Arrivi e Partenze
Arrivi e Partenze, che prosegue per tutta l’estate fino al 2 settembre, è la terza tappa di un progetto artistico dedicato agli artisti under 35 che, dopo aver presentato, nelle passate edizioni, le più significative esperienze artistiche in Italia e in Europa, si allarga ora allo spazio del Mediterraneo.
Comunicato stampa
ARRIVI E PARTENZE 2012: MEDITERRANEO
III edizione
pittura, disegno, installazione, fotografia, video, performance
15 giugno > 2 settembre 2012
(a cura di Elettra Stamboulis, con la collaborazione di Maria Rita Bentini, Sabina Ghinassi, Lorenza Pignatti, white.fish.tank)
Inaugurazione venerdì 15 giugno 2012 (ore 18.00)
Mole Vanvitelliana e altri luoghi-Ancona
Artisti:
Adelita Husni-Bey Italia/Libia - Alban Muja Kosovo
Almudena Lobera Spagna - /barbaragurrieri/group Italia
Bisan Abu Eisheh Palestina
Borjana Mrdja Bosnia – Clio Casadei Italia - Danilo Correale Italia
Dor Guez Israele - Ganzeer Egitto - Héla Lamine Tunisia-
Isabella Mara, Camilla Monga, Serena Porrati, Mariagiulia Serantoni, Domenico Stranieri, Ramona Zordini Italia- Jovana Komnenić Serbia
Marco Strappato Italia - Mary Zygouri Grecia - Mito Gegič Slovenia
Nilbar Gϋreş Turchia - Noemie Goudal Francia
Ortographe Italia – Julien Tiberi Francia
Randa Mirza Libano -Riccardo Clementi Italia – Valerio Nicolai Italia
Wafa Hourani Palestina
Yael Plat Israele - Younes Baba Ali Marocco
Zoulikha Bouabdellah Algeria
Venerdì 15 giugno 2012 (ore 18.00) si inaugura nella Mole Vanvitelliana (Banchina Giovanni Da Chio, 28) e in altri luoghi della città di Ancona, la terza edizione del progetto di arte contemporanea Arrivi e Partenze, promosso dal Fondo Mole con la collaborazione dell'Assessorato alla cultura del Comune di Ancona e il sostegno del Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della gioventù e della Regione Marche.
Sede naturale del progetto è la città di Ancona, che per la sua posizione baricentrica tra Europa e Mediterraneo, è il luogo ideale per la confluenza di personalità creative, che nascono da Paesi diversi. Le mostre e gli eventi del progetto sono ospitati nella Mole Vanvitelliana, cittadella fortificata ed ex Lazzaretto a pochi passi dal porto, luogo che negli ultimi anni è diventato il centro di produzione artistica della città. Arrivi e partenze si configura come premessa e punto di partenza per la Biennale de la Méditerranée, che si terrà ad Ancona nel 2013.
Arrivi e Partenze, che prosegue per tutta l’estate fino al 2 settembre, è la terza tappa di un progetto artistico dedicato agli artisti under 35 che, dopo aver presentato, nelle passate edizioni, le più significative esperienze artistiche in Italia e in Europa, si allarga ora allo spazio del Mediterraneo.
I giovani artisti provenienti dai diversi Paesi, sono stati selezionati sulla base della loro produzione (pittura, disegno, installazione, fotografia, video e performance) su un fil di lana che ha avuto come bussola e cardine la lettura sociale e l'intervento artistico di stampo estetico – politico. Si compone così un mosaico fatto di dissonanze, rotture, assenze e qualche incontro, che ha come caratteristica distintiva unificante un linguaggio, che parla il codice della contemporaneità. Le traiettorie individuali degli artisti e delle artiste invitati, sono accomunati quindi da una stessa langue: il che non significa che essi siano tessere che compongono un unico mosaico. La scelta della curatrice Elettra Stamboulis si è concentrata su artisti che pongono l'accento sulla geografia intesa non come dispositivo, ma come strumento di conoscenza e rappresentazione: il confine fisico, il paesaggio percepito e rappresentato, il disegno di luoghi dell'anima, i destini incrociati e spesso conflittuali che non possono essere taciuti in una ideologia falsamente armonica, di un Mediterraneo non pacificato. Nelle opere esposte abita la nostalgia e l'assenza, il rifiuto del pensiero unico, la volontà dello svelamento, ma anche spesso l'ironia, che appunto disvela e scommette sul futuro.
