Carlo D’Oria – Uomini
Volti indecifrabili, corpi senza identità: questi sono i personaggi delle opere di Carlo D’Oria. Guardandoli percepiamo storie drammatiche, sofferenze, tragedie, siamo noi, siamo noi nello spazio e nel tempo di tutti i giorni. Uomini in viaggio, uomini con tutto il peso dell’umanità addosso; uomini fatti di vene muscoli e rughe che sono ferite, uomini che si aggirano con la loro sofferenza solidificata tra le mani.
Comunicato stampa
Lo studio associato Ambientalia, ing. Vittorio Rungo e ing. Angela Sarappa, attraverso un’ attenta rilettura della storia e della
tradizione del buon costruire riprende un percorso tecnologico interrotto.
Ridare spessore a una sapienza spesso dimenticata e dare risposte semplici ad esigenze fondamentali come quelle di costruire e
abitare in modo sano e consapevole.
Oggi è certamente possibile, non certo attraverso l’esasperazione tecnologica, perseguire una pratica edilizia che rimetta l’ uomo
e la natura al centro del proprio operare.
Per questi motivi Ambientalia, in collaborazione l’Associazione Momus arte e design e con la galleria d’arte Square 23,
ha deciso dare il benvenuto ai propri partners e amici nella nuova sede operativa presentando la mostra personale dell’ artista
torinese Carlo D’Oria “Uomini”.
La scelta è dettata dalla particolare sensibilità di questo artista nell’interpretare e nel fissare attraverso la scultura le sofferenze
e le esigenze dell’uomo.
Uomini, Carlo D’Oria
Volti indecifrabili, corpi senza identità: questi sono i personaggi delle opere di Carlo D’Oria.
Guardandoli percepiamo storie drammatiche, sofferenze, tragedie, siamo noi, siamo noi nello spazio e nel tempo di tutti i giorni.
Uomini in viaggio, uomini con tutto il peso dell’umanità addosso; uomini fatti di vene muscoli e rughe che sono ferite, uomini
che si aggirano con la loro sofferenza solidificata tra le mani. L’opera di Carlo D’Oria ha un importante significato naturalistico
“straumano” da girone dantesco nella sua intensità più grande.
L’ artista ci offre il suo sguardo satellitare, visto dall’alto, che osserva nascosto tra le nuvole a migliaia di metri sopra le nostre
teste; uno sguardo apparentemente lontano che ci è profondamente, terribilmente, dolorosamente famigliare.
Uomini condannati a vagare in un tentativo frenetico di sfuggire alla morte; uomini silenziosamente urlanti che stanno in bilico
sull’orlo di precipizi infiniti, a ridosso di vuoti cosmici fatti di paure, di incertezze, di inquietudine.
Ed è proprio nell’inquietudine dell’essere umano che si annida il tarlo del dolore dell’uomo, la sua incapacità di muoversi e
attraversare il vuoto.
Gli uomini di Carlo D’Oria sono soli in mezzo a tanti come tutti siamo con l’unico vantaggio di appoggiarsi all’ombra, un’ ombra
fissa nella sua immobilità bronzea o d’ acciaio.
Uomini che nel massimo della loro bellezza si fanno fiori di bronzo, petali pesantissimi da staccare ad uno ad uno appesi a steli
altissimi dai quali cadere in una caduta continua.