Armando Pizzinato – Dipingere la realtà
Una retrospettiva dedicata ad Armando Pizzinato, uno dei più importanti artisti veneziani del ‘900.
Comunicato stampa
La Bugno Art Gallery e la Demarco Arte sono lieti di annunciare “Dipingere la realtà”, una retrospettiva dedicata ad Armando Pizzinato, uno dei più importanti artisti veneziani del ‘900. Cinquanta opere che ripercorrono nei tre spazi delle gallerie la storia dell’artista dagli anni trenta agli anni ottanta: nella Galleria Bugno una selezione di opere dal Fronte Nuovo al Quarto Tempo di Mazzariol, nella Demarco Arte una selezione di nature morte degli anni trenta e quaranta e nello spazio della Bugno Demarco i paesaggi veneziani degli anni settanta e ottanta.
Armando Pizzinato nasce il 7 ottobre 1910 a Maniago (PN) dove suo padre, Giovanni Battista, che aveva sposato il 12 gennaio di quell’anno Andremonda Astolfo, è proprietario del noto Caffè dell’Unità Italiana, posto all’angolo di Piazza Maggiore, attuale Piazza Italia. Fin da bambino sviluppa una passione per il disegno. Una dolorosa sciagura lo sorprende, quando il 1 ottobre 1922, suo padre si suicida per dissesti finanziari, gettandosi in acqua alla Dogana, il porto fluviale di Pordenone.
Nell’ottobre del 1923 con la famiglia si trasferisce a Pordenone. Dopo saltuari lavori, migliorate le condizioni di vita, può iscriversi nel 1930 all’Accademia di Venezia, sotto l’insegnamento di Virgilio Guidi. Prime amicizie artistiche con Turcato e Afro. Nel 1936, vinta la Borsa Marangoni a Udine, è a Roma dove frequenta il gruppo della Cometa: Mafai, Cagli, Mirko, Capogrossi e poi Guttuso.
Lo scoppio del conflitto bellico lo riporta nel 1940 a Venezia che è diventata la sua città di adozione. Qui, per molti anni, è docente all’Accademia di Belle Arti e al Liceo Artistico di Venezia. Nel 1941 incontra Zaira Candiani che più tardi diventerà sua moglie e dalla quale, nell’agosto del 1943, avrà un’unica figlia, Patrizia. Nell’autunno del 1943 fino al 1945 interrompe l’attività di pittore e partecipa attivamente alla Resistenza; arrestato dai fascisti il 2 gennaio 1945, è imprigionato a Santa Maria Maggiore fino al 25 aprile, giorno della Liberazione. Riprende a dipingere e nel 1946 è fra i promotori del Fronte Nuovo delle Arti, il primo movimen- to artistico italiano dopo la caduta del Fascismo, ufficialmente riconosciuto nella Biennale del 1948. La polemica tra astrattisti e realisti segna la fine del Fronte nel marzo del 1950; Pizzinato aderisce, insieme a Guttuso, al movimento del Realismo italiano nelle cui sale esporrà alla XXV Biennale dello stesso anno. Nel 1953 si aggiudica il concorso, bandito dall’Am- ministrazione Provinciale di Parma, per la decorazione della Sala Consigliare. Questo ciclo di affreschi, che lo impegna fino al 1956, è l’esperienza fondamenta- le di questi anni. Su invito di Pizzinato, Carlo Scarpa si occupa dell’arredamen- to e della sistemazione delle pareti. Fe- dele alla rappresentazione della nuova realtà sociale, proletaria e contadina, rappresentata politicamente dal Partito Comunista, rimane legato al movimento realista fino al 1962, molti anni dopo la brutale sconfessione operata dalla commissione culturale del Partito nel 1956; da questa data Pizzinato visse in una forzata solitudine accettata con rassegnato stoicismo. Fu l’improvvisa morte della moglie Zaira nel dicembre del 1962 a provocare una profonda crisi artistica e l’esaurirsi dell’esperienza realistica. Il fecondo dialogo con Mazzariol lo porta già nel marzo del 1963 al periodo neonaturalistico, iniziato dalla felice serie “dal giardino di Zaira”, e con la quale giunge ad una piena libertà espressiva utilizzando forme sia dinamiche, sia astratte o figurative ma sempre fedele ad una visione costruttiva della realtà. A questa rinnovata felicità nell’arte non è estra- nea, nella vita, l’incontro nel febbraio del 1966 con Clari, che diventerà la sua seconda moglie, nuova modella per una ricca serie di ritratti e figure, e feconda musa ispiratrice di fortunati motivi, tra i quali la serie di dipinti “I Gabbiani”,
“Le Betulle”, “Le Venezia”. Oltre alla partecipazione alle edizioni della Biennale di Venezia del 1948, 1950, 1952, 1954 e 1966, ricordiamo, tra la mostre più significative, quella alla Bevilacqua La Masa del 1962, le grandi mostre a Mosca e a Leningrado nel 1967 e a Berlino e Dresda nel 1968, la retrospettiva a Pordenone del 1970, e quella al Museo Correr del 1981 che rappresentò la sua consacrazione definitiva. Pizzinato non si ferma qui, ma la ricerca di nuovi orizzonti, il raggiungimento di una piena libertà interiore, lo spingono verso traguardi maggiori. Inizia così quello che sarà l’ultimo ciclo della sua pittura, con critica intelligenza definito da Mazzariol il “Preludio per un quarto tempo”. Grandi dipinti portatori di una nuova astrazione costruita su rigorose
geometrie. Pubblica il libro “Poffabro luogo magico”, dedicato alla sua terra natale, dove mescola ricordi autobiografici alla denuncia costruttiva contro la speculazione edilizia, la distruzione del paesaggio e restauri architettonici dissennati. Un alto monito a difesa del rispetto dei luoghi e della loro memoria. Ormai anziano, ha il tempo di occupar- si della grande retrospettiva che si tiene alla Villa Manin di Passariano nel 1996. Per lui, l’ultima occasione di vedere riuniti insieme i suoi dipinti sparsi in Italia e nel mondo in importanti istituzioni pubbliche e numerose collezioni private. L’artista muore all’età di 93 anni il 17 aprile del 2004. Le sue ceneri riposano nel Cimitero di San Michele a Venezia.