Grande l’impatto emotivo, oltre che estetico, dei lavori esposti dagli oltre 25 artisti protagonisti di questa edizione, provenienti da 17 Paesi di 3 diversi continenti. Molte delle opere hanno una profonda valenza politica e civile, e diverse di queste hanno un rapporto interattivo con il pubblico.
Alla mostra centrale della Mole, saranno affiancati una serie di eventi che prevedono l'apertura straordinaria di Porta Pia con Porta Pia | open academy and residence (un progetto ideato da Ljudmilla Socci e promosso dall'associazione white.fish.tank con la collaborazione di Andrea Bruciati) con residenze e atelier d'artista: da una parte viene proposto il percorso espositivo, nato dalla collaborazione con le Accademie di Belle Arti della Regione Marche, che vuole generare spunti di confronto tra gli studenti e gli artisti invitati a partecipare alla rassegna. Dall'altra viene predisposta una sezione di approfondimento che vede la partecipazione degli artisti Marco Strappato, Valerio Nicolai e Julien Tiberi in un rapporto stretto con le curatrici Eva Comuzzi, Alice Ginaldi e Silvia Colaiacomo, per la realizzazione di una mostra site specific che favorisca una progettualita “aperta” - dal locale al globale – verso molteplici letture e prospettive.
Quattro le sezioni in cui sono state divise le opere degli artisti in mostra, che lavorano su tematiche e nodi di significato differenti, ma sempre intrecciati fra loro.
RAPPRESENTAZIONI DEL POTERE
Diventato noto per la realizzazione dei graffiti sui muri de Il Cairo durante i giorni della rivoluzione, il gruppo Ganzeer (Egitto) realizza nel capoluogo marchigiano un grande murales, che andrà ad ampliare la “collezione” all'aperto della città che già comprende lavori di Blu, Paper Resistance, Ericailcane, e molti altri. Ancora un’artista ispirata dai fatti della primavera araba, Héla Lamine (Tunisia) usa il cibo, tecnica artistica e metaforica, per presentare Nous ne Mangerons plus de ce Pains là (2011), una graffiante serie di sette immagini, dedicata al presidente Zine El Abidine Ben Ali, icona nazionale di un regime parassitario e duraturo, che il virus della rivoluzione ha eclissato rapidamente. Il materiale di partenza dell’opera è il pane (il 14 gennaio il popolo gridava contro il dittatore uno slogan sul pane) imbevuto d'acqua, con cui è stata creata una sagoma neo-pop del tutto fisica. L'immagine di ZABA “decaduto” si è così decomposta giorno dopo giorno, producendo muffe e deformazioni. Il declino sotto gli occhi dello spettatore è frutto dell'implacabile esattezza digitale dello scanner, la fotografia sembra così complice del riaffiorare dalle rovine, del volto del potere.
L'eticità del gioco come modalità liberatoria e strumento cognitivo indispensabile è il tema del lavoro di Adelita Husni-Bey (Italia-Libia), ispirato alle teorie del pedagogista anarchico spagnolo Francisco Ferrer i Guàrdia, che nella sua Escuela Moderna aveva posto come base l'antiautoritarismo e la libera espressione dell'individuo. I due lavori in esposizione ad Ancona- I want the sun I want e Postcards from desert Island - fanno parte del progetto A Holiday from rules. Il primo è un video, girato all’interno di una scuola francese senza muri interni; mentre il secondo è un’installazione, creata sull’esperienza di un workshop dell’artista, che ha richiesto agli alunni dell’École Vitruve di Parigi, educati secondo i principi di non competitività e collaborazione, di creare un loro mondo: il risultato è stato spiazzante, grazie all’autonomia creativa dei ragazzi.
