto paesaggi.
La mostra è curata da Luigi Cavallo, insigne studioso dell’artista, con contributi in catalogo (Piano B edizioni) di Luigi Corsetti, Marco Moretti e Oretta Nicolini.
L’esposizione è realizzata grazie ai contributi di Camera di Commercio di Prato e Banca di Credito Cooperativo Area Pratese.
Dai suoi punti di osservazione di Poggio a Caiano (la città toscana dove trascorse gran parte della sua vita e dove è sepolto) e, l’estate, da Forte dei Marmi, Soffici ebbe modo di praticare i panorami toscani con tale ampiezza e profondità di lettura creativa da essere stato, per la più parte dei critici, identificato proprio con il paesaggio, come Morandi lo è con la natura morta e Casorati con la figura.
Il paesaggio sarà per Soffici motivo di accesso all’intera sfera del linguaggio contemporaneo. Fin dalle prove giovanili e poi in taluni saggi parigini tra il 1900 e il 1907, Soffici si trova a riflettere figurativamente sui panorami che conosceva, attore di una riplasmazione in chiave moderna di ciò che era stato il paesaggio dipinto da quando, attorno al XVII secolo, diviene non più solo sfondo, ma protagonista in sé autonomo.
“Cuore della creatività sofficiana è il paesaggio mentale che si assomma a quello reale” - scrive Luigi Cavallo in catalogo - “ Il paesaggio lo troviamo non soltanto nei dipinti, ma prima ancora negli scritti di Soffici …”.
Scriverà Soffici nel 1932 sul quotidiano la Gazzetta del Popolo di Torino: «C’è la natura e c’è lo spirito dell’uomo artista: dal loro profondo connubio nasce l’opera d’arte. L’opera d’arte è una sintesi del reale e dello spirituale posti in contatto. Perciò io parlo di realismo sintetico. L’artista che nega la natura esteriore o oggettiva, affermando ch’essa non è altro che una creazione del suo spirito e della sua fantasia; ch’egli è insomma il centro di tutto, il ricettacolo animatore del tutto, non può produrre un’opera vitale, perché nella sua operazione manca uno dei termini necessari a produrre la sintesi, cioè la vera creatura artistica […]. Tutto il mondo è una meraviglia sempre nuova, un vero miracolo per il vero poeta, che lo contempla, che se ne esalta senza saziarsene, che cerca di esprimerne la bellezza, ma senza mai riuscire che ad afferrarne e renderne qualche aspetto, o tratto, o nota. Questo stupore davanti al vero come davanti a una rivelazione luminosa del divino, pari allo stupore del fanciullo, per cui tutto è nuovo e pieno d’inatteso, è anzi la virtù propria del poeta, la sua facoltà specifica.»
La mostra si apre con un dipinto di piccole dimensioni del 1903, Nervi, Soffici è al suo primo rientro in Italia da Parigi e trascorrerà una lunga vacanza in Liguria. In Paesaggio, eseguito probabilmente nel 1907, e nelle Fornaci del Poggio a Caiano del 1908, sono presenti diversi elementi conformi al lavoro di quel periodo: la materia densa di suggestioni impressioniste, l’andamento cezanniano della pittura, la pennellata a martellature, il vivace accumulo del colore che ridà i profumi teneri e acuti della natura. Sono quelli anni, dopo il suo rientro da Parigi, particolarmente fecondi e pieni di entusiasmo: l’artista ritrova il contatto con il paesaggio italiano rivivendo a pieno gli amori dell’infanzia, l’immersione nella campagna che per tutta la vita sarà argomento di espressione lirica. In mostra anche Savignone (1909) e Bulciano (1909) di cui Ugo Ojetti scriverà nella recensione alla mostra del 1920 a Firenze «Soffici pittore» sul Corriere della Sera, ( 16 giugno 1920):“Cézanne, per riunire in un nome tutta la reazione all’impressionismo di superficie, lo converte. Il Soffici scopre in quella pittura o meglio in quella reazione il desiderio ancora timido e maldestro della solidità schematica, della scarna semplicità, della nettezza di piani e di toni dei suoi vecchi toscani, da Giotto a Fattori. Questa scoperta lo rapisce. Tornato in Italia, egli dipinge tra il 1907 e il 1909 i suoi paesi più sinceri, più limpidi, più belli, paesi di Toscana: Bulciano, il Savignone, il Tevere a Bulciano, Fornaci di Sopra a Poggio a Cajano….”.
La route (Strada per Carmignano) del 1911 mostra una cesura tra i paesaggi del 1907-08 e quelli dei due anni successivi: il cambiamento non è tanto nei colori, poiché Soffici rimane fedele a una certa gamma tonale, ma nell’impaginato, nella composizione dei blocchi, nei rapporti spaziali che tendono a costruire su due dimensioni, appiattendo la prospettiva. Si vedono con maggiore chiarezza le riduzioni sintetiche a geometria piana dei volumi, proprie del linguaggio cubista. Paesaggio del 1912, è l’esempio perfetto delle ricerche di Soffici in un momento cruciale del suo iter stilistico: l’artista “mette in pratica le proprie convinzioni teoriche sul plasticismo cubista considerato in discendenza, comunque in rapporto di lettura, dalla pittura dei primitivi toscani”. In Casolari del 1912-13, l’inquadratura di grande sintesi e semplicità mostra come l’asciuttezza dei tratti, senz’altro appresa dai grandi toscani, si sposa felicemente con la ricostruzione analitica di Picasso e Braque. Paesaggio a Chiavris (1916), l’unico documento pittorico del periodo bellico di Soffici, tra il 1916 e il 1918, è un esempio precoce della riacquisizione degli elementi di natura che si impongono sugli elementi astratti della composizione.
