Bunker
Da 73 anni il 25 aprile significa “Festa della liberazione d’Italia”. A Corato questa data conquista una nuova veste con BUNKER, mostra personale di Michele Giangrande a cura di Alexander Larrarte, promossa dalla CoArt Gallery, con il patrocinio del Comune di Corato, contributi critici di Giusy Caroppo e Roberto Lacarbonara.
Comunicato stampa
Da 73 anni il 25 aprile significa “Festa della liberazione d’Italia”.
A Corato questa data conquista una nuova veste con BUNKER, mostra personale di Michele Giangrande a cura di Alexander Larrarte, promossa dalla CoArt Gallery, con il patrocinio del Comune di Corato, contributi critici di Giusy Caroppo e Roberto Lacarbonara.
Un’operazione in contrasto con i caratteristici meccanismi che girano attorno all’organizzazione di un’esposizione d’arte contemporanea, ma che ne preserva i dettami e i significati alla base del fare arte. Negli spazi angusti dei sotterranei di Via La Pergola, tra le claustrofobiche pareti in cemento e l’eco di un passato lontano, una mostra d’arte contemporanea invade il sottosuolo coratino. Da una piccola porticina in ferro a livello stradale si accederà a una ripida scala diretta verso le viscere della terra. Il forte impatto con l’ambiente stretto e buio, consentirà di addentrarsi tra le opere, tutte realizzate per l’occasione, che potranno essere lette sia singolarmente che come unico progetto. L’allestimento curato dalla scenografa Angela Varvara con le musiche di Stefano Ottomano, contribuiranno ad accentuare il senso di disagio e malessere.
Michele Giangrande lavora nel campo dell'arte contemporanea con opere di carattere concettuale. Il percorso raccoglie opere site specific, “senza titolo” in omaggio alle vittime di tutte le guerre di cui non si è mai accertata l’identità.
“Un’operazione complessa dove luoghi del passato, cunicoli e gallerie della Corato sotterranea che univano chiese e monasteri al centro abitato, dopo secoli di storia, conoscono invasivi interventi di consolidamento con il cemento armato” - spiega il curatore, Alexander Larrarte. “La pietra, le volte, gli archi, le gallerie, perdono la loro funzione e si trasformano in un luogo altro, un camminamento sotterraneo diventa una fortificazione difensiva ipogea, un claustrofobico luogo di salvezza, un bunker. In questo scenario l’artista non è solo produttore delle opere, dove ogni opera è una tappa di un’unica installazione, ma anche catalizzatore di una scena in cui il pubblico è invitato ad essere co-protagonista. In un periodo incerto dove nulla è più garantito da nessun valore permanente, le opere sono caratterizzate da una forma di dualismo, i dubbi, le domande emergono dal sottosuolo e ci chiediamo se siamo in un luogo di salvezza o di pericolo.”
L’intero progetto sarà documentato da un film/documentario diretto da Alessandro Piva, documentazione fotografica di Marino Colucci.