Ardengo Soffici – Scoperte e massacri
La donazione di un autoritratto di Ardengo Soffici, da parte degli eredi del grande artista ed intellettuale toscano, agli Uffizi (Ardengo Soffici, Autoritratto, 1949, Firenze, Galleria degli Uffizi), ha stimolato l’idea di una mostra su questa figura di pittore, scrittore, polemista e critico d’arte, puntando l’attenzione in particolare sugli anni che lo videro assumere un ruolo di assoluto protagonista nell’aggiornamento della cultura figurativa italiana.
Comunicato stampa
La donazione di un autoritratto di Ardengo Soffici, da parte degli eredi del grande artista ed intellettuale toscano, agli Uffizi (Ardengo Soffici, Autoritratto, 1949, Firenze, Galleria degli Uffizi), ha stimolato l'idea di una mostra su questa figura di pittore, scrittore, polemista e critico d'arte, puntando l'attenzione in particolare sugli anni che lo videro assumere un ruolo di assoluto protagonista nell'aggiornamento della cultura figurativa italiana. E' infatti da tempo riconosciuto che gli scritti di Soffici pubblicati tra il primo e il secondo decennio del Novecento e le iniziative culturali da lui sostenute e organizzate (come la Prima Mostra italiana dell'Impressionismo allestita a Firenze nel 1910) costituirono un momento decisivo per lo svecchiamento e il rinnovamento dell'arte in Italia.
"Non si è tracciata, dunque, una semplice ricostruzione monografica del maestro di Rignano sull’Arno, ma si è andati oltre ricostruendone il discorso polemico e l’impegno intellettuale attraverso opere su cui egli aveva appuntato la sua attenzione, tra le più significative – sia in senso positivo che negativo – di una requisitoria che non conosceva mezzi termini, ma anzi si esprimeva sempre in toni fortissimi e decisivi" (Eike D. Schmidt, Direttore delle Gallerie degli Uffizi).
Questa mostra su Soffici ha trovato una guida nel suo libro memorabile Scoperte e massacri. Scritti sull'arte, edito a Firenze da Attilio Vallecchi nel marzo del 1919, che raccoglie una scelta dei testi storico artistici pubblicati, per lo più su “La Voce”, a partire dal 1908. Alla data cruciale del 1919, appena conclusa la Grande Guerra, Scoperte e massacri si presenta come un vero e proprio spartiacque tra due epoche: quella delle avanguardie europee e quella del “ritorno all'ordine”.
La mostra degli Uffizi si aprirà con una rievocazione di un evento decisivo non solo per il giovane Soffici, ma per l'intera cultura fiorentina, la Festa dell'Arte e dei Fiori (18 dicembre 1896 - 31 marzo 1897). A 17 anni Soffici ha modo di visitare varie volte questo grande consuntivo di cinquant'anni d'arte italiana e europea: una mostra nata sotto l'ala protettiva del mito di Botticelli, come dichiarato esplicitamente dal manifesto di Attilio Formilli, con una Flora ispirata alla Primavera degli Uffizi visibile in apertura della mostra. Soffici adolescente risulta colpito, nel bene e nel male, da varie opere, “ma la vera rivelazione in quella mostra fu per me Segantini” testimoniato da L'angelo della vita (1894-95), prestigioso prestito dal Szépművészeti Múzeum di Budapest.
Nel 1900 Soffici, ventenne, è a Parigi in compagnia di Giovanni Costetti e Umberto Brunelleschi per visitare l'Esposizione Universale: la capitale francese viene sentita come l'unico luogo dove un giovane artista, liberandosi dalla soffocante provincia, può trovare un contatto con la modernità più bruciante e avventurosa. I primi anni parigini, vissuti nell'ambiente delle riviste mondane e umoristiche, si collocano ancora entro una sfera simbolista: i suoi modelli di stile rimangono Puvis de Chavannes (Puvis de Chavannes, Le fanciulle e la Morte, 1872, Williamstown, Mass., Sterling and Francine Clark Art Institute) e Maurice Denis (Maurice Denis, I pellegrini di Emmaus, 1894-95, Saint-Germain-en-Laye, Musée départemental Maurice Denis), come testimoniato dal Bagno (1905 - 1906, collezione privata), l'unico pannello decorativo sopravvissuto tra quelli realizzati tra il 1905 e il 1906 per il Grand Hotel delle Terme di Roncegno. A partire dal 1904 comincia tuttavia a maturare in Soffici un primo interesse per le novità degli impressionisti e dei postimpressionisti, con la scoperta al Salon d'Automne delle opere di Paul Cézanne e di Medardo Rosso.
