Carlo Gajani
La mostra, nata da un’idea di Renato Barilli e resa possibile dalla disponibilità della vedova dell’artista, Angela Zanotti, si è sviluppata grazie a una collaborazione tra le Gallerie Civiche di Palazzo Ducale e l’Accademia di Belle Arti di Bologna, con l’intento di portare all’attenzione del pubblico, in un allestimento firmato dal curatore e dal direttore dell’Accademia, Mauro Mazzali, ed articolato in entrambe le gallerie di Palazzo Ducale, a pianoterra e nei sotterranei, il corpus definitivo dell’opera di Carlo Gajani.
Comunicato stampa
La mostra, nata da un’idea di Renato Barilli e resa possibile dalla disponibilità della vedova dell’artista, Angela Zanotti, si è sviluppata grazie a una collaborazione tra le Gallerie Civiche di Palazzo Ducale e l’Accademia di Belle Arti di Bologna, con l’intento di portare all’attenzione del pubblico, in un allestimento firmato dal curatore e dal direttore dell’Accademia, Mauro Mazzali, ed articolato in entrambe le gallerie di Palazzo Ducale, a pianoterra e nei sotterranei, il corpus definitivo dell’opera di Carlo Gajani. Figura centrale ed eclettica, Gajani a partire dagli anni ’60 del ‘900 è tra i primi artisti in Italia ad affrontare lo snodo affascinante tra fotografia e pittura. Sia a livello teorico che pratico, nel corso degli anni lavora in particolare al tema del ritratto in pittura a partire dalla mediazione fotografica, estendendo poi la sua ricerca alle grandi categorie del nudo e del paesaggio, sia nel contesto delle metropoli del nord America, sia nell’atmosfera tipica delle sue terre, nella pianura padana della valle del Po, per ritornare negli ultimi anni a indagare, in un rigoroso bianco e nero, le vecchie case, i casolari, le campagne dell’appennino Modenese, quello stesso appennino che oggi ospita a Palazzo Ducale la mostra, nella continuità tra un artista, le sue libere elezioni di stile, il richiamo del suo ambiente originario
Carlo Gajani nasce a Bazzano di Bologna l’11 gennaio del 1929, dopo gli studi al conservatorio di Bologna, a 24 anni si laurea in medicina ma già verso la fine degli anni ’60 abbandona una promettente carriera professionale per dedicarsi esclusivamente alle arti figurative: pittura, fotografia, incisione, e iniziando nel contempo l’insegnamento di Anatomia artistica all’Accademia di Belle arti, prima a Urbino poi a Bologna. Carlo Gajani muore il 14 dicembre 2009 ai “Grotti”, la casa della sua infanzia nelle campagne di Zocca.
Carlo Gajani si può considerare un convinto aderente alla concezione impostasi nel ’68 e nota come “morte dell’arte”, dove però più semplicemente si poneva fine al dominio dei pennelli e della tavolozza, a favore di mezzi tecnologici, primo fra i quali la fotografia. Gajani ha proceduto su questa strada con tenacia e coerenza, attraverso tappe di avvicinamento, la prima delle quali è consistita nell’adottare il divisionismo, alla maniera di Serurat, ma così anticipando i pixel di cui è composta la dilagante immagine televisiva. Poi, alla maniera Pop, ha proiettato sulla parete le foto di personaggi influenti (Calvino, Eco, Moravia, Zangheri…) estraendone i contorni a larghi tratti. Quindi si è specializzato in una serie di nudi femminili contornati da drammatiche ed enigmatiche zone di oscurità, infine si è misurato col paesaggio, sia di una megalopoli quale New York, sia delle nostre ben più umili campagne e colline, ma anche in questo caso lo strumento fotografico gli è servito per condurre scavi in profondità, l’obiettivo è stato quasi il prolungamento della mano intenta ad accarezzare prati e colline.
Renato Barilli