Bruno Marrapodi – This is Where I Live
La galleria presenta una doppia mostra: la mini-personale del giovane pittore italiano Bruno Marrapodi intitolata This is Where I Live al primo piano, e la collettiva intitolata Back to Future al piano della galleria.
Comunicato stampa
La galleria Glenda Cinquegrana: the Studio è lieta di presentare una doppia mostra: la mini-personale del giovane pittore italiano Bruno Marrapodi intitolata This is Where I Live al primo piano, e la collettiva intitolata Back to Future al piano della galleria, ovvero una mostra con Joseph Beuys, Vincenzo Castella, Giuseppe Chiari, Chantal Joffe, David Goldenberg, Guido Guidi, Bruno Marrapodi e Pierpaolo Mittica, in cui il confronto fra artisti di diverse generazioni si gioca sul piano della sperimentazione di forti affinità tematiche.
Al primo piano si trova la mostra personale comprendente quattro lavori recenti del giovane pittore milanese Bruno Marrapodi, intitolata This is Where I Live. Il titolo è ispirato dall’atteggiamento che i soggetti delle opere pittoriche instaurano con lo spettatore, siano essi uomini o animali, dove This is Where I Live rispecchia il loro intimo disvelarsi: sotto lo sguardo indagatore dell’altro, il soggetto, risponde con un atteggiamento incerto, ambiguo a cavallo fra il nascondersi e il raccontarsi. This is Where I Live è l’ambigua affermazione di sé che i soggetti mettono in atto, dinanzi agli occhi dello spettatore.
Al piano della galleria invece, Back to Future presenta una selezione di artisti di diverse generazioni a confronto all’interno di tematiche affini. Nel lavoro di Guido Guidi, Vincenzo Castella e in quello di Pierpaolo Mittica si intrecciano tre diverse visioni di sperimentazione sul tema del paesaggio. Mentre nel lavoro di Guidi si sentono gli echi di una ricerca documentaria che risale al Viaggio in Italia di Ghirri, in cui la fotografia è ordinario strumento di conoscenza, nella visione di Mittica si trova la stessa ispirazione umanistica alla documentazione, ma a fini di denuncia. Al colore acquerellato delle immagini di Guidi e alla visione panica della natura, Mittica sostituisce uno sguardo lirico, che si concreta nell’utilizzo di un bianco e nero saturo e denso. Per Castella, invece, l’idea della fotografia come strumento di conoscenza è superata in favore di una visione antropologica del paesaggio, che va alla ricerca di inediti punti di vista. Per Castella lungi dalla scelta di una visione di insieme, per citare un testo critico di Massimiliano Gioni, si tratta di lavorare sul dettaglio infinitesimale per dare vita ad una serie infinita di microvariazioni.
In dialogo, poiché le sole pittoriche, sono le opere di Bruno Marrapodi e di Chantal Joffe. Entrambi accomunati da uno sguardo pieno di humor sulla realtà, la Joffe, impiega sia nelle immagini di piccole dimensioni che nelle grandi una pennellata che è dotata di grande fluidità che, mista all’approccio straniante nella rappresentazione, crea ritratti che seducono e disarmano. Nella pittura di Bruno Marrapodi la stessa idea di straniamento è collocata all’interno di una figurazione poetica. A partire dalla tecnica, che mischia media diversi, l’artista sovrappone la realtà alla figurazione infantile, e rivela l’ambiguità e la minaccia tanto più si accosta al gioco.
All’interno di una stessa linea che è concettuale, performativa e utopica sono le opere di Joseph Beuys, David Goldenberg e Giuseppe Chiari. Nell’opera del primo, tratta dalla serie intitolata Passaporto per il Futuro, l’artista tedesco fa riferimento ad un’economia sostenibile quale passaporto per il futuro dell’uomo; Goldenberg nel lavoro più recente fa riferimento ad una crisi di linguaggio che è risolta all’interno di una visione utopica dell’arte che è la Post Autonomy. Solo all’interno di un nuovo scenario il dialogo fra culture costituisce lo strumento per rinnovar il sistema dell’arte dalle radici. In comune con questo lavoro di Goldenberg, è l’opera di Chiari, la cui matrice Fluxus con quest’ultimo trova in comune l’uso della performance quale strumento attivo di produzione artistica, unita all’improvvisazione. Chiari, sostenitore dell’interazione tra musica, linguaggio, gesto e immagine, ha elaborato azioni che si ricollegano alle esperienze neodadaiste e concettuali: ha composto "musica d’azione" che offre lo spunto per gesti che trovano proprio nella casualità e nell’improvvisazione la costante essenza della ricerca. Dalle prime partiture degli anni Settanta, dai collages a soluzioni pittorico-gestuali elaborate con segni, scritte e timbrature su pentagrammi, spartiti, fotografie, il lavoro trova negli anni Ottanta piena maturazione. Appartenente a questo periodo un’opera in mostra.