Frutto precoce del lungo periodo trascorso da Soffici a Parigi è il celebre saggio su Cézanne pubblicato su “Vita d'Arte” nel giugno del 1908, il primo studio organico apparso in Italia sull'artista: Cézanne non è più, come nel 1904, un protagonista del gruppo impressionista, ma ora, all'interno di una rilettura primitivista che ne accentua l'assoluta modernità, è diventato il superatore dell'impressionismo e il precursore di Picasso come attesta il dipinto, Paesaggio (Campagnes de Bellevue) del 1885-87 (Washington DC, The Phillips Collection).
L'occasione di massacrare senza pietà tutta la “bella pittura” che trionfava nei salotti borghesi e nelle grandi esposizioni internazionali, offerta dalle recensioni delle Biennali veneziane del 1909 e del 1910, si collega alla possibilità di poter assistere alle celebri retrospettive di Courbet e Renoir, ricordate anche dal giovane Roberto Longhi come una vera e propria “liberazione” (Gustave Courbet, Il ponte dell'asino di (1864, New Haven, Yale University Art Gallery).
La fondamentale “Prima esposizione italiana dell'impressionismo francese e delle scolture di Medardo Rosso”, aperta a Firenze nei locali del Lyceum Club in via Ricasoli dal 20 aprile al 15 maggio 1910, fu organizzata da Soffici ricorrendo ai principali mercanti parigini e ad alcuni illuminati collezionisti fiorentini: tra le opere esposte (con dipinti di Cézanne, Degas, Renoir, Monet, Pissarro, Gauguin, Van Gogh) spiccava l'antologia di 17 sculture di Medardo Rosso, presentato compiutamente per la prima volta al pubblico italiano; dello scultore si espone in mostra per l'occasione l'Ecce puer, (1906, Venezia, Galleria internazionale d'Arte moderna di Ca' Pesaro).
La passione per la pittura di Henri Rousseau, fomentata dalla riscoperta che gli ambienti dell'avanguardia parigina avevano attuato di quel linguaggio apparentemente così incolto ed infantile e divulgata da un coraggioso saggio apparso su “La Voce” nel settembre del 1910, si collega, nel sistema critico di Soffici con la rivalutazione di quei prodotti di arte popolare (“teloni da saltimbanco, vecchi parafuoco, insegne di latterie, di alberghi, di barbieri, di semplicisti...”) che da tempo lo affascinavano: una “stramba galleria” che, nella memoria del critico, aveva preso il posto addirittura della Tribuna degli Uffizi (Ardengo Soffici, Natura morta (d’après Rousseau), 1939, collezione privata).
Frutto dei nuovi soggiorni parigini effettuati da Soffici tra il 1910 e il 1911, è l'importante saggio su Picasso di cui si espone Pipa, bicchiere, bottiglia di Vieux Marc (e “Lacerba”) (1914, Venezia, Peggy Guggenheim Collection) e George Braque (in mostra con Natura morta con chitarra, 1912, Milano, Museo del Novecento) pubblicato nell'agosto del 1911 su “La Voce”: il testo, previsto in origine con tre illustrazioni, uscì senza corredo fotografico, per l'opposizione di un inorridito Prezzolini (“se pubblichiamo quella roba lì, non ci facciamo credere più da nessuno”), e, pur costituendo una delle sue scoperte più originali, venne esclusa, nel nuovo clima di ritorno all'ordine, dall'antologia del 1919.
