Balena | Biasi | Zorzi
Valmore studio d’arte espone i gioielli dello scultore orafo Alberto Zorzi e due artisti che segue da molti anni con interesse e attenzione. Molto diversi fra loro, ma accomunati da un grande talento e da profonda sensibilità, i due artisti sono stati invitati ad esporre alla Biennale di Venezia al Padiglione Italia presso le Corderie dell’Arsenale durante la 54a edizione conclusasi nel novembre scorso.
Comunicato stampa
Valmore studio d'arte espone i gioielli dello scultore orafo Alberto Zorzi, la cui ricerca coniuga razionalità geometrica ed inventiva sperimentale in una costante esplorazione dei materiali, sostituendo alla loro preziosità (quale tipico valore del gioiello) l'entità qualitativa dell'oggetto. Le sue creazioni raggiungono la tridimensionalità con effetti cromatico-pittorici nell' “alternanza tra lamina plasmata e volume”.
“Zorzi ha convertito la propria vocazione d'inventiva plastica entro la dimensione del gioiello [...] fra richiami quasi archetipi a sculture geometriche e aggregazioni materico-formali complesse [...] organizzando componenti fra di loro fortemente differenziate.” (Enrico Crispolti, 2010)
Alberto Zorzi è nato a Santa Giustina in Colle (PD) nel 1958, e ha studiato all'Istituto d'Arte “Pietro Selvatico”di Padova, scuola che vanta una grande tradizione per l'oreficeria d'avanguardia, occupandosi di pittura, scultura e arte orafa. Prosegue con studi sulla lavorazione dei metalli alla Scuola di Padova, e si forma quindi come artista-orafo con un'intensa attività di ricerca progettazione e sperimentazione legate alle peculiarità dei diversi materiali. Si laurea all'Università degli Studi di Padova in Storia dell'Arte Contemporanea con una tesi sull'evoluzione storica e stilistica del gioiello d'artista dagli anni '40.
Ha insegnato presso l'Istituto Europeo di Design di Milano, l'Accademia di Belle Arti di Ravenna, l'Università di Firenze.
Protagonista di molte personali e collettive in Italia e all'estero, soprattutto nell'area germanica, ha partecipato a numerose edizioni delle Fiere Internazionali del Gioiello di Vicenza, Tokyo e Osaka, e ha vinto numerosi premi e riconoscimenti (1982 primo premio “Die Kette” ad Hanau in Germania, 1993 Premio Design Gallery alla Fiera Internazionale del Gioiello di Vicenza Oro, 2003 Premio Nazionale Argò a Roma).
Vanta la presenza dei propri gioielli in numerose importanti collezioni pubbliche e musei di tutto il mondo, tra cui segnaliamo: Civico Museo Archeologico di Milano, Museo degli Argenti a Palazzo Pitti di Firenze, Palazzo Fortuny a Venezia, Musée des Arts Décoratifs di Parigi (Francia), Museum of Art and Design di New York (USA), Inge und Elisabeth Asenbaum Collection e Museum of Apllied Art-Contemporary Art di Vienna (Austria), Deutsches Goldschmiedehaus Hanau di Hanau (Germania), State Gallery of Art di Legnica (Polonia), The Montreal Museum of Fine Arts di Montreal (Canada), Victoria and Albert Museum e Norman Forster Collection di Londra (Inghilterra), inoltre a Perth (Australia), Philadelphia (USA), Lausanne e Basilea (Svizzera), Francoforte Amburgo e Wesel (Germania).
Con questa mostra Valmore studio d'arte ripropone due artisti che segue da molti anni con interesse e attenzione. Molto diversi fra loro, ma accomunati da un grande talento e da profonda sensibilità, i due artisti sono stati invitati ad esporre alla Biennale di Venezia al Padiglione Italia presso le Corderie dell'Arsenale durante la 54a edizione conclusasi nel novembre scorso.
Come è noto, in occasione di questa edizione, è stato chiesto ad illustri personaggi delle arti e delle scienze di segnalare un artista.
Il poeta Maurizio Cucchi ha scelto Vincenzo Balena con questa motivazione: “Artista di grande raffinatezza e qualità, non ancora noto come il suo valore meriterebbe, Vincenzo Balena risalta per la capacità di essere al tempo stesso densissimo e lieve. Nelle sue sculture dimostra infatti una sensibilità acuta, che gli consente di realizzare sognanti forme aeree pur prelevando dalla fisica opacità della materia.”
