Camilla Delsignore / Alessandro Armetta

Informazioni Evento

Luogo
RICCARDO COSTANTINI CONTEMPORARY
via Goito, 8 - 10125 , Torino , Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

da martedì a sabato ore 11.00 | 13.00 – 15.00 | 19.30

Lunedì e domenica chiuso.

Vernissage
27/03/2025

ore 18

Artisti
Camilla Delsignore, Alessandro Armetta
Curatori
Virginia Fungo
Generi
arte contemporanea, doppia personale

Due mostre: Gliding Over All dell’artista Camilla Delsignore a cura di Ghëddo e L’autenticità dell’abuso di Alessandro Armetta a cura di Virginia Fungo.

Comunicato stampa

Giovedì 27 marzo 2025 dalle ore 18:00 la galleria Riccardo Costantini Contemporary inaugura nei propri spazi di via Goito 8 a Torino, due mostre: Gliding Over All dell'artista Camilla Delsignore a cura di Ghëddo e L'autenticità dell'abuso di Alessandro Armetta a cura di Virginia Fungo.

Le due mostre chiuderanno il 24 aprile 2025.

Gliding Over All

Camilla del Signore

INell’ambito di Il futuro è una schiuma cosmica, la terza edizione del bando TO.BE dedicato alla crescita professionale dellə artistə emergenti, che stanno completando o che hanno terminato la loro formazione, Riccardo Costantini Contemporary presenta la mostra personale di Camilla Delsignore “Gliding over all”.
La proposta espositiva curata da Ghёddo si inserisce in un programma più ampio di mostre che prevede la collaborazione tra artistə e spazi d’arte contemporanea di Torino. L’intero progetto è realizzato con il sostegno di Fondazione Venesio e con il patrocinio di Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e Città di Torino.
La mostra sarà accompagnata da un testo critico di Barbara Ruperti.

In Gliding over all (Scivolando su tutto), la personale di Camilla Delsignore in mostra presso Riccardo Costantini Contemporary, l’artista approfondisce il concetto di ciclicità dell’esistenza corporea, indagando il continuo mutare della materia in relazione al tempo e alla memoria.
Il lavoro di Camilla Delsignore si distingue per la sua capacità di generare un dialogo tra ciò che è visibile e ciò che è celato, operando al confine tra intensità e delicatezza.
Nella sua pratica l’interesse per una sperimentazione sul divenire del materiale è connaturato allo studio di organismi simbiotici, come funghi e batteri, che portano l’artista a creare delle forme aperte a continue evoluzioni.
La mostra presenta opere inedite e produzioni realizzate nell’ultimo anno, in cera, cenere e particolari membrane organiche. Nelle due sale della galleria sculture, disegni e installazioni compongono un environment da vivere lentamente, in ascolto degli impercettibili mutamenti dettati dal tempo.

Camilla Delsignore (Vercelli, 2000)

Vive e Lavora a Torino. Ha conseguito la Laurea Triennale in Scultura presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, dove attualmente frequenta il biennio di Decorazione. La sua ricerca affronta gli stereotipi intorno all'ambito familiare e alla casa, luogo spesso associato al lavoro femminile, interrogandone le implicazioni culturali e sociali. Più recentemente ha integrato al suo lavoro una riflessione materiale e poetica sull’impermanenza e la temporalità del corpo indagandone le molteplici declinazioni attraverso la presenza e l’assenza, sia nella dimensione corporea che spirituale.

Ghёddo un progetto di ricerca e un collettivo curatoriale indipendente attivo a Torino e composto da: Olga Cantini, Rachele Fassari, Davide Nicastro, Barbara Ruperti e Marta Saccani. Il collettivo è nato nel 2022 dall’esigenza di sperimentare e promuovere un dialogo aperto sulle pratiche artistiche e curatoriali contemporanee. Ghëddo si propone come incubatore per progettualità emergenti, con una visione curatoriale militante e un posizionamento etico attento alle anomalie del sistema dell’arte. Il nostro approccio si fonda sulla partecipazione, sull’interconnessione e su uno scambio orizzontale, privo di gerarchie.

L'autenticità dell'abuso

Alessandro Armetta

L’Autenticità dell’abuso esplora la dimensione estetica e temporale dell’abuso edilizio, concentrandosi su ciò che di esso permane oltre il gesto che lo ha originato. Le installazioni di Alessandro Armetta danno forma a una riflessione sulla persistenza degli scheletri edilizi, su come queste strutture, mai pienamente realizzate né del tutto demolite, diventino testimoni involontari di un passato irrisolto. Emblematico è il caso di Monte Pizzo Sella, dove l’abbattimento degli edifici abusivi venne interrotto dopo sole cinque demolizioni, lasciando il promontorio popolato da costruzioni mai abitate e ridotte a rovine premature. Lì, tra le crepe del cemento e le tracce delle fiamme che, nel tempo, ne hanno consumato le superfici, si cristallizza la memoria visiva dell’abuso: un paesaggio interrotto che non si cancella ma si stratifica, restando come documento tangibile di un’azione sospesa.
Dalla finestra di casa sua, Armetta ha osservato per anni questa collina, ha visto quelle strutture resistere nel tempo, sopravvivere agli incendi, ergersi come un triangolo di cemento verso il cielo. È in questa resistenza muta, in questa trasformazione dell’abuso in rovina e della rovina in paesaggio, che si manifesta la sua autentica natura. L’abuso edilizio non si dissolve con l’arresto dei responsabili, ma lascia dietro di sé un’impronta indelebile, una presenza che, proprio nella sua permanenza, diventa affascinante.

