Black Bile and Sunflowers
Giuliana Rosso, Anna Ruth, Paolo Pretolani sono protagonisti della mostra collettiva ospitata nella galleria d’arte The Address, a Brescia
Comunicato stampa
La galleria The Address è lieta di presentare la mostra Black Bile and Sunflowers, collettiva degli artisti Giuliana Rosso (Chivasso, 1992), Anna Ruth (Melnik, 1994) e Paolo Pretolani (Assisi, 1991).
Nel loro vocabolario artistico congiunto, dipinti e grandi disegni su carta diventano metafore ibride di immagini del tempo materializzato, condizioni simboliche e spirituali per ripensare, sotto l’influenza di Saturno, le incertezze del fragile orizzonte del mondo contemporaneo.
Partendo da una rilettura del proprio passato, concentrandosi soprattutto sulla mitologia medievale, visioni apocalittiche costellate di figure enigmatiche quali mostri, animali, giocattoli, simboli, personaggi immaginari di un tempo indeterminato in cui l’occulto ed il quotidiano si mes- colano all’incertezza, gli artisti suggeriscono nuove idee di organicità dal sapore fiabesco. Attraverso una scenografia dai ritmi lenti, le opere si manifestano come spiriti tra le stanze della galleria in circostanze intrinsecamente luminose e plumbee al tempo stesso.
Giuliana Rosso dipinge tutta la vastità, l’irrequietezza ed il turbamento che offre la propria interiorità. Partendo da esperienze vissute, l’artista crea un mondo fatto di personaggi indeterminati, scene spaventose e incontri emozionali ambientati sullo sfondo di paesaggi reinventati al cui interno vi è la presenza di feticci tipici della generazione degli anni ’90. Bisogni primordiali, sguardi e desideri interagiscono nella precarietà dell’esistenza umana e vengono trasmessi, sulla tela e sulla carta, con l’intenzione di rivelare le vulnerabilità individuali all’interno della collettività. La fragilità e le paure si mescolano a un immaginario popolare e ad atmosfere fiabesche, alterate da colori acidi e dal fascino spiritico.
Disarm you with a simile, opera inedita, è forse il miglior esempio della sensibilità artistica a cui sono soggette le composizioni.
Giuliana realizza, tramite carboncino e gessetti colorati su carta da spolvero, uno scenario che sfrutta quasi interamente la parete al centro
della stanza principale. A colpire, oltre alle dimensioni maestose del disegno, è la capacità dell’artista di far entrare lo spettatore all’interno della scena sovvertendo il classico ordine di visione. L’opera racconta l’irrequietezza e le incertezze non solo del rapporto uomo-natura ma soprattutto della propria interiorità, tipica della fase dell’adolescenza e che tende a protrarsi per il resto della nostra esistenza. La figura principale viene ritratta con la testa appoggiata nell’acqua, quasi priva di sensi, lo sguardo nel vuoto, il corpo che galleggia in bilico tra la vite e la morte, men-
tre altri soggetti come un cane ed un distributore di merendine si affiancano ad essa in un connubio di ricordi e di immaginazione, donando al disegno una marcata ironia.
Addentrandosi tra le altre stanze della galleria, ciò che appare osservando i dipinti dell’artista di Praga, Anna Ruth, sembra essere l’erosione di tutto ciò che abbiamo apparentemente accantonato, e che finora ha composto parte delle nostre memorie collettive: frammenti di architetture gotiche, strutture simboliche intrise di cultura e di storia, suggeriscono cicli narrativi in bilico tra un passato glorioso e la paura per l’inquietante dilemma del presente. La morbidezza e la raffinatezza della pittura di Anna Ruth invita direttamente a sprofondare nel limbo tra sogno e realtà, a dissolversi nell’intimità e ad aprirsi a giocare a carte scoperte con simboli archetipici. Il colore prevalentemente monocromatico e terroso dei dipinti, la passione sfrenata per i materiali organici e la natura pulsante di forme animali e mitologiche ricorrenti quali cavalli, piante dal potere allucinogeno, musicanti di flauto traverso, figure angeliche e demoniache determinano una combinazione tra senso di incertezza e trascenden- za, condivisione collettiva e simbolismo onirico. Come suggerisce la tela nel cavò dal titolo, Inner Garden, delle semplici arcate possono trasfor- marsi in un principio di mitopoiesi sull’ignoto.
L’ interesse rivolto al carattere mitologico dei soggetti ed il simbolismo, l’immersione emotiva nel sibillino e impenetrabile mondo intriso di spirali dalle sembianze di antichi fossili, (come nell’opera Four-headed distress, Epopea, realizzata dall’artista con l’utilizzo di foglia di metallo e olio su cotone) non è solo un sintomo comune della società di fine secolo, ma anche una strategia diffusa appartenente alla società contemporanea.
A tal proposito la grande forza suggestiva delle opere di Paolo Pretolani indica il cammino dell’ artista per incarnare un’esperienza estatica,
con lo sguardo rivolto a temi e storie di culture e religioni differenti ponendosi da mediatore tra diverse forme storico-culturali. Omaggiando il “pittore della luce” Vincent Van Gogh nell’opera dal titolo Girasoli l’artista riflette sul desiderio inappagato di allontanarsi dalle proprie tensioni, rifugiandosi in una radicale alienazione della persona e dal mondo, incarnando la ricerca dell’unità perduta. La grande opera dal titolo Putiferio, Capriccio esposta nell’ultima sala svetta come un affresco post-apocalittico in una cattedrale sconsacrata. Essa si manifesta come una danza travolgente composta da un maestoso connubio tra figurazione ed astrazione, in cui gestualità tipiche della pittura occidentale sembrano avvin- ghiarsi con forza a figure demoniache giapponesi, manifestando una ricerca espressiva di estrema sensualità in un’anacronistica stratificazione del peso dello spirito e del tempo.
Cercare di immaginare il mondo circostante è un progetto profondamente umanista e, come tale, è pieno di tragicità e assurdità. Verrebbe da dire di necessaria “malinconica creatività”.
Riccardo Angossini