Scrivono di lui:
Il cotto, la cera, il bronzo, l'alluminio, il legno [...] Balena crea le sue immagini come se esistessero già, come se fossero nascoste tutt'intorno a lui e si trattasse soltanto di scoprirle, di trarle alla luce [...] e questo, si capisce, non è affatto vero. [...] Niente nelle sculture di Balena è mai “trovato” [...] tutto [...] è prodotto dalla sua mente e dal suo inconscio, è la conseguenza, il riflesso, la materializzazione di un suo progetto o sogno formale. Ma non meno di questa precisazione vale quella, apparentemente opposta, che per lui nessun progetto, nessun sogno si libera – si “scatena” – se non a contatto con la materia anzi con una materia, così come per un poeta che sia davvero tale non c'è immagine o metafora che possa organizzarsi e consistere all'infuori dell'evento sonoro che la tiene a battesimo. (Giovanni Raboni, 1996)
Queste immagini, questi frammenti di visione hanno una grande drammaticità, una grande capacità di testimonianza dell'orrore contemporaneo [...] sono sicuramente reperti di un mondo tragico; ma nello stesso tempo hanno anche una straordinaria carica di vitalità e oserei dire di gioia. (Giovanni Raboni, 1994)
Balena trova i suoi soggetti nel mondo organico naturale; sceglie di presentarli nel loro stato di decadenza, disfacimento, dolore. La sua scultura è un urlo nell'aria. Si solleva da terra e cerca una situazione ideale nello spazio. (Lea Vergine, 1990)
C'è in Balena, il segno sicuro di una sovrana, solitaria, risolta autonomia e, soprattutto, c'è la traccia splendida di una forte, rigorosa, palpitante concentrazione poetica: la fiamma gentile di una vera poesia dello sguardo. (Giorgio Seveso, 1990)
Certi gruppi di grandi dimensioni, le cui figure sembrano afferrate da un vento irrefrenabile, è come se mostrassero, nella spirale che insieme disegnano, i vari stadi di una metamorfosi in atto. (Roberto Sanesi, 1996)
Balena è artista di inquieta sensibilità e a sua volta stimola tensioni interiori e riflessioni intellettuali in chi ne avvicina l'opera [...] Una domanda che si è posto sovente chi ha guardato l'opera di Balena con attenta partecipazione è se l'artista intenda testimoniare il logorio e il disfacimento della materia, quindi l'effimero come emblema assoluto dell'essere; o se invece egli ci proponga di dimostrare che non si dà evento o traccia, naturale o storica, che non meriti d'essere conservata e sacralizzata. Se egli voglia insomma rappresentare il labile o il duraturo. (Rossana Bossaglia, 1997)
Vere e proprie riflessioni sui nostri destini: mentre anche il metallo di recupero diventa “pagina”, ostensione formale, oppure si rimodella nella straordinaria sequenza dei “volti”.
Così Balena ridice, attraverso resti destinati alla morte, la nostra continua resistenza nella vita. (Giancarlo Pauletto, 2011)
Alberto Biasi è stato scelto dal Premio Nobel per la Fisica 1976 Samuel C. C. Ting che afferma: “In Biasi avverto il nesso non frequente fra arte e scienza. Per questo m'interessa il suo rigore”.
Riallacciandoci alle motivazioni che hanno portato alla scelta di Alberto Biasi da parte del fisico premio Nobel Samuel C. C. Ting, citiamo l'illuminante affermazione del filosofo Nelson Goodman: "... le arti devono essere prese in considerazione non meno seriamente delle scienze in quanto modalità di scoperta, di creazione, di ampliamento della conoscenza, nel senso largo di progresso nel comprendere, e quindi la filosofia dell'arte dovrebbe essere concepita come una parte integrante della metafisica e dell'epistemologia.”
Scrive di lui Monica Bonollo:
Il movimento virtuale, il passaggio dallo stato del possibile a quello dell'esistere secondo alcune condizioni predeterminate, le infinite configurazioni della realtà visiva sono solo alcuni spunti tra le innumerevoli suggestioni della complessa poetica dell'artista. [...] Eco, istallazione progettata nel 1974, anticipa di vent'anni le opere interattive degli anni '90: la presenza fisica dello spettatore è già elemento figurativo stesso e condizione imprescindibile di un'opera concepita come processo all'interno di un campo di accadimento. Ma i Rilievi ottico-dinamici, i Politipi e le numerossissime immagini cinetiche, che costellano l'attività artistica di Biasi dagli anni '60 ad oggi, sono solo apparentemente più lontane, ne rappresentano invece l'imprescindibile premessa. [...] “l'occhio innocente" è un mito senza alcun riscontro nella realtà. [...] Se non esiste un occhio innocente non può esistere il dato assoluto, il dato riprodotto al di là di qualsiasi mediazione. La visione è condizionata dalle nostre ipotesi, dalle nostre attese poichè l'occhio non opera autonomamente ma è parte di un organismo complesso: percezione, rappresentazione e conoscenza interagiscono fra loro. Il processo visivo seleziona, discrimina, isola e raggruppa, elimina e completa, trasforma e costruisce.