Biografie degli artisti
Joseph Beuys nasce a Krefeld, in Germania nel 1921. Dopo aver condotto studi in biologia, prende parte alla guerra come pilota bombardiere. Nel 1942 in Crimea il suo velivolo subisce un incidente, dal quale viene tratto in salvo dalle tribù tartare che ricoprono il suo corpo congelato di grasso animale e lo avvolgono in una coperta di feltro. Questi elementi, assieme ad altri materiali di natura animale investiti di profonde significazioni simboliche, saranno i fattori caratteristici della sua pratica artistica. Nel 1964 stringe amicizia con George Maciunas, fondatore di Fluxus, il quale lo introduce nel movimento, cui prenderanno parte insigni personaggi quali John Cage, Nam June Paik, Charlotte Moorman, Wolf Vostell. A partire dal 1965 realizza le performances storicamente più rilevanti, fra cui ricordiamo Eurasia, How to explain pictures to a dead hare, Infiltrazione omogenea per pianoforte a coda, I like America and America likes me, e 7000 Querce per la Documenta di Kassel. Muore a Düsseldorf nel 1986. Fra le esposizioni cui ha partecipato l’artista ricordiamo: le partecipazioni a Documenta, Kassel (1964, 1972, 1982) e alla Biennale di Venezia (1976); la personale al Guggenheim Museum, New York (1981). Le opere di Joseph Beuys sono contenute in alcune delle più rilevanti collezioni museali mondiali come il Guggenheim Museum, New York, Museum of Fine Arts, Boston, Museum for Modern Arts, New York, Dia: Beacon New York, Dia Chelsea, New York, Nasher Sculpture Center, Dallas, Texas, Walker Art Center, Minnesota, MOCA, Chicago, Lenbach House, Munich, Germania, Kunstmuseum Basel, Svizzera, Kunstmuseum Lucerne, Svizzera, Hallen für neue Kunst, Schaffhausen, Svizzera, Belgio, Tate Gallery, London, UK, Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen, Düsseldorf, StaatsMuseum, Berlin, Van Abbemuseum, Eindhoven, Olanda.
Vincenzo Castella nasce a Napoli nel 1952; vive e lavora a Milano. Dal 1975 usa la fotografia a colori. Nel 1998 inizia a lavorare a una serie di immagini sugli edifici e realizza ipotesi di narrazione visiva sulla complessità del tessuto e dell’intreccio delle città, producendo grandi stampe a colori da film di grande e grandissimo formato. La sua ricerca è basata sull'indagine dei concetti di distanza e dislocazione, a cui si aggiunge una particolare attenzione nei confronti delle possibilità identitarie dei materiali della fotografia. Dal 2006 costruisce installazioni video tratte da grandi negativi fotografici: il lavoro Cronache da Milano, realizzato nel 2007-08, viene presentato ad Art Unlimited – Basel nel 2009. Nello stesso anno realizza About Town, sulla relazione tra due quartieri di Amsterdam.
Giuseppe Chiari nasce a Firenze 1926. In questa città parallelamente agli studi universitari in matematica e in ingegneria si dedica alla musica studiando pianoforte e composizione. Attratto in particolare dalle esperienze di J. Cage, C. ha cominciato a interessarsi a ricerche sperimentali di musica visiva. Importanti per lo sviluppo artistico furono, nei primi anni sessanta, i contatti con gli esponenti newyorkesi del movimento internazionale Fluxus, al quale l’artista aderì partecipando, nel 1962, al Fluxus internationale Festspiele neuester Musik di Wiesbaden. Oltre che nell’ambito di significative rassegne collettive, da Documenta 5 di Kassel (1972) alla Biennale di Venezia (1972, 1976, 1978) a quella di Sidney (1990), ha sviluppato il suo complesso percorso artistico attraverso numerosi concerti e performances in Europa e negli Stati Uniti. Muore a Firenze nel 2007.
