Bernardo Bellotto – Il Canaletto delle Corti europee
L’esposizione presenterà sessanta opere in grado di ripercorrere tutto l’itinerario artistico del Canaletto delle Corti europee.
Comunicato stampa
Dopo il successo della mostra dedicata a Cima da Conegliano, con oltre 110.000 visitatori, Palazzo Sarcinelli di Conegliano si appresta a ospitare un’altra iniziativa di grande importanza storico-artistica.
Dall’11 novembre 2011 al 15 aprile 2012, le sale del palazzo cinquecentesco, nel cuore della città veneta, si apriranno alle opere di BERNARDO BELLOTTO (1722-1780) e dei maggiori vedutisti del Settecento.
Curata da Dario Succi, promossa dal Comune di Conegliano e Unascom Confcommercio della Provincia di Treviso, prodotta e organizzata da Artematica, con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, della Regione del Veneto e della Provincia di Treviso, l’iniziativa sarà realizzata grazie all’imprescindibile partnership con PromoTreviso.
L’esposizione ripercorrerà, attraverso 60 opere, l’intera avventura artistica di uno dei massimi esponenti del vedutismo veneziano, capace di sfruttare genialmente le scoperte e le conquiste tecniche dello zio Antonio Canal detto Canaletto, nella cui bottega Bellotto entrò come apprendista nel 1736.
Tra le importanti istituzioni pubbliche e private, italiane ed estere, che hanno concesso in prestito i loro capolavori, spiccano la Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda, il Liechtenstein Museum di Vienna, il Castello Reale di Varsavia, la Pinacoteca di Brera di Milano, l’Accademia Carrara di Bergamo, Palazzo Barberini di Roma, le Gallerie dell’Accademia di Venezia, la Galleria Nazionale di Parma, il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna, la Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli di Milano.
L’itinerario artistico di Bernardo Bellotto sarà scandito attraverso le tappe fondamentali della sua carriera, dalle vedute di Venezia e delle città italiane – Firenze, Roma, Milano, Torino – a quelle delle capitali europee: Dresda, Vienna, Varsavia.
Il percorso espositivo si aprirà con i dipinti giovanili dedicati alla città di Venezia, nei quali si rivelano le peculiari qualità stilistiche del maestro. Mentre nel Rio dei Mendicanti e la Scuola di San Marco, conservato nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, la veduta risulta ancora legata ai modelli canalettiani, assimilati durante il periodo di apprendistato, in altri dipinti, come nel Campo Santi Giovanni e Paolo, l’artista già rivela la propria cifra pittorica, caratterizzata da un’accurata definizione delle strutture architettoniche, da una luminosità argentea, da ombreggiature decise, dal verde smeraldo dell’acqua.
Al primo soggiorno a Dresda, durato dal 1747 al 1758, appartengono tre spettacolari tele di grandi dimensioni (135 x 240 cm), provenienti dalla prestigiosa Gemäldegalerie di Dresda, raffiguranti la città di Pirna, sul fiume Elba, a pochi chilometri dalla capitale della Sassonia. In questi quadri, veri paesaggi pastorali, Bellotto pone in risalto il carattere idilliaco della zona rurale attraversata dal grande corso d’acqua.
Il capolavoro del Liechtenstein Museum di Vienna, Il ‘palazzo in villa’ Liechtenstein a Vienna visto da est, è rappresentativo del periodo viennese. La tela, realizzata tra il 1759 e il 1760, è un esempio di come Bellotto, figlio della tradizione vedutistica veneziana, superi la rappresentazione puramente documentaria dei palazzi e dei giardini viennesi, tipica della pittura austriaca dell’epoca. Bellotto costruisce la veduta come una prospettiva teatrale barocca, ponendo in primo piano le figure destinate a diventare protagoniste della scena – in questo caso, il principe Josef Wenzel, la consorte e un’altra dama – i giardini, in tutta la loro profondità e, sullo sfondo, il belvedere e il palazzo.
Al periodo polacco (1767-1780), l’ultimo dell’evoluzione stilistica, verrà riservata un’attenzione particolare. Lasciata Dresda con l’intenzione di recarsi a San Pietroburgo, Bellotto fece una sosta a Varsavia dove fu accolto come pittore della corte del re Stanislao Augusto.
La protezione sovrana gli consentì di recuperare l’agiatezza economica e quel prestigio professionale che si era attenuato nel secondo soggiorno a Dresda (1762-1767). L’ambizioso monarca polacco aveva invitato artisti provenienti dai maggiori centri europei per organizzare la nascente Accademia di Belle Arti e costituire una prestigiosa collezione. Nell’ambito dei progetti di Stanislao Augusto rientrava l’edificazione del Castello di Ujazdow, per il quale Bellotto realizzò le prime vedute di Varsavia e un ciclo di sedici vedute romane, databili al 1768-1769, ispirate alle incisioni di Giambattista Piranesi. L’idea di accostare l’immagine di Varsavia a quella di Roma scaturì negli ambienti più vicini al re, forse con il contributo dello stesso Bellotto, perché la capitale polacca stava vivendo in quegli anni un momento di grande splendore. Verso la fine del XVIII secolo, Varsavia, con oltre 100.000 abitanti, era tra le città più popolate del continente europeo: lo sviluppo era stato favorito da un ceto finanziario, legato agli ambienti aristocratici, che vedeva nella Corte reale il fulcro di una vita culturale e scientifica capace di aumentare il prestigio al di fuori dei confini nazionali.
