Carbone 100

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA NAZIONALE - PALAZZO ARNONE
Via Gian Vincenzo Gravina , Cosenza, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al
Vernissage
09/11/2024
Curatori
Martina Cavallarin
Generi
fotografia

I racconti di una vita. Fotografie dal 1954 al 1990 | L’Arte, gli Artisti e la Performance.

Comunicato stampa

Dal 9 novembre al 15 dicembre 2024 la Galleria Nazionale di Cosenza ospita la prima prestigiosa tappa del progetto
CARBONE 100 I racconti di una vita. Fotografie dal 1954 al 1990, progetto ideato dalla project manager Marilena
Sirangelo e da Archivio Mario Carbone ed Elisa Magri, a cura di Martina Cavallarin.
Mario Carbone, nato a San Sosti, Cosenza, nel 1924, è una delle figure più rappresentative della fotografia e del
cinema documentario italiano del XX secolo, vincitore di prestigiosi riconoscimenti, tra cui il Premio San Marco al
Festival di Venezia e il Nastro d’Argento per la miglior fotografia in bianco e nero. Il suo obiettivo ha catturato con
sensibilità e acume i grandi mutamenti sociali e artistici del Dopoguerra, raccontando per immagini la realtà italiana con
uno sguardo che ha saputo unire la testimonianza visiva all’analisi sociale.
La Galleria Nazionale di Cosenza accoglie il nucleo centrale di questa ricerca dal titolo L’arte, gli artisti e la
performance. L’esposizione si incentra su fotografie e documentari che raccontano il rapporto di Carbone con artisti e
performer che hanno segnato il mutare dello scenario artistico del Novecento. Tra le opere più significative, la
documentazione delle performance tenutesi in occasione del Decennale del Nouveau Réalisme a Milano nel 1970 e della
Settimana Internazionale della Performance a Bologna nel 1977 tra le quali spicca l’iconica Imponderabilia di Abramović
e Ulay, azione nella quale il nudo non è semplicemente un elemento estetico, ma un potente strumento per smantellare le
barriere tra spettatore e performer, tra Arte e Vita.
La preziosa testimonianza che ci lascia Mario Carbone inizia con una serie di fotografie e video realizzati durante la
Prima Settimana Internazionale della Performance, avvenuta tra il 1° e il 6 giugno 1977 presso la Galleria d’Arte
Moderna di Bologna, evento epocale che introduce nuove forme d’interazione tra corpo, pubblico e spazio. La
documentazione di Carbone esplora la tensione tra azione dal vivo e registrazione, con scatti e filmati che amplificano
l’esperienza performativa dei 49 artisti coinvolti.
«Sotto gli occhi di tutti, almeno dei presenti, avvengono le esibizioni nude e dirette del corpo con tutti i
suoi prolungamenti; ma l’occhio nudo degli spettatori che fanno circolo è prontamente doppiato dai molti
occhi meccanici o elettronici degli apparecchi fotografici e delle “camere” che coi loro clic e il loro tenace
ronzio fanno da sottofondo».
Così scrive Barilli nel catalogo della rassegna, insistendo da un lato sull’importanza che la performance si fondi su un
accadimento condiviso e dall’altro sul valore della documentazione visiva, in grado di raggiungere gli assenti e costruire
un piano ulteriore di lettura.
Con la sua società di produzione, la D.A.R.C., Mario Carbone realizza sette cortometraggi a colori sulle performance di
artisti quali Hermann Nitsch, Marina Abramović e Ulay, Renate Bertlmann, Vincenzo Agnetti, Robert Kushner, Geoffrey
Hendricks e Brian Buczak, Giordano Falzoni, narrate attraverso la voce del curatore Renato Barilli. E con la macchina
fotografica cattura con sguardo acuto alcuni momenti chiave dell’evento, generando un’inestimabile raccolta di immagini
in bianco e nero.
L’itinerario tra le sale della Galleria Nazionale di Cosenza prosegue con un focus sull’iconica azione di Marina
Abramović e Ulay, Imponderabilia. I due artisti, al tempo coppia nella vita e nell’arte, nudi, si posizionano ai lati
dell’ingresso della Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna; il pubblico, per accedere al Museo, è invitato a
passare tra i loro corpi, generando così un’esperienza diretta e provocatoria di contatto fisico e confronto emotivo.
Sfidando le convenzioni che relegano la nudità in spazi separati e idealizzati, Abramović e Ulay la calano nella realtà,
dando vita a un’interazione diretta e forzata con la corporeità.
In mostra sono presentati il cortometraggio diretto da Carbone e una selezione di scatti fotografici che, documentando la
performance, immortalano questi momenti di intensa interazione tra pubblico e artista.
Terminato il percorso tra le fotografie che documentano la Settimana della Performance, in una sala successiva il
visitatore può entrare in contatto con un altro fenomeno che ha segnato un passaggio importante nel panorama artistico
internazionale del Novecento, ovvero il Decennale del Nouveau Réalisme – Milano, 1970. Organizzato dal critico
francese Pierre Restany e dal direttore della Galleria Apollinaire, Guido Le Noci, l’evento segna sia l’apice che la “fine”
simbolica di un movimento che, con la sua pratica di riappropriazione del reale, aveva introdotto una nuova visione
