Bruno Lucca – Come l’ombra
Con la mostra Come l’ombra – il titolo deriva dal motto latino Homo fugit velut humbra – l’artista vicentino inaugura la nuova stagione della galleria. La mostra, che e’ introdotta da un testo di Alberto Zanchetta, vuole mettere a confronto due momenti del lavoro di Lucca presentando opere realizzate una decina d’anni addietro assieme agli ultimi lavori.
Comunicato stampa
"Da alcuni anni lavoro occupandomi di temi quali l'identità, la diversità, l'apparenza, l'illusorietà, ma anche la perdita, la caducità, l'effimero, l'oblio", Bruno Lucca descrive con queste parole il suo percorso creativo; una ricerca che pur mantenendo la direzione precisa indicata dalle sue parole ha, nel corso del tempo, esplorato territori differenti. Il percorso ha avuto virtualmente inizio alle soglie degli anni 2000 – nel momento, se così si può dire, della piena maturità poetica ed espressiva dell'artista – proprio con una mostra alla galleria
Weber & Weber di Torino e che oggi, con questa nuova esposizione in quegli stessi spazi,
segna un nuovo livello di elaborazione.
Con la mostra Come l'ombra - il titolo deriva dal motto latino Homo fugit velut humbra - l'artista vicentino inaugura la nuova stagione della galleria. La mostra, che e' introdotta da un testo di Alberto Zanchetta, vuole mettere a confronto due momenti del lavoro di Lucca presentando opere realizzate una decina d'anni addietro assieme agli ultimi lavori. Due gruppi di opere che rappresentano il recente passato e il presente del lavoro di Lucca e mostrano le trasformazioni di una ricerca che si è evoluta inseguendo suggestioni intellettuali sempre nuove, seppure nella continuità di una tecnica pittorica quanto mai personale – uso dell'olio di lino puro steso in grandi campiture su tessuto; l'olio una volta essiccato crea superfici che hanno una consistenza, un peso e una materialità indefinibili: una sorta di durezza minerale creata dalla cristallizzazione dove la stesura è più densa e, nei bordi, sfumature soffuse, aloni vaporosi.
Il recente passato dell'attività di Lucca è rappresentato da alcuni quadri del ciclo Paesaggi: grandi figure, ieratiche e monumentali come statue doriche, sagome di corpi di cui si avverte l'immanenza, la presenza ineludibile e magnetica, eppure immateriali e vibranti, corpi così simili ad ombre e dunque fuggevoli, aleatori, effimeri. Immagini semplici da cui emana una misteriosa energia che costringono l'osservatore a un muto confronto, una specie di corpo a corpo interiore.
A queste tele si accostano i quadri dell'ultimo anno che oppongono alla silente sospensione dei Paesaggi una dimensione più narrativa e drammatica. Sono grandi pagine ispirate alla statuaria funeraria ottocentesca che raccontano – con una tensione emotiva estenuata tipicamente romantica – di corpi che cambiano stato e sostanza e vibrano sospesi in una luce che è insieme terrena e metafisica. Un corpus di opere che Lucca ha intitolato Astrazioni – astrazione è qui inteso come sinonimo di immateriale o spirituale – segnalando con precisione il suo interesse per figure in metamorfosi, che si staccano dalla nuda materia per dissolversi tra l'inquieto rivolgersi di luci e di ombre, di aloni, evanescenze, tremolii e segni di pastello nitidi come l'incisione di un bulino.