Beware Wet Paint
Beware Wet Paint proporrà un nuovo percorso, che vede la pittura come pratica autoreferenziale, interessata più alla propria memoria che alla rappresentazione del mondo o della psiche dell’artista.
Comunicato stampa
Questo autunno la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta tre mostre dedicate alla pittura. Beware Wet Paint (29 ottobre - 1 febbraio 2015), una grande mostra collettiva dedicata alle nuove tendenze della pittura internazionale. La mostra è prodotta in collaborazione con l'Institute of Contemporary Arts – ICA di Londra ed è curata dal suo direttore, Gregor Muir.
Beware Wet Paint comprende opere di artisti che considerano la pittura come parte integrante di una pratica multidisciplinare. Il titolo della mostra si rifà a un aneddoto di Richard Hamilton su Marcel Duchamp, che era solito ripetere queste parole lentamente, con un’enfasi sinistra sulla parola 'beware', attenzione, a sottolineare la natura dirompente di una forma d’arte solo in apparenza tradizionale. La mostra evoca anche il ruolo svolto in pittura dall’artista concettuale, e da chiunque possa essere definito ‘praticante senza licenza’, termine già utilizzato dall’artista americano Richard Prince per designare la propria pratica di ri-fotografare fotografie originali. L’espressione può essere ugualmente applicata al processo storico per cui la pittura è divenuta meno elitaria e sempre più accessibile a tutti.
La mostra colloca anche Christopher Wool, l'artista in mostra più maturo e celebre, fra gli esempi più rappresentativi di una nuova generazione di artisti accomunati dalla fascinazione per i processi concettuali e per le tecnologie digitali. Mentre le generazioni precedenti dei moderni e contemporanei guardavano alla fotografia di solito su giornali e libri come a una fonte di materiale, in primo piano oggi ci sono internet e i mezzi di comunicazione digitali a cui attingere immagini. Di conseguenza, la tradizione degli artisti che lavorano con la fotografia analogica, si è interrotta nel momento in cui siamo entrati in relazione con i media digitali, che Jeff Elrod definisce "senza attrito".
La mostra include opere di Korakrit Arunanondchai (Tailandia/USA, 1986), Isabelle Cornaro (Francia, 1974), Jeff Elrod (USA, 1966), Nikolas Gambaroff (Germania/USA, 1979), Nathan Hylden (USA, 1978), Parker Ito (USA, 1986), Oscar Murillo (Colombia/UK, 1986), Diogo Pimentao (Portogallo/UK, 1973), Pamela Rosenkranz (Svizzera, 1979), Ned Vena (Usa, 1982), Christopher Wool (USA, 1955).
Due monografiche affiancano come satelliti la mostra collettiva principale, due focus sul lavoro pittorico di un giovane, David Ostrowski, e di un'artista ormai storicizzata, Isa Genzken. La ricerca di David Ostrowski (Germania, 1982) sviluppa un'analisi della natura stessa della pittura.
Cercando di decostruire convenzioni classiche quali composizione, stile e gestualità, Ostrowski sperimenta attraverso velocità e imperfezioni, al fine di far entrare in gioco nell'immagine accidenti ed errori.
La mostra dedicata ad Isa Genzken (Germania, 1948) presenta per la prima volta in Italia un ciclo di lavori della fine degli anni Ottanta, un corpus di opere pittoriche meno note rispetto alle sculture e installazioni per cui Genzken è famosa. Sono olii su tela monocromatici che suggeriscono già nel nome, Basic Research, l’inizio di un percorso di sconfinamento e d’interazione con l’ambiente. Si tratta infatti di frottage del pavimento del suo studio, a metà tra pittura e scultura, che cercano una comunicazione non verbale con spazio e spettatori.