Ballocco Munari. Opere dalla Collezione Prestini
Molte sono le ragioni di questa mostra, che propone l’accostamento – finora incredibilmente quasi inedito – di due artisti che in realtà furono legati per vari motivi: Ballocco e Munari si conobbero, si stimarono, ebbero rapporti cordiali e amichevoli, collaborarono anche insieme.
Comunicato stampa
Molte sono le ragioni di questa mostra, che propone l’accostamento – finora incredibilmente quasi inedito – di due artisti che in realtà furono legati per vari motivi: Ballocco e Munari si conobbero, si stimarono, ebbero rapporti cordiali e amichevoli, collaborarono anche insieme, e in alcune fasi della loro produzione pittorica portarono avanti ricerche in qualche misura apparentabili, o comunque paragonabili, improntate a un’analisi del fenomeno percettivo visivo, soprattutto in una prospettiva d’indagine sul colore e sulle sue relazioni con la dimensione formale. Eppure esposero insieme soltanto in poche occasioni. Vanno rammentate due mostre allestite nella Galleria Sincron di Armando Nizzi a Brescia nel 1977: una doppia personale, svoltasi nella primavera di quell’anno, e una collettiva (Ballocco e Munari insieme a Hugo Demarco, Horacio García Rossi e Philippe Morisson), tenutasi in autunno. L’omaggio, quindi, oltre che agli artisti si estende indirettamente all’importante e innovativa attività culturale di una galleria che merita di essere ricordata e, ormai, storicizzata.
Peculiare è anche l’origine delle opere qui proposte, per la quasi totalità provenienti da un ragguardevole nucleo collezionistico, assemblato nel corso di molti anni da Franco Prestini (e ora proseguito dai figli), che raccolse con pazienza notevoli lavori di Fontana, Vedova, Sironi, Schifano, Biasi, Turcato, Warhol, oltre che, ovviamente, dei due protagonisti della mostra attuale, con i quali intrattenne rapporti di cordialità e stima.
La singolarità della sede della mostra è un ulteriore elemento che la caratterizza: “Osservatorio d’Opera” infatti non è una galleria, bensì un laboratorio di restauro, gestito da Andrea Lancini, Giorgio Orlandi e Chiara Lancini, che hanno deciso di organizzare e ospitare, già nel recente passato, alcuni eventi di pregio e di precisa valenza culturale, come una personale di Alberto Biasi o la retrospettiva sull’artista Francesco Rovetta (1849-1932). Scelte non casuali, come non lo è quella del binomio Ballocco-Munari: esporre qui i loro lavori significa anzitutto consentire al pubblico di ammirare opere delicate e preziose, di cui alcune oggetto di attenti interventi di pulitura e restauro (particolarmente importanti per la valorizzazione di dipinti che spesso sono basati sull’indagine di fenomeni percettivi, che perderebbero tanta efficacia in presenza di danni o problemi conservativi). Inoltre si tratta di due autori che furono accomunati anche dall’interesse per gli aspetti tecnici e applicativi dell’attività creativa, e per la sfera didattica: tutti fattori che ritroviamo posti in speciale evidenza in una mostra che vuole unire l’impostazione scientifica, di studio storico e ricerca filologica, all’atteggiamento aperto e comunicativo.