Arte. Fiction vs. rappresentazione
Le arti visive sono al centro del quarto appuntamento del ciclo “Storia come Natura: gli anni ’70 e Carlo Zauli”, promosso e dal Museo Carlo Zauli di Faenza, ideato e curato da Christian Caliandro.
Comunicato stampa
STORIA COME NATURA: gli anni '70 e Carlo Zauli
Un ciclo di incontri a cura di Christian Caliandro
Arte. Fiction vs rappresentazione: Eva Frapiccini, Alberto Mugnaini, Matteo Zauli
modera l'incontro Christian Caliandro
Le arti visive sono al centro del quarto appuntamento del ciclo “Storia come Natura: gli anni ’70 e Carlo Zauli”, promosso e dal Museo Carlo Zauli di Faenza, ideato e curato da Christian Caliandro. Lunedì 16 luglio Christian Caliandro modera una conversazione tra l’artista Eva Frapiccini, il critico Alberto Mugnaini e Matteo Zauli, direttore del Museo Carlo Zauli. La riflessione - dopo la storia, la letteratura, la musica - giunge a un punto centrale: la modalità in cui la nostra epoca si rispecchia negli anni Settanta, producendo arte che parla di quel decennio e riscoprendo arte che da esso proviene. E utilizza come punto di partenza proprio i Vasi Sconvolti, realizzati da Carlo Zauli dalla seconda metà degli anni Settanta, e ispirazione dell’intero progetto “Storia come Natura: gli anni ’70 e Carlo Zauli”. Come poche opere e produzioni culturali di quel periodo, questo ciclo ne cattura appieno lo spirito, riuscendo a cogliere – e a trasmettere allo spettatore contemporaneo – l’essenza di un intero contesto. Negli Sconvolti, infatti, la forma originaria e carica di senso del vaso viene sottoposta ad una brusca torsione, ad un sommovimento che esprime tutta la potenza della trasformazione (culturale, sociale, antropologica) in corso. Vi si ritrova il medesimo significato di ‘fine’ – fine del mondo come fine di un mondo - che si rintraccia, per esempio, in alcune opere coeve di Giuseppe Spagnulo, di Emilio Tadini, di Mimmo Rotella; in romanzi come Azzurro tenebra (1977) e Il fratello italiano (1980) di Giovanni Arpino, o L’odore del sangue (1979) di Goffredo Parise; nella pattuglia di film della commedia italiana “terminale”, come Anima persa (1977), Primo amore (1978) e Caro papà (1979) di Dino Risi, o Un borghese piccolo piccolo (1977) di Mario Monicelli. Si disegna così un quadro d’insieme dei secondi anni Settanta italiani molto diverso rispetto a quello della vulgata (compresso, in arte, tra i due poli opposti dell’ultimo Poverismo-Postconcettualismo e del nascente Neoespressionismo pittorico): un quadro in cui emerge prepotentemente questa “zona grigia” composta da opere meditative e al tempo stesso appariscenti, tragiche e intimiste.