Randa Mirza (Libano), fotografa e video maker, formatasi tra Beirut e Parigi, rivolge la sua attenzione ai contesti urbani e sociali, ai conflitti e alle situazioni di cambiamento, alle questioni di genere, per comprendere la complessità della realtà, legata ai luoghi, alla storia, alla politica. L’opera Beirutopia è una serie di grandi fotografie (80 x 100) esposte nella capitale libanese alla fine del 2011, un progetto di resistenza attraverso la fotografia. Con il suo obbiettivo, nelle strade di Beirut, Mirza ha indagato il processo di ricostruzione della città dopo il conflitto, confrontandolo con l'immaginario collettivo trasformatosi attraverso la fiction, che accompagna questo stesso processo. La Beirut del futuro simulata e raccontata nei tabelloni pubblicitari delle Compagnie immobiliari, è una città illusoria, così come lo stile di vita standardizzato che l'affianca, induce a sognare qualcosa in realtà nelle mani di altri, come il lusso, il benessere, il confort. L'iperrealismo di queste immagini è la pelle artificiale della città che l'artista solleva a tratti, rivelandone l'illusione, con l'arma sottile della fotografia.
Mary Zygouri (Grecia) presenta ZOOPOETICS-ZOOPOLITICS, tre video-performance dal forte impatto visivo: Symbiosis (2007), Decadenza (2008) e Long Live the King (2010), al centro allegorie politiche con precisi riferimenti letterari o storici: Borges, Thomas Mann, il Re Sole. L'azione si svolge in spazi estremi: le reazioni del pubblico, così come degli animali coinvolti (10.000 galline o un elefante), sono imprevedibili. Attraverso interventi pubblici, aperti alla reazione dello spazio pubblico urbano, Zygouri affronta problematiche legate alla crisi dell’identità individuale e sociale nel mondo contemporaneo.
Wafa Hourani (Palestina) ha come cifra stilistica l'ironia, che però non preclude visioni apocalittiche. L'opera Darwin was a Palestinian, esposta per la prima volta ad Ancona, prevede una nuova forma di mutazione genetica, dovuta alla teoria evoluzionistica: perché, per superare i muri, “giorno per giorno il collo dei palestinesi crebbe e divenne più lungo. Allungarono la mano, tentarono di dare un'occhiata ai loro cari, di sentire l'odore del terreno sul lato opposto, di ascoltare il mare e sentire la sabbia. Quanto più hanno perduto, quanto più si sono evoluti. Ridete pure, ma cominciamo a sembrare strani ai vostri occhi. E naturalmente saremo arroganti, perché questi colli lunghi vi faranno sentire molto piccoli”.
La ricerca artistica di Nilbar Güreş (Turchia) ha una profonda valenza politica, orientandosi soprattutto sull’identità di genere e sulla questione femminile, attraverso linguaggi che vanno dalla fotografia, al disegno, dal video al collage, fino alla performance vera e propria. L’artista turca mutua dalla realtà situazioni ed esperienze, che mettono in evidenza le limitazioni di genere ed in maniera anche ironica, cercano di dare risposte e strategie per superare la vulnerabilità e le discriminazioni quotidiane.
