Carlo Mattioli – La natura indomita

Informazioni Evento

Luogo
GALLERIA STEFANO FORNI
Piazza Cavour 2, Bologna, Italia
(Clicca qui per la mappa)
Date
Dal al

da martedì a sabato 10.00 - 12.30 / 16.00 19.30

Vernissage
12/10/2013

ore 18

Artisti
Carlo Mattioli
Generi
arte contemporanea, personale

Un artista Mattioli che con uno sguardo sempre attento alle nuove tendenze non ha mai abbandonato la “pittura” sospesa tra formale ed informale.

Comunicato stampa

Sabato 12 Ottobre alle ore 18.00, dopo le importanti mostre in Vaticano al Braccio di Carlo Magno nel 2011, a Bologna presso il Museo Morandi nel 2012 e al MUSMA di Matera nel 2013, ritornano a Bologna le opere di Carlo Mattioli, uno dei grandi maestri del Novecento italiano, con una mostra alla Galleria Stefano Forni che da sempre è stata attenta al suo percorso umano ed artistico. In galleria saranno visibili una trentina di opere tra oli, tecniche miste e disegni.
Un artista Mattioli che con uno sguardo sempre attento alle nuove tendenze non ha mai abbandonato la “pittura” sospesa tra formale ed informale. Nel suo percorso ha esplorato il vasto terreno del linguaggio pittorico spaziando tra oli, disegni, grafica e scultura. La sua pittura si è rinnovata attraverso l’esplorazione di soggetti legati alla memoria, all’introspezione, all’inquietudine esistenziale dell’uomo, una ricerca che lo porta ad usare la tavolozza a tutto tondo. Ai colori espressi con modalità monocroma, i famosissimi “paesaggi bianchi”, si contrappongono i “neri notturni”, le figure e i paesaggi, nei quali al colore vivo si mischia l’ispessimento materico.
Va sottolineato il suo legame con la letteratura e la poesia e la sua attività di illustratore e importante incisore. Sarà presente in varie Biennali già dal 1940. Di lui si sono occupati i più importanti critici italiani.

Il catalogo realizzato per questa piccola antologica bolognese vede un testo appassionato di Beatrice Buscaroli ed è impreziosito da un racconto visionario di Paolo Crepet.

La mostra sarà inaugurata con l’intervento di Beatrice Buscaroli, importante critico d’arte e docente di Arte Contemporanea che scrive: “La sorpresa di Carlo Mattioli è la sua libertà. Basta una piccola antologica come questa a rivendicare l’autonomia della grandezza, rispetto ai destini conosciuti, agli scontenti rivendicati, alle secche saline di una storia dell’arte che in nessun altro paese è stata succuba degli eventi come nel nostro. […] La libertà di Mattioli sembra ancora cresciuta, oggi. Il terreno in cui vagava, tutta l’arte antica e la contemporanea, come una sorta di repertorio, a disposizione. Vede nascere la storia dell’arte accanto a lui, l’amicizia di Roberto Longhi e la sua curiosa propensione per il Novecento. Questa la sua grandezza, il suo lascito, la sua fortuna. Anche la fortuna di chi scopra e continui a scoprire, sempre, opera dopo opera, l’inconclusa vicenda di un modo di vivere l’arte diverso da tutti.”