Se il paesaggio di Pizzo Sella è la matrice visiva e concettuale della mostra, le opere ne restituiscono una sintesi filtrata attraverso materia, ombra e frammento. Armetta si muove tra il macro e il micro, tra la monumentalità dell’architettura e la fragilità del dettaglio. Lavora con materiali poveri, legnetti e barre di ferro, elementi minimi che alludono tanto alla precarietà strutturale delle architetture incompiute quanto alla persistenza della loro memoria visiva. I suoi lavori sono scorci di edifici mai davvero abitati, relitti di un’espansione urbana interrotta, ma anche frammenti di paesaggi marini. Il tono grigio pervade le superfici, restituendo la sensazione di un tempo sospeso, in bilico tra costruzione e rovina. È il colore delle macerie appena crollate o di quelle che stanno per cedere, della materia che esiste ancora ma porta già i segni della sua dissoluzione. Come i tondini di ferro ritrovati a terra, ciò che resta non è più struttura, ma traccia di un passaggio, frammento di un processo interrotto tra espansione e collasso. Ciò che l’artista rappresenta non è l’evento dell’abuso edilizio, ma la sua sedimentazione: una struttura disgregata in cui la distruzione non è mai definitiva e la costruzione non è mai compiuta. In quest’atmosfera di sospensione appaiono linee rette verticali, elementi ricorrenti che attraversano lo spazio dell’opera come segni di resistenza o vestigia di un ordine architettonico perduto.

Nella pratica artistica di Armetta il gesto diventa ripetizione, accumulo, ossessione. I materiali che utilizza – scarti dell’edilizia, frammenti trovati – non sono solo elementi costruttivi, ma tracce di un processo che oscilla tra costruzione e demolizione, tra ordine e caos. Il suo approccio sembra quello di un organismo instancabile, simile a una formica che edifica pezzo dopo pezzo, con un’azione metodica e al tempo stesso compulsiva. Nelle opere in mostra il gesto si libera da una struttura predefinita e si affida al caso, come in un disegno che prende forma nell’atto stesso della sua esecuzione. Nei suoi acquerelli, il colore stratificato diventa un vortice in cui la materia sembra collassare su se stessa, un’agonia visiva interrotta solo da un’apertura, un impercettibile punto di fuga che suggerisce la possibilità di un’uscita. L’ossessione è motore e destino, un’azione incessante che costruisce e al tempo stesso erode, lasciando emergere immagini di un’architettura in perenne stato di incertezza.

Legno, ferro, bitume, resina, idropittura e gesso si combinano in una tavolozza grezza, che rimanda all’edilizia, ma anche alla fragilità di un mondo costruito senza solidità, su fondamenti precari. Inserisce nelle opere dei fili di lana o cotone che diventano un elemento di rottura, quasi un gesto involontario che si infila nella materia come una ferita, un rimando figurativo a qualcosa di lacerato. Le installazioni, pur nelle loro geometrie e nel loro rigore formale, parlano di fragilità, di muri che restano appesi a un filo sottile, con una tensione che li tiene sospesi. Queste "mura fragili" sembrano esistere al limite, mantenute in piedi solo grazie a un equilibrio delicato che sfida le intemperie e il tempo. I lavori di Armetta sono fermo immagine di un processo in corso, un’istantanea di ciò che accade tra la distruzione e la costruzione. Sono foto, ricordi, frammenti di un attimo che l’artista decide di immortalare, congelare e conservare. La casualità dei disegni è la testimonianza di un gesto che cerca di fissare l’infinito divenire del paesaggio umano e naturale, arrestando un momento di transizione, un equilibrio precario che resta come un eco nel tempo.

Virginia Fungo

Alessandro Armetta Nato a Palermo nel 1996, vive e lavora tra Palermo e Torino.Diplomato nel 2015 presso il liceo artistico Eustachio Catalano di Palermo,si è laureato nel 2021 presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo.
La sua ricerca si concentra principalmente sulla scultura e la pratica
installativa trovando la propria costante nell’utilizzo di materiali lignei e
ferrosi, in continuo riutilizzo e assemblaggio.

Virginia Fungo Laurea magistrale in Culture dei Media presso
l’Università degli Studi di Torino, ha conseguito il Master of Art alla Luiss
Business School di Roma.