Bernard Dreyfus – Retrospettiva
La mostra retrospettiva dedicata a Bernard Dreyfus presenta più di 150 opere dai primi lavori degli anni 60 fino alle ultime opere.
Comunicato stampa
La mostra retrospettiva dedicata a Bernard Dreyfus presenta più di 150 opere dai primi lavori degli anni 60 fino alle ultime opere.
Bernard Dreyfus è nato nel 1940 in Nicaragua. La culltura dell'America Centrale segna la sua ispirazione da un’impronta quasi primitiva. La seconda influenza che il giovane Dreyfus receve è quella della Francia. La sua famiglia lo manda a studiare a Parigi et nel 1957 prende coscienza della propria vocazione pittorica e di sperimentarne le possibilità. Egli matura accanto agli artisti che frequenta: Chana Orloff, Mela Mutter ed altri, nonché personalità come Charles Vildrac e André Salmon. Tutti lo incoraggiano a perseguire la sua vocazione per la quale gli riconoscono un talento senza riserve. Bernard Dorival, allora vicedirettore del Musée national d'art moderne, esprime lo stesso parere incoraggiante.
Dopo Parigi Bernard Dreyfus si iscrive all’Art Center College of Design di Los Angeles, dove segue l'insegnamento del pittore astratto Lorser Feitelson. L'incontro con il fotografo e pittore americano Man Ray è diterminante. Dreyfus consegue presso questo istituto la Laurea nel 1965. José Gómez-Sicre, responsabile delle arti plastiche presso l'Organizzazione degli Stati Americani ed ex consulente di Alfred Barr al Museum of Modern Art di New York, gli procura la sua prima esposizione personale, nell'aprile del 1972 presso l'Organizzazione degli Stati Americani a Washington. Kitty Meyer, un'amica americana che vorrebbe convincerlo a trasferirsi a New York, gli fa conoscere Calder, Larry Rivers, Norman Mailer e altri nomi celebri della scena artistica newyorchese, ma Bernard Dreyfus sceglie la Francia. Dal luglio 1972, l'artista lavora nel suo atelier di Parigi. Le sue opere sono esposte negli Stati Uniti, in America del Sud, in Europa e in Asia.
La sua pittura è unica, è ancorata nella cultura amerindiana ancestrale, dove la terra dialoga con l'immensità del cielo e si rivolge agli spiriti del passato che abitano il nostro presente, in cui la sorgente della vita si stabilisce in un rapporto magico con le nuvole e i sogni. Il valore del tempo rientra in una cultura mitica e simbolica, in una concezione ciclica degli avvenimenti che contrasta fortemente con i dati cartesiani occidentali, aprendo così porte d'accesso a mondi soggiacenti. Questa impronta indelebile dello spirito ancestrale dell'America latina aleggia sull'opera dell'artista come un'anima sensibile che avrebbe impresso la memoria del pittore. Egli ne ha assimilato il carattere primitivo, che restituisce attraverso segni e cartografie enigmatiche che ci ricordano le civiltà Inca o Maya, in cui il graffito rituale e l'intenzione magica predominano in realizzazioni rupestri o parietali. Ne ha assorbito la luce e i colori in crepuscoli al tempo stesso oscuri e scintillanti, che suggeriscono notti animate di sogni e popolate di creature misteriose. La pittura di Bernard Dreyfus si precisa nel regno della poesia e raggiunge lo spirito magico che abita gli spazi infiniti di questi paesi senza frontiere.
La pittura di Bernard Dreyfus si potrebbe definire primitiva, quasi rupestre, poiché vi si ritrovano i caratteri che le civiltà più antiche incidevano sulle pareti delle grotte o sui muri delle nostre città. Essa riprende ombre incerte e sfumate, i temi fioriti dei papiri egizi o dei graffiti parietali. L'opera di Bernard Dreyfus stabilisce un ponte di eternità tra le culture e gli uomini, fra le tradizioni contraddittorie e l'infinita universalità della natura umana. Traduce, in questo, la propria dualità che Julio Valle-Castillo così descrive: «In Dreyfus sento, sperimento, la fusione di queste leggendarie migrazioni delle nostre due culture madri. Quella greca e occidentale e quella americana. Il suo «Universo» (1984), è precisamente questo stesso universo, l'umanità che avanza verso chissà quale meta.» L’arte di Bernard Dreyfus ci riporta alle sorgenti della nostra storia, ci è in qualche modo familiare, ci ricorda le composizioni parietali fatte di segni, di mani, di animali: stambecchi, cavalli, uccelli, figure umane e altri graffiti che abitano i siti archeologici più antichi e costituiscono i primi riferimenti della storia dell'umanità.
In occasione della mostra verrà pubblicato un catalogo da Cambi Editore, con un testo di Dominique Stella