Camilla Ancilotto – Mutaforma
Palazzo Collicola Arti Visive presenta CAMILLA ANCILOTTO, protagonista estiva lungo la planimetria gentilizia del Piano Nobile, qui dove gli occhi dialogano con la Storia abitabile.
Comunicato stampa
mmaginare l’arte come un gioco d’imprevisti e rivelazioni fulminee, d’immagini che si costruiscono e mescolano, di forme mobili tra leggenda e desiderio. Definire un mondo figurativo attraverso le fondamenta classiche che sostengono il peso liquido del contemporaneo. Inventare un codice linguistico tra pittura e scultura, sul crinale che aggiunge volumetrie plastiche alle epidermidi iconografiche della memoria. G.M.
Palazzo Collicola Arti Visive presenta CAMILLA ANCILOTTO, protagonista estiva lungo la planimetria gentilizia del Piano Nobile, qui dove gli occhi dialogano con la Storia abitabile. La logica d’ingaggio segue la regola d’uso del luogo: disporsi in silenzio con le proprie opere, calando con timida ma decisa ambientazione, senza modificare gli allestimenti d’origine, al contrario inventando confini di conversazione, abbassando la temperatura del passato, elaborando il paesaggio ideale di un linguaggio al presente.
Camilla Ancilotto si esprime attraverso un codice mobile che è marchio autografo ma, soprattutto, schema linguistico. Le opere sono puzzle pittorici dalle molteplici chiavi compositive. In pratica, girando i singoli parallelepipedi (o altre forme geometriche) su un asse (il principio del pallottoliere) si completa una singola immagine o si mescolano assieme immagini diverse. Viene a crearsi un’interazione in cui il fruitore potrà cambiare l’ordine sequenziale e, soprattutto, entrare nel principio dinamico del pensiero originario, completando un’opera che richiede azioni manuali, tattilità, immaginazione attiva, orientamento della fantasia. Si recupera così una tensione “leggera” che riconduce l’arte nel cerchio del dialogo, nel motore cinetico dell’opera viva, nell’apertura ludica che amplifica il valore estetico e il suo esito concettuale. E poi si aggiunge quel tono da rebus e sciarada, definendo la natura misteriosa e alchemica dell’opera, la sua vertigine magica, il suo tenore muscolare che scatena visioni catartiche.
Dice l’artista del suo lavoro: Percezione d’ambiente, scopo dell’allestimento, equazione di modello e prodotto, esecuzione in dettaglio, montaggio in serie, titolarità di un’idea visiva che affiora pian piano con lo smalto della pittura e al tempo stesso suggerisce un’infinita varietà d’interpretazioni.
Cosa accade nel mondo della Ancilotto? Per diversi anni spiccavano figure allegoriche e mitologiche che s’ibridavano con animali di varia provenienza. Giove, Venere, Adamo, Eva, Leda, Cupido sono stati compagni d’avventura, scelti per la loro empatia con il paesaggio naturale, le radici biologiche, l’origine degli archetipi. I riferimenti d’origine andavano a Michelangelo, Pontormo o Rosso Fiorentino, tra maestri di eros cromatico, di incarnati elegantemente moderni, di armonie che superavano fiaba e leggenda nel colpo plastico del teatro figurativo. Le silhouette d’origine rinascimentale s’ibridavano, nel caso della Ancilotto, con animali dalle vite letterarie, simboliche, ancestrali. Pappagalli, giraffe, calamari, piovre, iguane: catturavano subito l’atmosfera con quei pattern esplosivi, intriganti, tattilmente vivi, presenze armoniche di un mondo mitico che seguiva il principio filosofico di Leda. L’attitudine figurativa, sia negli ibridi uomo/animale che nella successiva statuaria classica, diventa metamorfica, avvolge la Bellezza, si avvinghia ai corpi in un abbraccio fetale. Un mondo d’energia in azione, di frangenti letterari insinuanti, di sinestesia e nuovi confini. Organico e inanimato che s’incrociano in un flessuoso rito armonico, animando l’eden di un luogo immaginario eppure immaginabile.