Arianna Fantin – Il filo pericoloso delle cose
Una mostra di grande suggestione in cui parole che si sciolgono nell’acqua e parole ricamate che vengono disfatte dall’artista evocano il tema dell’incomunicabilità nel cinema di Michelangelo Antonioni, in occasione del suo centenario.
Comunicato stampa
Arianna Fantin/Artisane (Bologna, 1986), giovane artista residente a Berlino, invitata dalla MLB a ideare un progetto su Michelangelo Antonioni in occasione del centenario della nascita, ha ideato una serie di opere sul senso di vuoto che condiziona i rapporti umani, a partire dal concetto di “incomunicabilità” che la critica ha ravvisato nell’opera del regista, e in particolare nel ciclo di film degli anni ’60 (L’avventura, La notte, L’Eclisse, Deserto rosso). La mostra fa parte del progetto “Dentro le mura” realizzato nell'ambito di Creatività Giovanile, promosso e sostenuto dal Dipartimento della Gioventù - Presidenza del Consiglio dei Ministri e dall'Anci - Associazione Nazionale Comuni Italiani.
L’artista si è concentrata in particolare su alcune frasi di Monica Vitti, estrapolate dai film che la vedono protagonista, nei quali il suo personaggio interpreta più d’ogni altro il dolore causato dall’incapacità di comunicare tra esseri umani.
Alcune opere sono realizzate con una delle tecniche più ricorrenti nel lavoro di Arianna Fantin: il testo ricamato. Un testo che si sdoppia, presentandosi come segno calligrafico da un lato della pagina (rigorosamente in stoffa), e riproponendosi sul retro della pagina stessa solamente come segno grafico, privato del suo significato.
E’ realizzato con questa tecnica un libro d’artista ricamato a mano bianco su bianco, dal titolo Il filo pericoloso delle cose, che riprende un testo di Michelangelo Antonioni dalla raccolta Quel Bowling sul Tevere, e che dà il titolo all’intera mostra.
Il testo in forma di ricamo, che richiede un lento lavoro manuale, è presente anche in tavole composte di solo filo, senza perciò il supporto della stoffa, sovrapposte una all’altra così da rendere difficoltosa la comprensione del contenuto testuale.
Un terzo lavoro è composto da due arazzi gemellati: nel primo compare una citazione, sempre ricamata con il filo, mentre nel secondo i fili che compongono le singole lettere di quella citazione sono sciolti e ricadono sulla stoffa senza una forma. Si tratta di un lavoro che richiama una performance ricorrente nelle mostre dell’artista, in cui un testo viene scucito davanti allo spettatore ed i fili che lo componevano sono lasciati cadere sulla tela in ricordo della loro forma precedente.
In mostra anche una coperta fatta a maglia, che cita l’introduzione di Michelangelo Antonioni alla presentazione di L’Avventura al Festival di Cannes nel 1960, in cui l’autore esprime il suo punto di vista sulle relazioni degli esseri umani; e una serie di stampe realizzate su stoffa a partire da fotografie originali scattate durante le riprese di Blow up, documenti che provengono dal Fondo Antonioni. Le stampe sono state realizzate personalmente dall’artista con la tecnica della Cianotipia, in collaborazione con Valentin Lorenz, esperto di questa e di altre tecniche per la fotografia analogica. Questo lavoro si propone come la continuazione di un’opera realizzata nel ’93 dal padre: Portrait di Emilio Fantin, un cofanetto che racchiude una serie di indizi estrapolati dal film Blow up, che possono essere interpretati dallo spettatore secondo una propria visione. Tra questi, oltre a una registrazione sonora e a un testo tratto dalla sceneggiatura, si trova una videocassetta che mostra gli scatti realizzati nel parco londinese dal fotografo protagonista del film, una delle scene chiave del capolavoro di Antonioni. Arianna Fantin riprende queste immagini e le ripropone come indizi aggiuntivi di Portrait, per l’elaborazione del misterioso caso al centro del film.
Per l’inaugurazione, invece, l’artista ha pensato ad un’azione che porti nuovamente davanti al pubblico un testo che si dissolve e poi scompare, lasciando solamente una traccia informe, questa volta immersa nell’acqua.