CON PREGHIERA DI PUBBLICAZIONE E DIFFUSIONE

Note biografiche

Carlo Mattioli nasce l’8 maggio 1911 a Modena in via Canalchiaro, una strada accanto al duomo romanico. Il primo diploma in Belle Arti conservato dalla famiglia risale al 1821 e un Mattioli, lontano antenato, si dice, fu l’ultimo artificiere del duca di Modena. Il nonno fu decoratore dal tocco straordinariamente agile: fioriva di rose e pergolati ville e palazzi della provincia modenese incantando Carlo che, ancora bambino lo seguiva nei suoi viaggi estivi: il suo compito alla sera era di pulire e riporre pennelli e barattoli. Ricorderà per sempre le lunghe notti estive di malinconia struggente pur al seguito di una brigata bizzarra e rumorosa. Il padre Antonio, dalla mano leggera e felice, dopo esordi pittorici assai promettenti, lascia sempre meno tempo al disegno per vivere in prima linea e con il fervore di un purissimo neofita l’affermarsi degli ideali socialisti. La nuova cattedra di Antonio a Casalmaggiore costringe la famiglia a trasferirsi a Parma dove Carlo può seguire regolari studi all’Istituto di Belle Arti. Diplomatosi, comincia immediatamente ad insegnare a Parenzo in Istria, ad Arezzo, a Parma, prima all’Istituto d’Arte Paolo Toschi, poi all’Istituto Magistrale dove trova come collega ed amico carissimo il poeta Mario Luzi suo coetaneo, a Firenze ed infine a Bologna. Intanto a Parma frequenta il Circolo di Lettura e il Caffè San Paolo dove si incontra con i giovani intellettuali che allora gravitavano nella vivace orbita culturale della città: Oreste Macrì, Pietrino Bianchi, Mario Luzi, Attilio Bertolucci e altri.
Dalla fine degli anni trenta Lina, sposata nel ’37, è l’assoluta protagonista dei suoi dipinti; sono i primi ritratti e i primi nudi. Si apre allora, negli anni quaranta, la stagione della grafica che avrà poi altre straordinarie parentesi come quella delle numerose illustrazioni degli anni sessanta, testimonianza del suo interesse mai sopito e della sua profonda conoscenza della letteratura europea. Vedono la luce Vanina Vanini e la Chartreuse de Parme di Stendhal (dal 1961), i Ragionamenti dell’Aretino (dal 1960 al 1964), i Sonetti del Cavalcanti contemporaneamente alle Novelle del Sermini (1963), il Belfagor del Macchiavelli. Culmina nel 1968 il Canzoniere del Petrarca a lungo meditato e la Venexiana.
Del 1943 è la prima personale alla Galleria del Fiore di Firenze. La presenta Alessandro Parrochi su sollecitazione di Ottone Rosai. Dal 1948 Mattioli è puntualmente presente alle varie edizioni della Biennale di Venezia dove riceve, nel 1956, dalla commissione presieduta da Roberto Longhi, il Premio Comune di Venezia per un disegnatore.
È diventata “storia” della famiglia la prima visita di Carlo Ludovico Ragghianti alla studio di via San Nicolò; una reciproca autentica scoperta: in un angolo dello studio giaceva a terra un ammasso di vecchie, grandi carte incollatesi tra di loro per la travolgente vena del pittore che letteralmente gettava foglio su foglio senza attendere che il colore si asciugasse. Ragghianti smembra questo corpo informe riportando alla vita, con le tempere, uno dei grandi cicli dei nudi da lui esposti e commentati nel 1965 in una mostra all’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Pisa. Gli olii dello stesso soggetto, dopo le prime prove durante la guerra hanno subito una radicale rivisitazione tra il 1960-62. Seguono immediatamente dal 1965 le nature morte ocra, nere, brune e grigie, dense, grumose e lievitanti, i cestini del Caravaggio e le vedute di Parma e del duomo dalla finestra dello studio che era proprio accanto alla cattedrale dove Carlo si era accasato giovanissimo sempre attratto dalla fabbrica romanica e dalla sua atmosfera. Il 1969-70 è il biennio dei notturni su cui scriverà memorabili pagine Roberto Tassi. Negli anni settanta poi, dopo la ripresa di vecchi temi si apre l’era dei paesaggi che coprirà anche il decennio successivo. Sono forme di frequentazione e consuetudine antiche viste, meditate infine disseppellite dopo molto tempo in un’esplosione di colori per lui inediti: le spiagge, i campi di papaveri e di lavanda, le ginestre, le aigues mortes, gli alberi, la Versilia, le colline di Castrignano, le foreste di Birnam, i boschi. Dal 1974 al 1985 nascono i ritratti della nipotina Anna con i nuovi colori dei paesaggi; ma non sono che gli ultimi di una lunga serie che risale a quelli di Lina, a quelli più tardi della figlia Marcella, a quelli degli amici scrittori, poeti, pittori e giornalisti. Nel 1983 muore Lina. Nello stesso anno avviene la grande donazione all’Università di Parma, esposta nelle Scuderie della Pilotta e promossa da Arturo Carlo Quintavalle. Nel 1982 vengono creati i muri e le travi del ciclo per una crocefissione, tenebrosa lancinante preparazione per i grandi Crocifissi ora collocati in S. Maria del Rosario e in San Giovanni Evangelista a Parma e in San Miniato al Monte di Firenze. Ma anche l’Arte Sacra è un capitolo iniziato molti anni prima nell’attività di Mattioli, come possono testimoniare mosaici, altari, vetrate e sculture in numerose chiese di Parma. Negli anni ottanta vengono allestite grandi mostre antologiche e monografiche: al Palazzo reale di Milano nel 1984, al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, a Palazzo Te a Mantova, al Musée Rimbaud di Charleville Meziéres nel 1986 e in altre prestigiosissime sedi in Italia e all’estero fino alle ultime dello CSAC di Parma, della Fondazione Magnani Rocca, del Museo della Cattedrale di Barcellona, del Lussemburgo nel 1998 e del Palazzo della Pilotta di Parma nel 2004. Nel 1993 esegue gli ultimi quadri a olio. Una nuova pagina. Sono calanchi bianchi, come fantasmi di pietra con lunghe e stecchite radici di tronchi spossati avvinghiate alla terra. Poi l’ultima serie di tempere su antiche copertine di libri. Muore a Parma il 12 luglio del 1994.
Nel 2011, nel centenario della nascita Maurizio Calvesi affiancato da un prestigioso comitato scientifico allestisce una grande retrospettiva al Braccio di Carlo Magno in Vaticano. L’anno successivo Simona Tosini Pizzetti raccoglie 42 Nature Morte nelle sale centrali del Museo Morandi di Bologna. Del 2013 è la mostra di sculture al Musma di Matera.