Bertozzi & Casoni – Evergreen
Per la prima volta Bertozzi & Casoni espongono a San Marino le loro sculture dipinte che hanno ottenuto fama internazionale e accoglienza in importanti Musei e in prestigiose gallerie d’arte grazie a iconografie complesse e coinvolgenti e ad un magistrale uso di un materiale come la ceramica portato a livelli espressivi e mimetici mai prima ottenuti.
Comunicato stampa
Per la prima volta Bertozzi & Casoni espongono a San Marino le loro sculture dipinte che hanno ottenuto fama internazionale e accoglienza in importanti Musei e in prestigiose gallerie d’arte grazie a iconografie complesse e coinvolgenti e ad un magistrale uso di un materiale come la ceramica portato a livelli espressivi e mimetici mai prima ottenuti. Nelle loro “contemplazioni del presente”, con riferimenti alla grande categoria artistica della vanitas, l’attrazione per quanto è caduco, transitorio e peribile diventa icona internazionalmente riconosciuta, di una, non solo contemporanea, condizione umana.
Agli ultimi due decenni risalgono le opere in mostra. Una mostra che per quantità di opere e termini temporali si presenta quasi come una antologica della loro produzione di maggiore successo. Un primo nucleo di opere “storiche” comprende “Albino al bar” del 2002 (un piccolo di gorilla albino seduto su un tavolo di Saarinen che offre ai visitatori un posacenere colmo di cicche di sigaretta); “Barile con pappagallo” del 2007 (dismesso barile di petrolio sovrastato da un bellissimo pappagallo); “Bardhal” del 2008 e, tra gli altri, “Minimi avanzi” del 2010 (un tavolino da bar a tre gambe che fa da base a una natura morta) e “Composizione n.14” del 2009, versione ridotta del tema delle cassette da pronto soccorso presentato alla Biennale di Venezia dello stesso anno.
Altro nucleo è composto dalla serie di borsette dai nomi “Lucrezia” e “Greta” ma anche “21 aprile” a suggerire un ipotetico evento. Un accessorio tra i più diffusi, normalmente chiuso e impenetrabile, diviene, se aperto, una occasione per entrare in un complesso mondo di oggetti che raccontano di vicende, di memorie e di contraddizioni. Tra esterno ed interno della borsetta si gioca la partita tra rappresentazione e realtà, tra teatralità e concretezza, tra illusioni e banalità.
Poi, alcune opere tra le più recenti (del 2020 e 2021) dedicate a omaggiare maestri come Gauguin, Van Gogh e Morandi sul solco di un immutato rispetto nei confronti della grande tradizione dell’arte. Un maestro del passato come Arcimboldo era già stato oggetto di reinvenzione con il ciclo delle “Cinque Stagioni” di cui sono in mostra “Studio per Estate” del 2012 e “Autunno” del 2020. A conclusione, si segnala l’opera “Ritratto” del 2019, eseguita nell’occasione del Festival della Filosofia di Modena dello stesso anno. La celebre ambiguità della “Mademoiselle Rivière” di Ingres viene sviluppata in un’inedita versione scultorea, interamente in ceramica, sostituendo il volto femminile con quello di una giovane gorilla.
In una sala collaterale, dedicata ai nuovi progetti, la Galleria Claudio Poleschi Arte Contemporanea presenta in anteprima le opere inedite del giovane artista Zeno Bertozzi con la mostra “Con tatto”. Zeno Bertozzi, laureatosi all’Accademia di Belle Arti di Bologna, ha già partecipato a varie mostre collettive e questa è la sua prima personale.
I suoi lavori iniziali hanno avuto come termine di confronto e di sperimentazione opere dell’antichità quali busti di Andrea della Robbia o la Venere di Milo, opera, quest’ultima, in mostra. Operando su calchi in gesso, Zeno Bertozzi ha selettivamente proceduto in una sorta di tatuaggio plastico del tenero materiale ottenendo effetti che stanno tra la calcificazione ossea, un effetto naturale e concrezioni della più diversa natura. Ne risulta una riflessione su un tempo che può alterare e variare superfici eterne per la loro classica bellezza e sul rapporto tra un epitelio perfetto e ammirevole (opera del pensiero e della mano dell’uomo) e un interno di ben diversa origine e aspetto.
Sotto il segno della metamorfosi, questo tipo di intervento, minuziosamente eseguito con la punta fine di un bulino, è stato poi ripetuto sulle altre opere presenti in mostra: lastre circolari o rettangolari – quasi suprematiste o minimaliste nella loro tautologica presenza – innescando anche per l’arte moderna un percorso di ritorno alla conformazione originaria delle materie e, in fondo, alla natura.