Carmelo Nino Trovato – Le porte regali
In esposizione si potranno vedere olii ed acrilici, su tela e su legno, appartenenti al conosciuto ciclo delle “Acque sognanti”, già esposti in importanti sedi sia in Italia che all’estero, ed inoltre quelli del nuovo recente ciclo dedicato a “Le porte regali”, ispirate dall’omonimo libro di Pavel A. Florenskij (1882 – 1937).
Comunicato stampa
Sarà Philippe Daverio a presentare al pubblico degli invitati i dipinti di Carmelo Nino Trovato, pittore ed architetto triestino, esposti dal prossimo 22 luglio al Castello di Duino in una mostra promossa dal Comune di Duino Aurisina. E’ la seconda volta che il famoso storico dell’arte, conosciuto dal grande pubblico in particolar modo per le sue trasmissioni televisive “Passepartout” ed “Emporio Daverio” in onda sulle reti Rai, presenzierà all’inaugurazione di un’esposizione di Trovato. Infatti nel novembre 2006 a Trieste il prof. Daverio illustrò al numeroso pubblico che affollava Palazzo Costanzi le opere pittoriche dell’artista giuliano, presentate nell’occasione anche da un testo appositamente redatto da Paolo Portoghesi, pubblicato nel catalogo della mostra allora promossa dal Comune di Trieste e dalla Regione Friuli-Venezia Giulia. Tra gli ospiti illustri a Duino è atteso anche il prof. Massimo Cacciari, che da anni segue con interesse il lavoro del pittore triestino. Trovato è attualmente presente con una sua opera, un polittico composto da quattro elementi, anche alla “Biennale in Porto Vecchio” a Trieste, manifestazione curata da Vittorio Sgarbi nell’ambito della 54.a Biennale di Venezia.
Per motivi di sicurezza e di capienza degli spazi del Castello, all’inaugurazione si potrà accedere solamente dietro presentazione dell’invito.
Philippe Daverio arriverà a Duino nel primo pomeriggio di venerdì 22 luglio ed alle ore 17, assieme all’autore, illustrerà le opere di Trovato con una conferenza ospitata presso la Sala Convegni del Castello. Successivamente sarà inaugurata l’esposizione, allestita nella Sala Rilke situata nel mastio della torre romana. Un luogo, messo a disposizione dai Principi della Torre e Tasso, dotato di un innegabile fascino, che porrà in risalto le particolari atmosfere metafisiche ed esoteriche descritte nei quadri del noto pittore triestino, da molti anni ispirato dal pensiero di Rudolf Steiner e di Massimo Scaligero.
In esposizione si potranno vedere olii ed acrilici, su tela e su legno, appartenenti al conosciuto ciclo delle “Acque sognanti”, già esposti in importanti sedi sia in Italia che all’estero, ed inoltre quelli del nuovo recente ciclo dedicato a “Le porte regali”, ispirate dall’omonimo libro di Pavel A. Florenskij (1882 – 1937). Con questo termine il grande matematico, mistico e filosofo russo intendeva esaltare la funzione spirituale dell’arte, in particolar modo della pittura, che è chiamata a “portare” il cielo sulla Terra, cioè a tradurre in forme sensibili il sovrasensibile. Ecco dunque che le opere d’arte spalancano miracolosamente queste sorte di “porte regali”, almeno per un attimo, lasciandoci intravvedere il mondo spirituale che “silenziosamente” e solitamente “invisibilmente” permea tutta la realtà.
La mostra, realizzata sotto l’egida del Comune di Duino Aurisina e sostenuta dalla Fondazione CRTrieste, dalla Fondazione Benefica Kathleen Foreman Casali e dalle coop – cooperative operaie di Trieste Istria e Friuli, sarà visitabile fino all’8 agosto 2011, con gli orari di apertura del Castello di Duino (9.30 – 17.30 con chiusura il martedì).
Breve cenno sulla “poetica”:
“Fin da quando ero molto giovane ho sempre considerato l’arte come una sorta di ideale ponte fra il mondo spirituale e quello fisico-sensibile, in cui viviamo immersi dalla mattina al risveglio fino alla sera quando ci addormentiamo. Tale atteggiamento non va banalmente considerato in modo retorico o sentimentale. Si tratta invece di intraprendere un lento e faticoso lavoro interiore, coadiuvato nel mio caso dagli insegnamenti esoterici di Rudolf Steiner e di Massimo Scaligero, per poter penetrare nell’universo del sovrasensibile onde percepire e poi poter portare qui sulla Terra ciò che si è “visto” in quel territorio. L’arte quindi deve tradurre in forma sensibile ciò che viene contemplato nel sovrasensibile, parafrasando il concetto di “Porte regali” enunciato da Pavel A. Florenskij: l’opera come porta regale, attraverso la quale possiamo sperimentare, almeno in una certa misura ed anche se solamente in modo inconscio, il mondo dello spirito, pur senza essere chiaroveggenti od iniziati.” Carmelo Nino Trovato.
