Boero | Dadamaino | Fiorelli | Raffaelli
Un tributo a quattro importanti interpreti dell’arte italiana, declinata al femminile, della seconda metà del ‘900.
Comunicato stampa
Un tributo a quattro importanti interpreti dell’arte italiana, declinata al femminile, della seconda metà del ‘900. Due generazioni a confronto: il passato si misura con il presente. Paradossalmente, le artiste riescono a instaurare un dialogo proprio attraverso l’utilizzo di linguaggi diametralmente opposti che si compenetrano gli uni con gli altri: pittura come processo naturale, l’utilizzo del vuoto come materia, schematizzazione dello spazio, modulazione fotografica.
Di Renata Boero (1936) saranno esposti alcuni Cromogrammi, opere degli anni Settanta: meditate, ripetute e perennemente incompiute, frutto di un “caso sorvegliato”, una pittura intesa come ritorno primordiale alla natura e agli elementi essenziali alla vita.
Di Dadamaino, pseudonimo di Edoarda Maino (1930-2004), nella sua Milano è stata una delle protagoniste di Azimuth insieme a Fontana, Manzoni e Castellani. A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta ha contribuito a elaborare una via alternativa al dominante Informale mediante i suoi Volumi e i Fluorescenti.
Emanuela Fiorelli (1970) costruisce architetture dinamiche, “tracciati e percorsi spaziali che diventano poi oggetti, incarnazioni di geometrie limpide”. Nelle sue opere si percepisce l’eco del clinamen lucreziano, un’arte atomistica che dal caos giunge alla creazione di opere in cui l’equilibrio estetico e spaziale si sommano.
Luisa Raffaelli, artista di origine torinese e architetto di formazione, incentra il suo lavoro sul tema della femminilità mediante la tecnica della Fotopittura. I soggetti delle sue opere sono figure femminili, quasi sempre anonime, che abitano e si muovono in ambienti surreali, fantastici e talvolta inquietanti.