Carol Rama / Dora Maar – Eremite
Se è vero che i limiti accendono la creatività e che solo superandoli, sfidando le convenzioni, si sconfina nella dimensione artistica, le opere di Carol Rama e Dora Maar sono esemplari dimostrazioni della veridicità di questa riflessione.
Comunicato stampa
Se è vero che i limiti accendono la creatività e che solo superandoli, sfidando le convenzioni, si sconfina nella dimensione artistica, le opere di Carol Rama e Dora Maar sono esemplari dimostrazioni della veridicità di questa riflessione.
Contemporanee (Maar 1907-1997, Rama 1918-2015, con cognomi - anche se Maar è un nome d’arte - curiosamente anagrammabili), entrambe segnate da una vita irregolare e inquieta, provenienti da contesti differenti e con percorsi artistici unici, hanno saputo sviluppare un linguaggio visivo molto personale, in grado di affrontare, con coraggio, tematiche intime e universali.
Dora Maar, che nella Parigi del Surrealismo aveva trovato il terreno ideale per esprimere la sua visione artistica attraverso la fotografia e, successivamente, la pittura, sceglierà la solitudine, ritirandosi a Ménerbes, in Provenza, dopo la drammatica rottura della tanto passionale quanto distruttiva relazione con Pablo Picasso. Anche Carol Rama, a Torino, sceglie di vivere sostanzialmente isolata la sua esperienza artistica, rispondendo provocatoriamente all’ambiente austero e rigoroso della città attraverso la rappresentazione anticonformista dei demoni che la tormentano.
Il titolo della mostra, in collaborazione con la galleria Vico Spinola di Savona, è un omaggio alla scelta consapevole di Maar e Rama di compiere il proprio cammino artistico da sole, ambendo alla libertà da qualsiasi condizionamento. Le opere esposte di Dora Maar sono quelle relative al progressivo isolamento, intorno agli anni Cinquanta, nelle quali la figurazione scompare – o si riduce al minimo – per far emergere l’essenza lirica della composizione, virando verso l’astrazione anche quando i soggetti sono paesaggi. Le opere di Carol Rama riflettono un profondo senso di ribellione non solo esplorando temi come la malattia mentale e la sessualità, ma anche attraverso l’uso di tecniche non convenzionali e di materiali “non conformi” tra cui i chiodi, i pennini o addirittura la pelle di animale, come nelle opere in mostra degli anni Sessanta.
Maar e Rama affrontano con disarmante trasparenza la propria complessa identità: la prima, trasformando un’eccessiva vulnerabilità in forza creativa e poetica capacità introspettiva; la seconda, sfidando i canoni artistici convenzionali con audace crudezza espressiva. “Eremite” a cui il tempo ha restituito il giusto riconoscimento.