PASSATO/ PASSARE
Dor Guez (Israele) artista arabo - israeliano, attraverso fotografia, video ed installazioni, indaga questioni riguardanti la multiculturalità e le identità, come risultato del molteplice. Partendo dalla sua famiglia arabo- cristiana, ha uno sguardo in cui etica ed estetica coincidono, con esiti dichiaratamente politici. Due le opere in mostra: il video Subaru Mercedes, e l’installazione Scanograms #2, September 2011, Government of Palestine, Passport, El Monayer Family, before 1948 del 2011. Il video Subaru Mercedes è un’intervista ad un membro della famiglia dell’artista, Sami Monayer, che si definisce appartenente a “a minority within minority” (una minoranza nella minoranza), arabo/cristiano/israeliano/palestinese. In Scanograms #2, Guez propone la visione di nove oggetti di legno, che presentano ognuno una pagina di passaporti palestinesi del periodo del mandato britannico, risalenti a prima della fondazione di Israele. Negli oggetti sono riportate scritte in arabo, recuperate dall’artista dopo ricerche d’archivio: sono scritte in egiziano, siriaco, libanese ed evocano un Medio Oriente molto più libero e fluido come confini, convivenze e radici etniche di quello che conosciamo oggi.
La fotografia è il mezzo artistico dell’artista bosniaca Borjana Mrdja, il cui lavoro è realizzato attraverso lo stretto contatto con il pubblico e la relazione con il proprio corpo. Il corpo è il confine e il confine diviene corpo, come in The Border, in cui la ferita presente sulla mano dell'artista viene messa a confronto con i confini della Bosnia nel 2010. Confini labili anch'essi, quanto quelli di una ferita che pian piano cambia forma, si assottiglia e segue il passaggio del tempo.
Al passato che non passa si ispira anche Playing House. The Shoe, opera esposta per la prima volta del palestinese Bisan Abu-Eisheh. Per tre anni, a partire dal 2008, l'artista ha raccolto oggetti e frammenti nelle case demolite a Gerusalemme appartenenti a Palestinesi, li ha racchiusi in teche da museo, in didascalia ha evidenziato la data di demolizione della casa e il numero di persone, che vivevano in quel luogo; ad essi ha affiancato un video dell'esplosione di un grande edificio a Beit Hanina, nei sobborghi est di Gerusalemme, e alcuni documenti delle demolizioni in cui si danno le ragioni burocratiche e si addebitano i costi delle demolizioni ai proprietari. Con un finale toccante che racconta l'irreparabile.
Zoulika Bouabdellah (Algeria), figlia del regista algerino Hassen Bouabdellah e della storica dell’arte Malika Dorbani, è cresciuta in Algeria, ma ha studiato in Francia. Il suo lavoro è mosso da una riflessione sugli stereotipi culturali e sociali del mondo arabo e di quello occidentale: il ruolo femminile e quello maschile. In mostra tre lavori, che raccontano la sua poetica di artista di confine: alcuni disegni della serie Hobb (amore in arabo), una scultura in alluminio, e smalti su carta della serie Genie Lady, ispirata ad “Arita Hanem”, un cult movie sentimentale arabo del 1948.
Danilo Correale (Italia) presenta una "traccia residuale" di un progetto fortemente orientato alla nostalgia del futuro, come Istanbul Symphony: in Story Crafter appaiono gli arcaici operai della fabbrica di cimbali, utilizzati per la performance della sinfonia istanbuliota, che mostrano, descrivono e raccontano l'unicità delle loro produzioni artigianali. Operai e strumenti unici sono i testimoni di un mondo che sembra scomparire.
Valerio Nicolai (Italia) principalmente pittore, lavora anche con la scultura, l'installazione site-specific, il disegno e la fotografia. L'opera di Valerio Nicolai è espressione della forza primigenia della pittura: urgenza espressiva e stimolo intellettuale. La pittura è per lui strumento privilegiato di indagine, mezzo di riflessione, diario segreto di racconti.
Julien Tiberi (Francia), disegnatore solido e raffinato, con disinvoltura estrema Tiberi saccheggia la storia del disegno. Storia, letteratura e scienza si impastano e ridefiniscono nell'appropriazione di stili differenti, all’interno di uno scenario narrativo verosimile attraverso cui siamo invitati a riflettere sulle nozioni di origine e originale. Maneggiando tecniche di epoche diverse, Tiberi inscena una documentazione apparentemente anacronistica, attraverso la quale decifra una realtà tuttavia molto contemporanea, e quasi impone nuove regole per una “fantascienza” del presente.