Chantal Joffe. Nata a Saint Albans, Vermont nel 1969, vive e lavora a Londra. Dopo aver conseguito l’MA al Royal College of Art, è stata premiata nel 2006 con il Royal Academy Woollaston Prize. Ha esposto a livello internazionale al Neuberger Museum of Art, Purchase, New York (2009); University of the Arts, London (2007), MIMA Middlesbrough Institute of Modern Art (2007), Royal Academy of Arts, London (2005), Galleri KB, Oslo (2005) and Bloomberg Space, London (2004).
David Goldenberg nato a Hitchin, Hertfordshire, UK nel e1956, vive e lavora a Londra. Da anni la sua ricerca si concentra sul concetto di Post Autonomy, che ha sviluppato in diverse mostre realizzate in importanti istituzioni italiane e internazionali, fra cui ricordiamo la recente mostra italiana alla galleria Glenda Cinquegrana: the Studio di Milano, intitolata the Scenarios of Post Autonomy nel settembre 2012, cui è seguita la performance In search of Post Autonomy a Palazzo Isimbardi nel novembre dello stesso anno, realizzata con la Provincia di Milano. A queste esposizioni aggiungiamo Template - Mobile Documenta, Chisenhale Studios, Londra (2011), The Space of Post Autonomy, Arts Depot, Vienna (2011), Plausible Artworlds, Basekamp, Philadelphia (2010), Mobile Documenta, Fordham Gallery, Londra (2009), The Time of Post Autonomy is now, Your Space, Van Abbemuseum, Eindhoven, Olanda (2009), the Space of Post Autonomy, Local operations, Serpentine Gallery, Londra (2007). Fra le collettive principali, Goldenberg annovera la partecipazione a diverse manifestazioni di rilievo internazionale, fra cui ricordiamo la Biennale di Venezia (2013), la Biennale di Berlino (2012), la seconda Biennale della Mongolia (2010), la decima edizione della Biennale di Istanbul (2007), la sesta Biennale di Sharjah, Emirati Arabi (2003). A queste si aggiungono diverse mostre in istituzioni pubbliche internazionali fra cui segnaliamo Jump into cold water, Shedhalle, Zurigo (2006), Century City, Tate Modern, Londra (2001), Out of space, Kolnischerkustverein, Germania (2000).
Guido Guidi nasce nel 1941 a Cesena, dove vive e lavora. Dal 1956 è a Venezia per studiare prima architettura e poi disegno industriale presso lo IUAV. Dalla fine degli anni Sessanta realizza importanti ricerche indagando il paesaggio e le sue trasformazioni. A partire dagli anni Ottanta partecipa a numerosi progetti di documentazione del territorio come l’indagine sulla città diffusa tra Venezia, Padova e Treviso, promossa dallo IUAV nel 1982, Viaggio in Italia (1983) ed Esplorazioni sulla via Emilia, Vedute nel paesaggio (1986), Archivio dello Spazio della Provincia di Milano (1991), l’indagine sull’edilizia pubblica dell’Ina-Casa (1999), Atlante Italiano 003 (DARC, 2003). Le sue opere sono state esposte in istituzioni italiane e internazionali, tra le quali il Fotomuseum di Winterthur, il Guggenheim e il Whitney Museum di New York, il Centre Georges Pompidou di Parigi, La Biennale di Venezia.
Bruno Marrapodi, nato a Milano nel 1982. Si forma in disegno industriale allo IED a Milano. Fra le sue mostre ricordiamo Outlandish, a cura di A. Lacarpia, Maelstrom Art Gallery di Milano (2011), Paradeigma, a cura di A.Trabucco, Romberg Arte Contemporanea Latina (2012), Caleidoscopio, galleria delle Battaglie, Brescia, 2012.
Pierpaolo Mittica (Pordenone, 1971) è un fotografo di reportage conosciuto a livello internazionale, vincitore nel 2013 del premio Best European professional photographer of the year nella categoria fotogiornalismo. Allievo di Walter Rosenblum, Naomi Rosenblum e Charles-Henri Favrod, ha ricevuto più di quaranta riconoscimenti internazionali e ha fotografato in Italia, Cina, Cuba, Vietnam, Bosnia, Kosovo, Serbia, Ucraina, Bielorussia, India, Indonesia, Bangladesh, Giappone. Le sue foto state pubblicate da diverse testate tra cui l’Espresso, Alias de Il Manifesto, Photomagazine, Daylight magazine.