Caterina Scala – Stanza dei giochi
Caterina Scala in questo suo lavoro fotografico presenta una costruzione puramente interiore e soggettiva: corridoi e angoli abitati da piccoli fantasmi che si manifestano sotto l’apparenza di peluche e cavalli a dondolo, bamboline di plastica e modellini di antiquati elettrodomestici.
Comunicato stampa
STANZA DEI GIOCHI
One need not be a Chamber to be Haunted
One need not be a House
The Brain has Corridors surpassing
Material Place.
Emily Dickinson, 1863
Due testi forse possono servire a orientare il visitatore che si addentri all'interno dell'enigmatica stanza di Caterina Scala e cerchi, se non un percorso ermeneutico interamente delineato, un indizio, l'accenno di una direzione lungo la quale incamminarsi. Il primo sono i versi della Dickinson riportati in esergo alla presente nota: "Non è necessario essere una camera per ricevere spettri. Non c'è bisogno di essere una casa. La mente possiede corridoi più vasti di quelli reali". E, in effetti, Caterina Scala, che abitualmente esercita due attività strettamente legate all'analisi e all'interpretazione della realtà, regolate da criteri rigorosi di oggettività, quella di documentarista e quella di storico del medioevo, in questo suo lavoro fotografico
presenta una costruzione puramente interiore e soggettiva: corridoi e angoli abitati da piccoli fantasmi che si manifestano sotto l'apparenza di peluche e cavalli a dondolo, bamboline di plastica e modellini di antiquati elettrodomestici. Inquietanti o divertenti, muti o sospiranti, ironici o paurosamente seri, questi abitatori della stanza, smarriti nella loro incerta relazione con l'essere, sono evocati e mantenuti in vita, nello spazio dello sguardo, dalle sorgenti complicate e labirintiche della
memoria e dell'immaginazione.
Il secondo testo che può servire da guida all'ospite e all'osservatore disposto a lasciarsi suggestionare dalle visioni di Caterina Scala è un passo delle "Passions de l'âme" di Descartes: "Lors que nostre âme s'applique à imaginer quelque chose qui n'est point, comme à se rappresenter un palais enchanté ou une chimere… les perceptions qu'elle a de ces choses… on a coustume de les considerer comme des actions, plustost que comme des passions". Il carattere attivo dell'immaginazione, richiamato da Cartesio in questo passo, la volontarietà
dell'immaginazione, che in altri luoghi cartesiani è definita come un'attività di tipo
combinatorio, si contrappone all'altro carattere della facoltà di immaginare, quello opposto della passività: passività del sogno, passività del vagabondaggio dell'anima, della ricezione pura di sensazioni e immagini che provengono dalla
insondabile materialità del corpo e da quella parte altrettanto insondabile della psiche che oggi noi chiameremmo inconscio. Ecco, forse, si può dire che il paesaggio interiore della "Stanza dei giochi" affiora e si forma sulla carta
fotografica seguendo queste due direttrici perpendicolari: l'attività combinatoria e associativa dell'immaginazione, diretta da un principio ludico e ordinatore, e la pura passività, onirica, acquiescente e ricettiva di ciò che viene da quel lontano altrove che siamo noi stessi.
Fabrizio Bonci