Lo spregiudicato corto circuito tra passato e presente che avviene spesso negli scritti d'arte di Soffici trova in El Greco un momento esemplare: l'artista, di cui era in atto in quegli anni una vera e propria riscoperta - come suggerito in mostra dalla grande tela del Musée d'Orsay di Parigi di Ignacio Zuloaga, Ritratto di Maurice Barrès con veduta di Toledo, 1913, Parigi, Musée d'Orsay - viene riproposto come esempio di pittore capace di fuggire dalla “piovra” accademica del Rinascimento italiano (in particolare da Michelangelo e da Raffaello) e di incarnare il ruolo di “precursore” della modernità.
Nel maggio del 1911 Soffici, di ritorno da Parigi, visita la mostra futurista di Milano, di cui nel mese successivo redige una feroce e sarcastica stroncatura: cominciano così i rapporti, controversi, con il gruppo di artisti che si erano raccolti attorno a Marinetti. Nel 1913, con la nascita di “Lacerba”, Soffici e Papini decidono di unirsi “all'unica forza di avanguardia che sia in Italia”: ma la temporanea adesione al Futurismo, da parte di Soffici, risulterà sempre condizionata dalle fondamentali premesse cézanniane e cubiste maturate a Parigi e mai del tutto rinnegate. Lo rivelano chiaramente le opere presentate nella mostra fiorentina di “Lacerba”, organizzata con Ferrante Gonnelli, a partire dal novembre di quell'anno: Ardengo Soffici, Sintesi di un paesaggio autunnale, 1912-13, collezione privata; Carlo Carrà, Ritmi di oggetti, 1911, Milano, Pinacoteca di Brera; Umberto Boccioni, Studio per “Vuoti e pieni di una testa”, 1912, Londra, Estorick Collection, e le scanzonate e dissacranti decorazioni murali ideate per la casa di Papini a Bulciano (Ardengo Soffici, Pannelli decorativi per la “stanza dei manichini” di Bulciano, 1914, Firenze, collezione privata).
Proprio la ricostruzione, mai fino ad oggi tentata, della cosiddetta “stanza dei manichini” di Bulciano costituisce uno dei punti focali più emozionanti e spettacolari di questa mostra.
La parentesi futurista di Soffici lo vide nel 1914 polemizzare con Boccioni, staccarsi dalla cerchia del “marinettismo” e fondare un autonomo gruppo fiorentino, non impedendogli di mantenere le antenne sensibili anche ad altre, antitetiche esperienze figurative: così si spiega, sempre nel 1914, il breve scritto dedicato ai fratelli Savinio e de Chirico, il musicista e il pittore, incrociati a Parigi, dove risulta acutamente evidenziata la prospettiva onirica e antimoderna che caratterizzava la produzione del prossimo capofila della Metafisica.
La prima guerra mondiale costituisce per l'interventista Soffici, partito volontario per il fronte, non solo una lunga parentesi nell'attività artistica, limitata quasi esclusivamente alla realizzazione, in collaborazione con Carrà (di cui esponiamo La carrozzella, 1916, Rovereto, MART) e de Chirico, delle illustrazioni per la “Ghirba” (un giornale di trincea), ma anche una drammatica cesura psicologica e culturale. Dopo la guerra Soffici si presenterà come “un altro uomo”, un intellettuale completamente trasformato: messe da parte le provocazioni delle avanguardie nei loro aspetti più sovversivi, si cerca ora un nuovo punto di partenza, per giungere ad una ricostruzione dei valori e del linguaggio figurativo. E' questo il momento che vedrà l'artista produrre alcuni dei suoi più maturi capolavori, tra cui la sequenza di nature morte realizzate nel 1919 (Ardengo Soffici, Mele e calice di vino, 1919, collezione privata), in contatto con quel nuovo clima culturale che trova nella rivista “Valori Plastici”, fondata da Mario Broglio, la sua più compiuta espressione.
La mostra a cura, come il catalogo edito da Giunti, di Vincenzo Farinella e Nadia Marchioni, è promossa dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con le Gallerie degli Uffizi, la Galleria delle Statue e delle Pitture degli Uffizi e Firenze Musei.