NOMINARE / SOGNARE
L’artista Alban Muja (Kosovo) si interroga sul senso della nominazione, dell'identità molteplice e transitoria, con una verve particolarmente ironica. La tradizione di nominare i bambini con i nomi dei familiari defunti si è interrotta, aprendo nuove strade. Su questa tematica, tra i suoi lavori in mostra, l’opera fotografica Tonys (2010), dove sono ritratti bambini kosovari chiamati “Tony” in onore del premier inglese Tony Blair, che sostenne con vigore l'indipendenza del Kosovo.
Jovana Komnenić (Serbia) lavora sugli slittamenti di codice ed è una disegnatrice di grande raffinatezza. Il lavoro esposto, Book of dreams, è il risultato di un progetto nato a New York nel 2008, in cui l’artista ha raccolto, disegnato e trascritto decine di sogni di abitanti di New York e, nell’ambito della personale alla Galleria Elektrika di Pancevo, ha coinvolto i visitatori della mostra in alcune sedute di sogni diurni semiguidati. Una sorta di work in progress che ha avuto lo scopo di addensare la molteplicità e le tangenze, gli incroci dell’immaginario contemporaneo sotto l’incipit I had a dream.
Noemie Goudal (Francia) artista dalla particolare vocazione romantica, attraverso il medium fotografico, costruisce landscapes fittizi in equilibrio tra natura e luoghi antropizzati: spazi altri nei quali ciò che è solo, sia esso archeologia rurale, industriale o appartenente al paesaggio, trova una sua armonia poetica, dolcemente estetizzante, attraverso lo slittamento di codici, diventando scena di fabulae contemporanee, nelle quali abbandonarsi ad una sorta di suggestioni.
Mito Gegič (Slovenia) ha scelto come media espressivo la pittura, rivestendola di un abito digitale e scegliendo soggetti - come quelli relativi al mondo della caccia e dei cacciatori- che si connettono con la memoria (topografica, culturale, sociale), raffreddandone la visualizzazione, grazie alla frammentazione dell’immagine riportata su nastri da tape recorder.
OGGETTI SCOMPARSI / LUOGHI MENTALI
Yael Plat (Israele) ha studiato in Israele e in Italia e lavora sull’arte di relazione, sul concetto d’identità e di limite, geografico, culturale, sociale. Le interessano gli spazi delle persone e spesso nei suoi progetti entra l’intervento diretto del pubblico. L’opera in mostra è No Entry, una porta, un passaggio che separa, nomina e definisce l'identità di chi resta fuori e di chi può entrare: “No woman, no dogs, no hebrew, no arab, no gypsy, no black, no poor, no chinese, no people like you”.
Diversi inoltre i lavori in mostra che utilizzano il mezzo sonoro, come nell’opera di Clio Casadei (Italia), che presenta Tu nello spazio sei il parametro, il limite massimo, la fine della mia corsa, un audiolibro di 112 pagine e 11 minuti di traccia audio, testimonianza narrativa di un percorso artistico, che nasce da un progetto legato alla città di Istanbul, a cui molti degli artisti invitati sono in qualche modo legati, e che conferma quanto la capitale culturale dell'odierna Turchia, costituisca uno snodo ineludibile nella pratica artistica del Mediterraneo.
Dispositivi sonori che cancellano il segno fisico come nel Carillon Erinnerung, un progetto di ascolto musicale, che funziona come un gioco matematico per indagare le relazioni tra numeri e musica, del collettivo Orthographe (Italia Angela Longo e Alessandro Panzavolta), gruppo costantemente nomade tra teatro sperimentale, arte visiva e azione quasi dadaista. Gli Orthographe espongono in mostra anche un gioco da tavolo, dal titolo Cobain Affaire Sessions, che funziona come una performance collettiva, dove il pubblico viene coinvolto come giocatore nelle diverse sessioni, che si svolgono in una giornata; l’obbiettivo: risolvere un enigma, grazie all’aiuto di indizi audio-video.