Una delle caratteristiche delle vedute di Bellotto del periodo polacco è il realismo delle scene di genere inserite nelle vedute, esemplificato in alcuni capolavori eccezionalmente presenti a Conegliano, tra cui la Chiesa di S. Croce e la Veduta del Sobborgo Cracovia dalla Colonna di Sigismondo, provenienti dal Castello Reale di Varsavia. Bellotto riprodusse con cura i dettagli delle architetture cittadine e i ritratti di alcuni personaggi, conferendo alle sue opere una grande attendibilità documentaria. Nel Palazzo di Wilanów visto dal parco – pure presente a Palazzo Sarcinelli – l’artista ritrasse l’allora ottantenne August Czartoryski, zio di Stanislao Augusto, con la moglie Maria Zofia, la figlia Izabella Lubomirska e la nipote Julia, su richiesta del sovrano che intendeva rendere omaggio alla famiglia di sua madre Konstancja.
Una particolare attenzione sarà dedicata alla sezione dedicata all’attività incisoria, ponendo a confronto i dipinti e le straordinarie acqueforti di cui Bellotto fu uno dei massimi maestri del tempo. Ricche di gustose scene tratte dalla vita quotidiana popolare, le incisioni, quasi tutte di grandi dimensioni, hanno il merito di restituirci le immagini settecentesche di Dresda e di Varsavia. In una di esse Bellotto si è autoritratto mentre sta dipingendo, accanto al re Stanislao Augusto, una veduta della capitale polacca.
Il percorso espositivo verrà completato da una ristretta, ma qualitativamente superba, selezione di opere dei grandi maestri del vedutismo - Canaletto, Carlevarijs, Marieschi, Francesco Guardi, Bernardo Canal - che con le loro innovazioni stilistiche hanno contribuito a diffondere universalmente il fenomeno del vedutismo e l’immagine di Venezia. La selezione mirerà a far comprendere l’ambiente culturale e artistico in cui si sviluppò la pittura di Bellotto e il suo modo di costruire equivalenze pittoriche della realtà, consentendo contemporaneamente al visitatore di cogliere l’evolversi della produzione vedutistica lungo l’arco del Settecento.
Catalogo Marsilio editori.
Il genere pittorico del vedutismo è stato oggetto negli ultimi decenni di molteplici studi, legati ad iniziative espositive che hanno sottolineato il crescente favore del pubblico per quello che viene concordemente considerato come il fenomeno più innovativo e caratterizzante nell’arte europea del XVIII secolo.
La peculiarità delle caratteristiche ambientali e architettoniche e la presenza di alcuni maestri particolarmente dotati fecero di Venezia il luogo ideale per la sperimentazione di un nuovo modo di ritrarre la capitale della Repubblica Serenissima, fissandola in una dimensione senza tempo.
Se Luca Carlevarijs contribuì in maniera decisiva alla svolta antibarocca dell’arte veneta evocando nei dipinti l’atmosfera distintiva della città e il valore mitico di una vicenda storica millenaria, Canaletto utilizzò quegli esempi per elaborare un repertorio di immagini organizzato con coerenza stilistica e una qualità espressiva assolutamente incomparabili. Su un piano diverso si svolge l’attività di Michele Marieschi che, riproducendo la città scenograficamente come un Gran Teatro, aprì la via alle visioni panoramiche di Francesco Guardi.
Bernardo Bellotto, entrato giovanissimo come apprendista nell’atelier dello zio, il Canaletto, si trovò in una condizione di assoluto privilegio, essendosi risparmiato un faticoso iter formativo, per affrontare direttamente gli specifici problemi del vedutismo. Questo vantaggio consentì all’allievo, prodigiosamente dotato, di bruciare le tappe di una carriera folgorante, portandolo ad operare al servizio delle prestigiose corti di Torino, Dresda, Vienna, Monaco, Varsavia.
Le capitali europee vennero ritratte in opere di raro incantesimo, dove l’equilibrio delle atmosfere immobili e la resa lenticolare degli edifici e degli elementi paesaggistici si traduce in una pittura capace di conciliare la limpidezza ottica della descrizione con la totalità dell’adesione sentimentale. Facendosi interprete dei principi di civiltà illuministica, l’artista immerse le vedute in una luce cristallina, tendenzialmente algida, che rende uniforme la nitidezza dei volumi architettonici quale che sia la distanza dall’occhio dell’osservatore: nulla deve turbare il rarefatto equilibrio espressivo, la fiducia in un’esperienza ordinata, la suggestione di una gabbia prospettica evocante uno spazio urbano perfettamente misurabile.
Quando nel 1747 Bellotto giunse in Sassonia per operare al servizio della più illuminata corte europea, Dresda era diventata il centro di irradiazione dell’arte e della cultura tardo barocche e il suo aspetto aveva subìto un profondo cambiamento per la lungimirante politica urbanistica e architettonica di Augusto il Forte e di Augusto III, impegnati a trasformare la capitale in una città di abbagliante bellezza.
L’arrivo di Bellotto coincise con l’ultimazione della maggior parte dei cantieri: la città ricostruita “secondo ragione” era pronta e l’artista veneziano ne divenne il cantore geniale in una stupenda serie di vedute. La realtà fenomenica diventa forma urbis ideale e, come la Venezia di Canaletto, (tramite le acqueforti di Antonio Visentini), anche la “Venezia del Nord” di Bellotto assurse a mito la cui divulgazione a livello internazionale venne affidata alle splendide traduzioni incisorie delle vedute. Dalla corte di Dresda Bernardo Bellotto si trasferì a Varsavia dove trascorse gli ultimi anni della sua vita al servizio di re Stanislao Augusto, collaborando all'organizzazione della nascente Accademia di Belle Arti e alla realizzazione dei progetti artistici del sovrano polacco.
Conegliano, settembre 2011