In Casa colonica del 1920 , il “richiamo all’ordine” come lo intende Soffici è espresso con la casa colonica, il pagliaio, i campi coltivati; è l’abbraccio profondo con la realtà di natura e la realtà tout court nella quale si fondono le emozioni del creato e l’impronta dell’esistenza umana in un’alta suscitazione spirituale.
Seguono alcuni dipinti degli anni ’20 tra cui Tempo grigio al mare (1929), opera inedita, studiata per la prima volta. Dai documenti che accompagnano il dipinto risulta che questa marina fu acquistata a Milano, presso la Galleria Belvedere di Pier Maria Bardi, nel febbraio 1930, dove si teneva la mostra Carrà e Soffici. Quarantotto opere di Carrà e altrettante di Soffici. Soffici, allora cinquantenne, in piena maturità creativa definisce il quadro «uno dei migliori della mia mostra» e aggiunge una connotazione critica che vale per l’insieme del suo lavoro: «I miei dipinti hanno generalmente questa proprietà: che piacciono più col passare del tempo». Questo paesaggio è, come sempre per Soffici, pretesto per raccogliere quanto di realtà e mistero è custodito nelle apparenze semplici, nei termini in cui la realtà trascende ed eleva le vicende umane.
Seguono le opere degli anni ’40, tra cui Panorama di Poggio a Caiano (1948) appartenuta al grande architetto Pietro Porcinai, Campi, pioppi e cielo (1948) una delle opere con cui Soffici tornerà ad esporre in una mostra personale “Ardengo Soffici o della natura” alla Galleria Il Fiore di Firenze.
Tra le opere degli anni Cinquanta, Paesaggio toscano (1952), appartenuto a Rodolfo Siviero, legato a Soffici da antica amicizia, che si inserisce tra le numerose composizioni paesaggistiche, come le varie “case del Berna”, le vedute di Forte dei Marmi e di Poggio a Caiano, nelle quali Soffici, volta per volta, infonde le sue emozioni più profonde e impercettibili. Egli riscopre costantemente questo legame viscerale con la natura, commemorando i luoghi amati con uno sguardo sempre nuovo.
Organici alla mostra 15 paesaggi di pittori italiani con cui Soffici ebbe legami di frequentazione o assonanza poetica: da Giovani Fattori, con Pio Bove del 1904, a cui Soffici dedicherà una monografia nel 1921 per le edizioni Valori Plastici; Felice Carena con Paesaggio anticolano del 1919, che dal 1924 ebbe cattedra di pittura all’Accademia di Firenze e da allora frequentò Soffici. Il 30 novembre del 1933, Carena scriveva a Soffici: «la tua amicizia mi è carissima ed ormai fra le poche e forse la sola che mi dia conforto serenità e fiducia». Arturo Tosi (Primavera del 1930) fra i maggiori pittori di paesaggio del Novecento italiano; Lorenzo Viani, Bovi sulla spiaggia (Temporale) del 1924, con cui Soffici ebbe rapporti intensi dal 1912 al 1924; Achille Lega (Paesaggio, 1925) presentato da Soffici in una mostra personale alla Libreria Gonnelli a Firenze, nel novembre del 1922; Filippo De Pisis (Strada di Parigi 1926) che scrisse la prima lettera al “Sottotenente Ardengo Soffici” il 21 settembre 1916: “Ella vorrà perdonarmi se le dico che le voglio bene che ò letto molto dell’opera sua ultimamente Le simultaneità e Chimismi lirici in una copia da lei data ai miei amici De Chirico”. Raffaele de Grada (Il pozzo a Giramonte, 1927) che condivise con Soffici le radici nella profonda sintonia con Cézanne. In mostra il magnifico dipinto Case sul lago (Paesaggio lacustre) del 1927 di Carlo Carrà, con cui Soffici ebbe profonda intesa fin dagli anni del futurismo, i loro cospicui scambi artistici e culturali possono definirsi un asse portante nella storia del secolo XX. Di Giorgio Morandi un’importante Paesaggio del 1941, appartenuto a Soffici come altre opere ed incisioni dell’artista, con cui ebbe sempre rapporti amichevoli e di stima. Ottone Rosai con Paesaggio toscano del 1941: Soffici fu l’unico maestro che Rosai riconobbe di aver avuto. Pio Semeghini (Canale a Venezia del 1944) compagni “di studi, di scoperte, di miseria nera nel soggiorno parigino”. Di Giorgio e Andrea De Chirico Soffici fu il primo in Italia a scrivere in «Italiani all’estero» per Lacerba (Firenze, 1° luglio 1914) e con loro rimase in contatto per lungo tempo. Virgilio Guidi e Umberto Lilloni sono due maestri del paesaggio italiano che non potevano mancare in questa ideale antologia. Analoghe per molti versi le vicende di Sironi (in mostra con Composizione con albero del 1955) e di Soffici nel dopoguerra. Il rispetto per la natura, l’amore per le creature del cielo e della terra tenevano idealmente uniti i due artisti.