dell’arte. Con i Nouveaux Réalistes, infatti, l’opera da “imitazione” si fa “presentazione” diretta del quotidiano, spesso
attraverso l’uso di materiali e oggetti comuni, solitamente scartati dalla società consumistica.
Inaugurata il 27 novembre con la grande esposizione retrospettiva alla Rotonda della Besana, la celebrazione del
decennale attira i protagonisti del movimento – Arman, César, Christo, Gérard Deschamps, François Dufrêne, Raymond
Hains, Mimmo Rotella, Niki de Saint Phalle, Martial Raysse, Daniel Spoerri, Jean Tinguely e Jacques Villeglé – che, con
le loro performance pubbliche, tra provocazione e spettacolo, trasformano il centro di Milano in un teatro d’avanguardia.
Le fotografie di Carbone offrono una testimonianza unica della vivace atmosfera di quegli eventi e dell’“Ultima Cena”
dei Nouveaux Réalistes, un banchetto rituale che segna simbolicamente la conclusione di questa esperienza. Ogni artista
riceve piatti ispirati alla propria opera e a Pierre Restany, teorico del movimento, viene offerta una torta a forma di tiara
pontificale che, in un gesto simbolico, Spoerri tenta di distruggere.
L’esposizione, infine, ci offre un altro spaccato significativo, ovvero il rapporto tra Mario Carbone e gli artisti che fra
gli anni Sessanta e Ottanta gravitano attorno a Piazza del Popolo.
Grazie anche al ruolo fondamentale della moglie, Elisa Magri, che attraverso la Galleria Ciak promuove autori emergenti
e d’avanguardia, il fotografo ha modo di interagire profondamente con questo ambiente, immortalando i protagonisti della
stagione artistica romana. I suoi scatti ritraggono figure chiave come Renato Guttuso, Tano Festa, Mario Schifano, Titina
Maselli, Antonietta Raphaël Mafai e Franco Angeli, il quale già nel 1960 è soggetto di Inquietudine, primo
cortometraggio di Carbone.
La sua attività non si limita alla fotografia: attraverso la sua casa di produzione D.A.R.C. realizza documentari e serie
divulgative come Attraverso l’arte moderna (1979) e il programma RAI Artisti allo specchio. Si tratta di progetti destinati
rispettivamente alle scuole e alla televisione e che coinvolgono autori di diverse generazioni e movimenti, tra i quali
Enrico Baj, Carla Accardi, Mimmo Paladino, Mario Schifano, Mimmo Rotella.
La documentazione visiva di Mario Carbone riguarda straordinari eventi e mostre, e narra al contempo un’epoca cruciale
per l’arte italiana, in cui Roma è polo ricettivo e centro nevralgico di produzione e sperimentazione in un Paese in pieno
cambiamento.
CARBONE 100 I racconti di una vita. Fotografie dal 1954 al 1990 si arricchisce di successive esposizioni presso il
Liceo Classico B. Telesio, RiMuseum – Università della Calabria e MAON Museo d’arte dell’Otto e Novecento.
Un viaggio nell’Italia meridionale vista attraverso immagini che ne ritraggono riti e tradizioni, è l’esperienza che si
compie visitando il RiMuseum dell’Università della Calabria che espone foto dal grande valore antropologico, e la
Biblioteca Storica del Liceo Classico B. Telesio. Qui gli scatti del soggiorno in Lucania compiuto con Carlo Levi
testimoniano i luoghi di Cristo si è fermato a Eboli.
Il MAON ospita una giornata di studio sulla resilienza e sul legame fra arte e rinascita, con un focus sulle fotografie
dedicate al terremoto del Belice del 1968 e successiva ricostruzione, e la realizzazione a Gibellina nel 1990
dell’installazione La montagna di sale di Mimmo Paladino.
Mario Carbone è l’emblema di una stagione culturale di grande fermento, popolata da figure il cui pensiero, rivolto ai
temi sociali, non è stato da questi circoscritto poiché in grado di tradurre la realtà dell’uomo dalla sua condizione più
intima ed esistenziale al suo movimento collettivo e disordinato. Figure come Pier Paolo Pasolini, Giulio Carlo Argan,
Elsa Morante e altri, che hanno fatto della disamina della cultura sociale il loro spazio d’azione. E Mario Carbone ha
catturato questo spazio, questa realtà, questo movimento, con la mente e con la macchina, nel ruolo di fotografo, direttore
della fotografia e regista, grazie anche alla casa di produzione D.A.R.C. da lui fondata. Nel corso del secondo Novecento
ha prodotto l’immaginario di contenuti che ancora oggi ci descrive e ci identifica, in un modo che egli stesso ha definito
“intuitivo, spontaneo e non meditato”. Dal viaggio con Carlo Levi in Lucania nel 1960 alle prime immagini dell’alluvione
di Firenze del 1966, il cui docufilm Firenze, novembre ‘66 gli valse prestigiosi riconoscimenti, tra cui il Premio San
Marco al Festival di Venezia e il Nastro d’Argento per la miglior fotografia in bianco e nero. E ancora i grandi
sconvolgimenti del ’68 italiano come il terremoto del Belice e la manifestazione studentesca di Valle Giulia a Roma.
Testimonianze che, proprio come la documentazione artistica che ha impiegato larga parte della sua produzione, si
lasciano interpretare per il solo privilegio, dato e dovuto, di rappresentare un periodo troppo denso di relazioni e troppo
esteso di avvenimenti per essere descritto solo con le parole. Ecco allora che le immagini di Mario Carbone vengono in
soccorso depositando contenuti, sedimentando sensazioni, accompagnando la presenza della storia.