NOTA BIOGRAFICA:
Carmelo Nino Trovato nasce nel 1954 a Jamiano – Doberdò del Lago, nel goriziano. Dipinge ed espone già da giovanissimo. Si laurea a Venezia in Architettura. Nel 1981 esegue una pala d'altare per la cinquecentesca chiesa di San Rocco in Arlena di Castro. Nell’82 vince il primo premio al “II Mini Print International“ a Cadaqués, in Spagna, rappresentando quindi l'Italia in una serie di esposizioni ordinate dal Governo Catalano. Nell'83 e nell'84, riceve il primo premio per la grafica e la pittura alle Rassegne del “Centro San Fedele“ di Milano. Nel 1983 realizza una pala d'altare per il nuovo Tempio di S. Francesco, a Rieti. Nell’84 Guido Perocco, docente di Storia dell’Arte a Ca’ Foscari e direttore di Ca' Pesaro a Venezia, lo ha segnala quale artista dell’anno nel “Catalogo dell'Arte Moderna Italiana 'Bolaffi' N.20“ (G. Mondadori & Ass.). Nel 1985 è invitato e premiato alla Biennale d'Arte Sacra di Venezia ed il suo trittico fa ora parte della collezione del Museo Diocesano. Nell’89 una sua mostra dedicata al ciclo delle “Acque sognanti“ viene presentata da Aligi Sassu al “Centro San Fedele“ di Milano. Nel 1991 esegue un affresco ad Arcumeggia (Varese), il più celebre paese dipinto da alcuni dei maggiori pittori italiani del '900. Nel ‘92 Paolo Portoghesi, allora Presidente della Biennale di Venezia, lo invita ad esporre nella sua Galleria “Apollodoro“ di piazza di Spagna a Roma. Nel ‘94 progetta l’altare in marmo della chiesa di “San Bartolomeo“ a Barcola. Nel 1995 Aligi Sassu presenta una sua personale al “Museo Revoltella“ di Trieste. Del ‘98 è la sua personale al castello di Esery-Reignier in Francia. Nel 2002 è presente al Museo della Permanente di Milano. Nello stesso anno, in occasione della nota regata triestina “Barcolana”, realizza una delle grandi “vele” esposte in Porto Vecchio. Nel 2006 Philippe Daverio e Paolo Portoghesi presentano la sua antologica a Palazzo Costanzi a Trieste. Nel 2011 espone alla “Biennale in Porto Vecchio” a Trieste, manifestazione curata da Vittorio Sgarbi nell’ambito della 54^ Biennale di Venezia.
Massimo Cacciari, Philippe Daverio, Giorgio Mascherpa, Guido Perocco, Paolo Portoghesi, Paolo Rizzi, Aligi Sassu, Marcello Venturoli si sono interessati al suo lavoro.
“Architetto”
di Philippe Daverio
L’architettura sicuramente non è solo progetto, anzi quella vera è solo quella costruita, quella tangibile, quella che ha preso forma. Semmai prima di essere fisica l’architettura può essere mentale, può essere frutto d’un sogno o d’una elaborazione lucida dell’intelletto nel suo funzionamento razionale. L’architettura è archi-disciplina.
Carmelo Nino Trovato s’è laureato in architettura per diventare artista. Ha seguito un percorso che altri prima di lui avevano già tracciato, altri che per anni ho frequentato, Massimo Scolari con i suoi acquarelli impensabili e Arduino Cantafora con le sue ricerche alternate fra modellismo nostalgico e creazione transepocale. Questi, sulla scia del miglior lavoro d’ingegno di Aldo Rossi, avevano deciso di abbandonare il progetto da concorso inutile e l’esercitazione accademica per costruire davvero, essendo loro stessi gli artefici delle loro fabbriche. Avevano deciso di portare a termine il sogno e l’idea direttamente con la pittura. Invece di affidarsi agli inutili incarichi d’una Italia che aveva rinunciato all’architettura per sostituirle la banale edificazione, s’erano messi integralmente in proprio e delineavano nello studio lo spazio edificabile d’una tela o d’una tavola per costruirvi le loro città ideali e le loro architetture sperimentali.
Ho ritrovato come per caso a Trieste la medesima pratica in Nino Trovato, una generazione dopo. Trieste è città adatta ad ogni esperimento di frontiera; lo definisce la caratteristica stessa del suo collocamento geografico. E’ pure adatta a fluttuare fra i tempi diversi della storia recente, fra la melanconia e l’ansia, fra imperi dimenticati del centro e dell’est d’Europa e futuri probabili assetti tutti ancora da verificare. Nino Trovato vi ha per anni, segretamente, costruito i suoi studi sulle tele. Con risultati oggi francamente riscontrabili nella loro articolata ambiguità dove la fuga dell’occhio corre verso l’infinito punto della visione onirica. In questo spazio che diventa volume costruito della mente avviene la sottile concrezione delle idee, quella che plasma l’edificio come il volto, che inventa simmetrie capaci di ricordare il sistema bilobale del cervello quanto le altre simmetrie del corpo umano, incluse al di sopra di tutte quelle del sesso, ovviamente nell’identificazione subcosciente che ne hanno dato gli indagatori asburgici di cent’anni fa. E le fluidità acquatiche, acque morte o lentamente scorrevoli, ne sono il necessario corollario, così come quegli accenni di vegetazioni che portano fuori dal fabbricato ma sicuramente non dall’opera determinata dell’uomo. Piccole curiose meraviglie lavorate con attenta determinazione, con la pazienza che consente un tempo senza tempo dove il rigore non è quello degli orari ma dell’applicazione. Contributi significativi però all’elaborazione d’una architettura probabilmente gravida di ipotesi di scoperte, non nel campo del cemento armato, della pietra o delle promozioni, ma dello spirito. Quello poetico dell’ enthusiasmòs.
Vi è in tutto il suo percorso un qualcosa di sommesso, di silente, di garbato. Un’arte che, come la personalità del suo autore, non richiede affermazioni clamorose, dibattiti da palcoscenico, ma sa di potersi insinuare fra i meandri del caos attuale proprio grazie alla sua sottile ambiguità. Un’arte per chi ha tempo da dedicare, attenzione non rapida e voglia di scoprire lasciando alla propria testa il diritto di ripercorrere sentieri analoghi in quel mondo onirico delle forme costruite che la mente svincolata dalle trame del conformismo secreta con automatica regolarità. Un diritto alla contorsione, uno spiraglio di libertà.