Barocche irrequietezze
Giovanni Cavassori e Giovanni Dalle Donne. Due artisti e due linguaggi in apparenza lontanissimi, ma che poi si ritrovano sull’identico terreno della teatralità, dell’illusionismo, della posa.
Comunicato stampa
Giovanni Cavassori e Giovanni Dalle Donne. Due artisti e due linguaggi in apparenza lontanissimi, ma che poi si ritrovano sull’identico terreno della teatralità, dell’illusionismo, della posa. Cavassori mette in piedi una sorta di teatrino neobarocco che pare esplodere in una proliferazione cancerosa di innesti, collisioni, copulazioni formali. Si tratta di “abiti” precedentemente cuciti che vengono riempiti di poliuretano espanso fino al limite di una ipertensione di superficie: abiti che diventano indizi di una figuralità stravolta, caricaturale, mostruosa. Tanto più che l’artista interviene a ricoprire i vari elementi con l’uso di un cromatismo acceso, sgargiante, come a voler suscitare anche attraverso la pittura una sorta di libertinaggio visivo. Eppure tutto ciò che appare grottesco ed ironico produce anche un indicibile inquietudine. Di fronte a corpi troncati, a schiene che non conducono a nessun viso, a tentacoli che non si concludono in nessun corpo, sorge un sottile senso di allarme. E’ la minaccia che porta con sè l’inconoscibile, è il turbamento che suscita tutto ciò che è o-sceno (fuori dalla scena quotidiana).
Dalle Donne parte da un disegno dal realismo esagerato, anzi da un verismo da osservazione anatomica. Come se, baroccamente, egli avesse scoperto la segreta e orrorifica bellezza che può celarsi in una sala dell’autopsia. Un procedimento, quello del taglio, che l’artista impiega anche in una seconda fase del suo lavoro: quando cioè riprende fotograficamente il disegno, scomponendolo, riorganizzandolo, rinsaldandolo, fino a formare una stratificazione di parti, che danno l’impressione di fuoriuscire dal fondo e proiettarsi verso l’osservatore.
Sia Cavassori che Dalle Donne sembrano proporre una visione che non è più centrabile, ma che cambia di continuo il proprio angolo di percezione. Per entrambi l’arte costituisce un gioco di metamorfosi infinite, di immensa contaminazione di materiali, tecniche, forme. Un artificio esibito in tutta la sua potenzialità illusoria.