Art makes you travel again
Rosso20sette arte contemporanea presenta la mostra Art makes you travel again, a cura di Edoardo Marcenaro: in mostra oltre 30 opere realizzate su mappe, cartine geografiche, carte d’imbarco e mappamondi.
Comunicato stampa
Art makes you travel again
a cura di Edoardo Marcenaro
Dina Saadi, Polar Bear, Laika, Daniel Eime, Alessandra Carloni, Marco Rèa, Luogo Comune, About Ponny, Nicola Alessandrini, Emmeu, Ligama, Daniele Tozzi
Testo di Edoardo Marcenaro
Opening sabato 23 ottobre 2021 dalle ore 11.00 alle ore 20.00
Rosso20sette arte contemporanea
Via del Sudario 39 - Roma
Fino al 23 dicembre 2021
Sabato 23 ottobre 2021 Rosso20sette arte contemporanea presenta la mostra Art makes you travel again, a cura di Edoardo Marcenaro: in mostra oltre 30 opere realizzate su mappe, cartine geografiche, carte d'imbarco e mappamondi da Dina Saadi, Polar Bear, Laika, Daniel Eime, Alessandra Carloni, Marco Rèa, Luogo Comune, About Ponny, Nicola Alessandrini, Emmeu, Ligama, Daniele Tozzi.
“[...] dopo più di un anno e mezzo di “fermo” i sondaggi hanno dimostrato che la voglia di tornare a viaggiare è più forte di quella di trovare il vero amore. [...] Pensando che (forse) anche gli street artist avevano qualche limitazione a lavorare in giro per il mondo, è iniziata la collezione di atlanti, cartine geografiche e mappamondi, su cui poter continuare a viaggiare durante i momenti di pausa tra le varie riunioni, incontri, caffè e aperitivi online [...] Una follia? Non lo so, ma così è nata l’idea di Art makes you travel again: il lavoro su mappe, cartine geografiche e cartine geografiche di dodici artisti nella mostra di Rosso20Sette Arte Contemporanea [...]
Partiamo dalla mappa della Palestina di Dina Saadi, con le parti in rosso del ritratto della donna (sua grande amica) che rappresentano le aree che i palestinesi hanno dovuto abbandonare in seguito dell’insediamento israeliano, per passare alle carte d’imbarco di Laika ispirate al cinema (la compagnia aerea Qantas che “never crashed”) nonché alla situazione attuale delle donne afghane che cercano di salire sui voli della Turkish Airline per lasciare il paese.
E poi il dittico di About Ponny sulle mappe di Africa e Australia che rappresentano “voglia di evasione, partenza per luoghi inesplorati, lontani. Anche con mezzi di fortuna, importante è ripartire dopo mesi di reclusione (..) nella realtà? Per lo meno nella nostra fantasia” (citando le parole dell’artista), fino ad arrivare alla sua gondola veneziana che rappresenta la soluzione di spostarsi “green” su una banana matura: “se non sei green non pass” … una citazione alla copertina realizzata da Andy Warhol nel 1967 per il primo mitico album dei Velvet Underground o ancora prima un gentile omaggio alla sede della Biennale dal 1895?
Marco Rea ci porta in Giappone con la sua opera “Mono no aware”, concetto estetico nipponico “che esprime una forte partecipazione emotiva nei confronti della bellezza della natura e della vita umana, con conseguente nostalgia legata al suo incessante mutamento”. E dal Giappone passa al confine tra Messico e Stati Uniti con la sua altra opera “Linea verde”, il verde del dollaro americano che “fa la differenza” tra i due paesi. Emmeu interviene sulle mappe con le sue figure geometriche astratte che sembrano dare alla carta geografica una vera e propria dimensione tridimensionale.
Luogo Comune raffigura lo scioglimento dei ghiacciai sulla mappa del Cile, il predominio economico della Cina, il coccodrillo che sovrasta la città di New York, PolarBear manifesta la sua preoccupazione per il tema ambientale con i due cetacei in Oceania che implorano “Don’t make us history”, mentre Alessandra Carloni dipinge i suoi “racconti onirici”, a partire dal romanzo di Moby Dick, qui trasposto in chiave ludica e surreale, essendo ambientato nel New Bedford, Nantucket nell’Oceano Atlantico.
“The Blue Crane” di Daniele Tozzi riporta sulla cartina del Sud Africa la bellissima frase di Nelson Mandela “Education is the most powerful weapon which you can use to change the world”, e lo stesso Tozzi realizza “One World one word” in cui ogni continente è descritto da una parola ripetuta come trama visiva sul globo terrestre. [...]” (dal testo critico di Edoardo Marcenaro)