Carlo Rea
Tornabuoni Arte Contemporary Art sposta la sua sede espositiva da via Maggio 58r al primo piano della sede di Firenze, in Lungarno Benvenuto Cellini 3, e inaugura la personale di Carlo Rea, a cura di Bruno Corà.
Comunicato stampa
Tornabuoni Arte Contemporary Art sposta la sua sede espositiva da via Maggio 58r al primo piano della sede di Firenze, in Lungarno Benvenuto Cellini 3, e venerdì 9 giugno 2017, alle ore 18, inaugura la personale di Carlo Rea, a cura di Bruno Corà.
Carlo Rea ha un singolare percorso artistico che nasce negli anni Ottanta dall’esperienza della musica e che arriva progressivamente alle arti visive. È un artista colto e raffinato attento all’aspetto filosofico e ideologico dell’arte. Alla Tornabuoni Arte espone un nucleo di opere, tra dipinti e sculture, che va dal 2012 ad oggi. Nelle sue superfici monocromatiche, l’artista punta l’attenzione sul fluire del tempo, inteso come movimento nello spazio. “La costante impermanenza delle cose che fisicamente ci circondano - dichiara l’artista, l’instabilità del punto di vista o della nostra fragile condizione oggettiva, rappresentano per me l’essenza del mio operare (…) Il legame con ciò che ci appartiene è instabile così come lo sono i cambiamenti prodotti dalla fluttuazione del tempo, o meglio di ciò che resta della percezione dello scorrere”. La sua è una ricerca del pensiero del tempo nella quale non esistono distanze temporali ma passato, presente e futuro, come anche le distanze fisiche, convivono tutte in un solo istante e in un solo luogo, nonostante il continuo fluire della materia. Ed è proprio dalla musica che Rea prenda quella valenza di tempo che pervade profondamente le sue composizioni pittoriche, sia dal punto di vista contenutistico che formale e cromatico. Ritmi e pause delle sue opere sono proprie della sfera musicale. In mostra troviamo la recente serie delle Spore, realizzate con una tecnica mista di gesso, cellulosa, impasto di stucco e tempera. Monocromi che vibrano, grazie a un leggero rilievo dato alla superficie da piccoli petali che si distribuiscono sulla tela creando disegni vari, fino a riempirla completamente in una sorta di horror vacui.
Carlo Rea nasce a Roma nel 1962 (figlio di Ermanno, giornalista e scrittore). Inizia giovanissimo lo studio del violino presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano. Successivamente è a Napoli dove frequenta il Conservatorio di San Pietro a Majella. Qui inizia anche lo studio della viola. Infine si diploma brillantemente presso il Conservatorio di Santa Cecilia a Roma. In questo periodo segue assiduamente l’ambiente dell’arte e della musica contemporanea frequentando e suonando musiche di autori come: Luciano Berio, Salvatore Sciarrino, Franco Donatoni, Fausto Romitelli al quale sarà legato da una profonda amicizia. Romitelli, nel 1986, gli dedica “Ganimede” per viola sola, registrata da Carlo Rea per la casa discografica EDI PAN nel 1988. L’incontro a Roma, all’inizio degli anni 80, con l’ambiente artistico e culturale della città e con la pittura astratta è decisivo. Di questo periodo sono le prime opere su carta, “partiture visuali”, disegni a base di grafia musicale che possono essere solo guardati, in cui l’annotazione contrappuntistica diviene forma pittorica. Da quel momento lo studio della musica e l’esercizio della pittura si fondono in lui in un unico linguaggio volto alla ricerca di una visione percettibile dello scorrere del tempo. Quando ormai, già collaboratore, in qualità di violista per oltre un decennio, con l’Orchestra Sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, ha già eseguito spartiti famosi sotto la direzione di grandi maestri di fama internazionale, Carlo Rea decide di abbandonare Roma e la musica per dedicarsi interamente alle arti visive. Nel 1991 è a Parigi, dove prepara la sua prima mostra personale inauguratasi l’anno successivo e ospitata dalla Galerie Berthet Aittouares in Rue de Seine. Questo evento segna in modo irreversibile il suo impegno nell’arte pittorica. Nel 1994, la rivista francese MUSEEART, recensisce le mostre “Voyage d’hiver” e “Omaggio a Montale”, quest’ultima ospitata dall’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, sottolineando l’intreccio profondo tra musica e pittura.
Il percorso creativo di Carlo Rea passa nel tempo anche attraverso l’utilizzo di materiali considerati extra pittorici ma con intrinseca valenza plastica: legno, juta, asfalto, terracotta, ceramica, ecc.. nei quali egli ricerca sempre la vibrazione, il suono, il respiro. Le esperienze si susseguono, consumate con la tipica voracità di chi cerca ostinatamente in se stesso un approdo stilistico, senza lasciarsi distogliere da nessuna lusinga. Alla fine degli anni Novanta rientra in Italia e, con la collaborazione dell’architetto Kathryn J. Burge (sua moglie), si occupa delle relazioni tra musica, arte e medicina, realizzando due edizioni, 2001 e 2002, del Crossover Festival. Dopo questa esperienza inizia per lui un periodo di profonda riflessione, durato alcuni anni, nel quale intraprende un solitario e silenzioso percorso pittorico nel bianco, tornando anche a comporre musica minimalista che utilizza nei video di sua ideazione e produzione. Dopo aver sedimentato le sue esperienze, Carlo Rea arriva al risultato di una pittura estremamente filtrata e rarefatta con le “superfici impermanenti”, quasi al limite della permanenza visiva, che diviene anche una riflessione sulla condizione di impermanenza dell’essere. Significativo, dopo aver raggiunto i primi risultati, è stato l’incontro e l’amicizia con il pittore Enrico Castellani, che lo ha incoraggiato nel seguire a fondo il cammino già intrapreso.
Per la mostra, aperta fino al 22 luglio, sarà realizzato un catalogo con un testo di Bruno Corà.