Azusa Itagaki – Casa di Bambola
La mostra, curata da Claudia Attimonelli e allestita da Allesandro Bucci, è il primo atto, in esclusiva internazionale, di esposizione del materiale raccolto e prodotto dall’artista giapponese in questo suo progetto di ricerca sui collezionisti di Real Dolls, ancora in fieri.
Comunicato stampa
«Quando avevo 3 anni i miei genitori mi regalarono una casa di bambole. La amavo perché era il
posto dove le mie bambole potevano continuare a vivere da sole quando non potevo essere con
loro, circondate dai loro effetti personali, i loro amici, le cose che erano loro care, invece di essere
solo messe a dormire in una scatola di scarpe sotto il mio letto».
Così, Azusa Itagaki, fotografa, filmmaker e performance artist giapponese, trapiantata a Stoccolma, presenta il suo lavoro.
“Casa di Bambola” è una ricerca artistica su tre collezionisti di Real Dolls, ovvero di bambole in
silicone, da non confondere con le ben più famose bambole gonfiabili, note come Sex Dolls.
Le bambole di lusso in silicone hanno fatto la loro comparsa sulla scena americana negli anni
Novanta, pubblicizzate come le bambole più realistiche al mondo, e spesso vengono chiamate anche Love Dolls. Il progetto di Itagaki è iniziato nell'inverno 2010, in Giappone, in seguito alla visione di Air Doll di Hirokazu Koreeda che ha incuriosito la fotografa: “Non sapevo ci fosse in realtà un'intera comunità di Love Dolls sparsa in tutto il mondo e ho iniziato a contattare gli utenti delle community online”. Lo stesso stupore di fronte all’universo delle Love/Real Dolls, coglie il visitatore di questa mostra, poco o quasi nulla si conosce di questo universo di amatori di bambole realistiche.
Oltre alla naturale funzione pornoerotica di queste bambole, a renderle sorprendenti è
la loro aura che le colloca al confine tra l’oggetto inanimato e la donna in carne ed ossa.
La mostra barese, curata da Claudia Attimonelli ed allestita da Alessandro Bucci, è il primo atto, in esclusiva internazionale, di esposizione del materiale raccolto e prodotto dall'artista giapponese in questo progetto in fieri. Si compone di quasi 30 foto e due docu-video, inseriti in un ambiente
domestico all’interno del quale il visitatore si muove come se stesse attraversando la casa
di uno dei collezionisti di Love Dolls ritratti dalla fotografa. Il titolo della mostra, infatti, palese citazione della celebre opera del drammaturgo scandinavo Henrik Ibsen, “Casa di Bambola” ricentra il discorso di ricerca artistica di Azusa Itagaki proprio intorno alla dimensione erotica del quotidiano.
Il suo sguardo artistico e al contempo analitico su questo fenomeno illumina una sfera oscura della sociologia dell'erotismo, dove il processo feticistico sembra reversibile: «Nell’interazione e nella collaborazione con il proprietario della bambola, io stessa divengo performer, divengo una bambola, con tutto il retaggio legato alle questioni dell’identità e dell’immaginario come donna giapponese», spiega l'artista, che compare a sua volta nelle vesti di una bambola nell’immagine scelta per l’affiche della mostra, così come in uno dei video in mostra.
Nei suoi scatti, infatti, è presente tanto la Love Doll quanto il suo proprietario all’interno della propria abitazione, occupato in attività quotidiane, come mettere a letto la bambola, sistemarle i capelli e il vestito, trasportarla da un luogo ad un altro della casa, e, perfino, riceverla al suo primo ingresso “into the doll’s house” nella scatola che la contiene.
Mai prima di Azusa Itagaki si era indagato tale universo sotto i suoi molteplici aspetti, fatto di business milionario (per una bambola nuova si arriva a pagare anche 6.000/10.000 dollari), industrie tra loro anche assai diversificate (ci sono aziende specializzate nel creare bambole simili ad icone dello showbiz oppure aziende che forniscono prodotti completamente customizzati: donna alta, bassa, magra, formosa, bianca, nera, orientale ), clienti-collezionisti sparsi in tutto il mondo e un mercato dell'usato anch'esso di notevoli dimensioni. Un universo che viaggia in rete attraverso forum, social network e piattaforme in cui i collezionisti si scambiano idee, pareri, foto e commenti.
L'inaugurazione avverrà alla presenza dell'artista, Azusa Itagaki.
L'artista
Azusa Itagaki è fotografa, filmmaker e performance artist giapponese. Nata a Tokyo, si è
trasferita in Svezia all'età di 19 anni. Attualmente sta completando il corso di studi specialistico in "Fashion Studies" (Modevetenskap) presso il Centro di Studi sulla Moda dell'Università di Stoccolma. I suoi interessi accademici ruotano attorno alla produzione di realtà alternative attraverso processi di reificazione di corpi e transumanizzazione di oggetti. Nel suo lavoro combina il ruolo di fotografa documentarista e quello di ricercatrice, stabilendo un rapporto altamente interattivo con ciò che costituisce l´oggetto del suo studio.
La curatrice
Claudia Attimonelli è docente di Cinema, fotografia e televisione all’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, dove si occupa di antropologie della contemporaneità e di media studies esercitando la sua ricerca anche attraverso collaborazioni con gallerie e progetti legati all'arte ultracontemporanea.
Set designer
Alessandro Bucci, collaboratore di Azusa Itagaki per questo progetto, vive a Stoccolma dove si occupa di fashion theory e body culture, di fenomeni di costume e cultura inglese.
Materiali:
Intervista di Azusa Itagaki
«Quando avevo 3 anni i miei genitori mi regalarono una casa di bambole. La amavo perché era il
posto dove le mie bambole potevano continuare a vivere da sole quando non potevo essere con
loro, circondate dai loro effetti personali, i loro amici, le cose che erano loro care, invece di essere
solo messe a dormire in una scatola di scarpe sotto il mio letto”. Mi ricordo che mia madre mi
chiamava "la mia bambolina giapponese", e mi tagliava sempre i capelli proprio come le bambole
tradizionali giapponesi. Giocare con le bambole era davvero la mia routine fino a quando sono
diventata adolescente; ho passato ore e ore, ogni fine settimana, a cucire vestiti per le mie piccole
amiche. Col passare degli anni, ho scoperto che c'erano vere case di bambole , dove bambole
reali (real dolls) vivevano e continuavano a giocare al gioco della vita. Ho preso parte al loro gioco,
ho visitato le case di bambola e preso in prestito i loro abiti e i loro trucchi. Ero circondata da
bambole, dai loro effetti, amici e cose a loro care, proprio come facevano nella mia mente quando
ero piccola».