Banafsheh Rahmani / Gianni Maria Tessari
Una doppia mostra con le tele dipinte di Banafsheh Rahmani messe a confronto e in dialogo con le opere di Gianni Maria Tessari.
Comunicato stampa
All’interno del progetto “Uno + uno”, giovedì 6 dicembre 2012, alle ore 18, all’A.S.P.ITIS di via Pascoli, a Trieste, si inaugura una doppia mostra con le tele dipinte di Banafsheh Rahmani messe a confronto e in dialogo con le opere di Gianni Maria Tessari.
La prima curiosità che viene in mente, a proposito della pittura di Banafsheh Rahmani, è che la sua pittura sembra realizzata a pastello. Con questa affermazione, si badi bene, non si intende una confusione tecnica, ma solo affermare, in maniera paradossale, un processo giocato sull’appunto e sulla velocità esecutiva, fattori (o componenti) che non permettono ripensamento e il ritocco, cioè il soffermarsi sul particolare, il ritornarci dopo un pentimento, la correzione e la modifica al seguito di un ripensamento, la variazione dopo la pausa; il che vale a dire: i crucci di un Cézanne, qui non sono contemplati, grazie alla complicità di uno studio approfondito della pittura di Marlene Dumas e alla scuola di formazione praticata con Cervi Kervischer.
Pertanto, l’esecuzione, come nella scrittura orientale, diviene un valore di per sé e come tale si manifesta e prende corpo. I temi sono quelli presi in toto da un pensiero coniugato al femminile, un pensiero cioè che si sofferma sul corpo e sulla relazione che questo può avere con il mondo circostante, come in una decisa presa di possesso di cose, vicende, situazioni che divengono familiari solo dopo averle dipinte. Non si tratta di veri e propri tranche de vie, ma solo di appunti, dettagli, e proprio per questo (o a causa di una vista ravvicinata, quasi da primo piano), nasce una nuova impressione, qualcosa che mischia il conoscibile con quello che non si vede più, se non nella memoria, per impossessarsi di un’armonia tesa tra i punti estremi di un colore cupo e di una figura appena accennata.
Nel caso di Gianni Maria Tessari, invece, le tele presentate in questa occasione appartengono al ciclo delle mappe/scrittura/fabbriche/cieli: la scrittura come griglia spazio-temporale, reticolo concettuale e autoreferenziale che si sovrappone, come la mappa di una città, alla rete della comunicazione intesa come elemento necessario alla co-creazione. Mappe, quindi, come dialogo tra l’uomo e il mondo, mappe come alfabeto grafico della nostra esistenza, mappe come luogo della perdita, dello smarrimento e del ritrovamento. Per dirla in altro modo, siamo all’interno di una inter-relazione di segni e di significati che camminano su piani diversi e che talvolta si incrociano, attraverso porte di comunicazione. In questo caso, piano di contenimento e figura rappresentata istituiscono un dialogo binario, dove il segno rappresentato e lo sfondo che lo contiene si confondono, come in un gioco optical, dove la rete di passaggio è spesso confusa con il groviglio caotico del mondo. In siffatta maniera un tale lavoro diviene anche metafora o allegoria del mondo circostante: il caos alberga nelle vicinanze e l’unica possibilità è quella di porvi mano. Lo spirito della geometria ritorna, quindi, nella misurazione degli spazi e delle varie componenti. Riguardo al suo lavoro così ne scrive Ivana Mulatero: “L’insieme del suo lavoro è volutamente tutto e il contrario di tutto, l’endiade germinante che mantiene nell’alveo della progettazione per ogni nuova opera le estreme e contraddittorie pulsioni”.
Nella serata inaugurale il brindisi sarà offerto da Azienda Agricola Škerk. La mostra è stata realizzata con il concorso dell’Associazione Juliet, e in collaborazione con Colombo art design, Darko’s Store, Soft-in s.r.l. - software per sistemi industriali - Beinasco (TO).