Augusto Garau – Dal MAC alla Gestalt
In mostra una cinquantina di lavori su tela dell’artista di adozione pavese (nato a Bolzano, Garau si trasferì con la famiglia a Voghera), che ripercorrono le tappe principali del suo percorso.
Comunicato stampa
Forme geometriche, ricerca astratta, rigore compositivo, trasparenza e pulizia cromatica. Opere che sembrano strade e labirinti, e per ogni curva, una sfumatura di una tonalità diversa. Gli ingranaggi di colore e le velature di Augusto Garau (1923-2010), il più giovane dei fondatori del MAC-Movimento arte concreta, con Soldati e Dorfles, sono protagonisti – da venerdì 16 maggio 2014, inaugurazione ore 18, nello Spazio per le arti contemporanee del Broletto di Pavia – dell’antologica Augusto Garau, dal MAC alla Gestalt. La mostra, curata da Giosuè Allegrini e organizzata da Edizioni della Bezuga di Giuliano Allegri e Artea Gallery di Milano, Marina Garau, presenta fino all’8 giugno 2014 una cinquantina di lavori su tela dell’artista di adozione pavese (nato a Bolzano, Garau si trasferì con la famiglia a Voghera), che ripercorrono le tappe principali del suo percorso.
Dagli anni ‘40 del Novecento, con i primi lavori di astrazione geometrica del periodo pre MAC e MAC, si passa alla figurazione primitivista-esistenziale degli anni ’50-’60, alle ricerche verbovisuali dei ’60-’70, per giungere agli studi sulla percezione cromatica, in chiave astratto geometrica, degli anni ’80, ’90 e degli ultimi lavori. Accanto alle tele, è un’accurata selezione di opere su carta, più alcuni preziosi documenti, testimonianze artistiche e corrispondenze fra Garau e Atanasio Soldati, teorizzatore e fondatore del MAC, Rudolph Arnheim e Gaetano Kanizsa, per le ricerche gestaltiche e l’analisi della percezione visiva e sensoriale.
Garau era uomo dal multiforme ingegno e sperimentatore instancabile – scrive il curatore Giosuè Allegrini nel testo di presentazione della mostra – vero e proprio “faber optimus” dei tempi moderni che considerava il colore elemento primario della percezione visiva, atto a stimolare, attraverso la luce e l’occhio, i centri cerebrali che trasformano le sensazioni cromatiche in elementi terapeutici per l’essere. Nei primi anni ’50 Garau abbandonerà poi il M.A.C., in concomitanza con la morte del suo maestro Soldati, diventando successivamente imprenditore nel settore della ceramica, gallerista, docente di “Psicologia della Percezione” e di “Teoria del Colore” all'Istituto d'Arte di Monza, alla Scuola Politecnica di Design di Nino Di Salvatore, in una propria scuola privata di visual design, al Politecnico di Milano. Nel frattempo la sua indagine artistica ritorna ad una figurazione dall’impianto primitivista, che in qualche caso stilizza geometricamente il paesaggio con ambientazioni legate ad un immaginario domestico, alternando echi di matrice astratta e figurativa. Dal 1955 in poi, per circa un decennio, lavorerà sul corpo femminile analizzandolo sia “fotograficamente” e sia pittoricamente nelle varie fasi di simultanea fissità e di movimento. Fra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta l'artista orienterà la propria indagine in seno agli ambiti della Poesia Visiva (con echi di matrice geometrizzante) e quindi alla Poesia Concreta, giungendo ad operare un ingigantimento delle forme verbali tale da liberarne la connotazione comunicativa a beneficio di una ricerca astratto-geometrica. Tale indagine lo porterà, a la metà degli anni settanta, ad ideare i cicli delle celeberrime “C” e quindi delle “Superfici Anomale”, dei “Continuum”. La frequentazione di Gaetano Kanitsa contribuì ad acuire ulteriormente in Garau il senso della ricerca percettivo-visiva, sviluppata in chiave geometrico estetizzante. Nascono i cicli delle “Trasparenze”, dei “Polifonici”, delle “Guglie” e delle “Torri”. Studioso raffinato e rigoroso, ha scritto importanti saggi fra cui "Armonie del colore" (1984) o "Dinamiche del colore e della forma" (1997). Nel 2008 lo storico Giorgio Di Genova ha curato, per le edizioni Bora, un volume antologico intitolato «Augusto Garau, artista politecnico e scienziato». Di grande rilevanza sono stati i prosceni espositivi che hanno visto protagoniste le opere di Augusto Garau: dalla Galleria Borromini (Milano, 1948) alla Galleria Bergamini (Milano 1952); dalla Martin's Gallery (Londra, 1964) a Palazzo Venezia (Roma, 1983); dalla Civica Galleria d'Arte Moderna, (Gallarate, 1983, e 1997) alla Galleria Vinciana, (Milano, 1988), al Castello di Sartirana (Pavia, 1991), passando attraverso la Mostra Storica M.A.C.. presso la Civica Galleria d'Arte Moderna di Gallarate nel 1984 e la Biennale Internazionale d’Arte di Venezia nel 1986. Un artista, uno scienziato, un uomo che ha dedicato la propria vita artistica alla ricerca dell’armonia e della perfezione; come del resto asseriva Agnes Martin, interprete minimalista statunitense legata all’espressionismo astratto: “la bellezza è il mistero della vita, non è negli occhi ma nella mente , nella nostra mente c’è la consapevolezza della perfezione”. E’ questa la dottrina, è questa la lezione, è questo il modello di vita che ci ha trasmesso Augusto Garau.