I sei artisti Isabella Mara, Camilla Monga, Serena Porrati, Mariagiulia Serantoni, Domenico Stranieri, Ramona Zordini (Italia) presentano, nella cornice dell’ Atelier dell'Arco Amoroso in piazza del Plebiscito, la videoinstallazione interattiva TouchStories, una serie di racconti individuali che hanno in comune la storia e la geografia contemporanea del Mediterraneo. Una delle più antiche tradizioni narrative – la narrazione nella sua primitiva oralità – viene presentata come un linguaggio contemporaneo, grazie alla tecnologia multimediale utilizzata. L'installazione è caratterizzata da scenari narrativi diversi, che consentono l'integrazione delle distinte sensibilità dei sei artisti con le loro competenze e la creazione di una dimensione interattiva. Il pubblico ha infatti un ruolo attivo nel processo di creazione delle storie. Il progetto è inoltre aperto ad ulteriori collaborazioni con altri artisti, che potranno aggiungere nuove storie e codici di espressione.
Almudena Lobera (Spagna) utilizza moltissimo il disegno, oltre all'installazione e la performance. Il suo campo di indagine prediletto è il rapporto tra rappresentazione e realtà, specchio e oggetto ipoteticamente reale, follia e suo immaginario. Fortemente influenzata dal surrealismo, Lobera opera una propria ricreazione di un almanacco visivo in Manual de la imagen mental, che dialoga con lo spettatore, invitandolo ironicamente a creare la propria immagine mentale, utilizzando una serie di gesti disegnati. Younes Baba Ali (Marocco) ha un percorso estremamente vario, da sound, video and Interactive Art, a fotografia ed installazione. Lavora sulla molteplicità dei codici contemporanei e sulla loro complessità, trovando punti di debolezza e crisi. Il lavoro in mostra, Untitled Landscape, è una sorta di teatro interattivo nel quale è messo in scena, con l’intervento del pubblico, l’inquinamento del paesaggio contemporaneo del Marocco: diversi sacchi della spazzatura, intrappolati in rami d’arancio sono mossi dal vento provocato da tre ventilatori, azionati da un sensore che avverte la presenza del pubblico.
/barbaragurrieri/group (Italia), gruppo artistico siciliano formato nel 2002 da Barbara Gurrieri ed Emanuele Tuminelli. I loro progetti nascono dalla necessità di indagare le dinamiche sociali e le relazioni interpersonali contemporanee, attraverso media artistici. Partendo da un contesto locale come quello della Sicilia, exemplum di secolari coesistenze culturali, etniche, linguistiche, elaborano progetti che riflettono un pensiero che da estetico diventa etico e politico, ironico e profondo. I lavori in mostra dal titolo Figure, appartengono ad un progetto nel quale gli artisti indagano, partendo dalle tecniche di pronto soccorso, sulla necessità di affidarsi gli uni agli altri in una relazione, lontana dal soggettivismo contemporaneo.
Marco Strappato (Italia) mira ad attivare un processo di riposizionamento continuo del senso e dello sguardo nei confronti dell’immagine. FakeLake è un progetto in progress che sviluppa una riflessione sul concetto di immaginario in epoca contemporanea, prendendo avvio da uno scatto fotografico, in cui un bacino lacustre appare denso ed impenetrabile. Il paesaggio, immune da posizionamenti storici o geografici, si colloca in un territorio di frontiera tra il reale e il virtuale, tra il naturale e l’artificiale. Per la mostra, l'artista presenta gli sviluppi del progetto, che si arricchisce di tre nuovi cicli di collage. Con Route to Elsewhere, la giustapposizione dei ritagli fotografici imposta un orizzonte possibile, né reale né verosimile, ma è nei passaggi tra le immagini che si rende palpabile lo spaesamento e il viaggio verso l’altrove.
Catalogo Giuda edizioni