Ma se l'occhio non è più un passivo spettatore ed è incapace di valutare le cose senza partire da pre-giudizi e pre-congetture, non è più possibile dire cosa sia il mondo "oggettivo". Non esiste un mondo libero da qualsiasi vincolo e complicità con l'occhio e con il cervello. Ma se la percezione stessa è costruzione, rappresentare non significa riflettere un mondo già dato, ma costruire un mondo in un processo interattivo.
Ecco allora che lo spettatore si confonde con l'opera, si fondono i confini fra l'immagine e il suo osservatore, l'uno non può esistere senza l'altro. Il processo artistico non può esistere senza l'attivarsi di questa complicità.
Diventa quindi impossibile non accorgersi che le opere di Alberto Biasi, con la loro leggerezza e l'apparente semplicità di un gioco, ci mostrano che in ogni rapporto che intratteniamo con il mondo, in ogni istante di percezione, in ogni atto di conoscenza, ci assumiamo la responsabilità di creare il mondo che ci circonda e noi in lui.
NOTE BIOGRAFICHE
Vincenzo Balena (Milano, 1942) si dedica inizialmente allo studio della morfologia animale, nel solco del realismo esistenziale. Dai primi anni ’70 espone con regolarità alla Montrasio di Monza e al Naviglio di Milano. Merita subito l’attenzione critica di G. De Micheli e M. Rosci, seguiti da R. Bossaglia, C. Pirovano e L. Vergine. Negli anni ’80 dedica a Pasolini una serie di dipinti e sculture ed entra in contatto con poeti e scrittori: fra questi, G. Raboni segue con interesse la successiva indagine della figura umana ridotta a frammenti, disiecta membra. Si tratta di sculture in terracotta e fili metallici, cera, bronzo, legni e alluminio sbalzato, proposte in luoghi prestigiosi con mostre personali e collettive tra le quali citiamo solo alcune: Permanente di Milano, Palazzo delle Stelline di Milano, Castello Sforzesco di Milano, Villa San Carlo Borromeo a Senago, Abbazia di Sesto al Reghena, Villa Arrivabene di Firenze, Pinacoteca Alberto Martini di Oderzo, Casa di Giorgione a Castelfranco Veneto, Centro Culturale Zanussi di Pordenone; e in contesti internazionali (Dusseldorf, Praga, New York, Stoccolma). Realizza le scene per lo spettacolo “Borges café Rêverie” rappresetato a Villa San Carlo Borromeo, al Teatro Juvarra di Torino e al Teatro dell'Arte di Milano. I lavori più recenti, affrancati da espliciti rimandi figurativi, esplorano le inedite risorse espressive dei rifiuti tecnologici.
E' invitato alla LIV Biennale di Venezia.
Alberto Biasi, nato a Padova nel 1937, inizia l'attività di pittore e scultore nel 1959. Ancora giovanissimo, nel 1960 espone con Enrico Castellani, Piero Manzoni e altri artisti europei della "nuova concezione artistica". Nello stesso anno costituisce il Gruppo N, nel '61 è fra i promotori di "Nuove Tendenze" e nel '62 tra gli iniziatori di "Arte Programmata".
Dopo lo scioglimento del Gruppo N si riscopre "solista". La sua attività artistica è caratterizzata da una ricerca di grande coerenza nella op-art e nell'arte cinetica e programmata.
Oltre a innumerevoli mostre collettive, fra cui la XXXII, la XLII e la LIV Biennale di Venezia, Alberto Biasi ha avuto più di cento personali in luoghi prestigiosi quali il Museo dell’Hermitage a San Pietroburgo, il Palazzo Ducale di Urbino, la Casa del Mantegna a Mantova, il Museo della Cattedrale di Barcellona, il Palazzo dei Priori a Perugia, il Museo Nazionale di Villa Pisani.
Sue opere si trovano alla Galleria Nazionale di Roma, al Museum of Modern Art di New York e nei Musei di Belgrado, Bolzano, Bratislava, Buenos Aires, Ciudad Bolivar, Epinal, Gallarate, Guayaquil, Livorno, Lodz, Ljubljana, Middletown, Padova, Praga, San Francisco, Saint Louis, Tokio, Torino, Venezia, Wroclaw, Zagabria e in numerose collezioni italiane e straniere.