Cesare Fullone – Per aspera ad astra

Informazioni Evento

Luogo
FABBRICA EOS - SOLO PROJECT
via Pasubio, Milano, Italia
Date
Dal al

Apertura al pubblico: 29 maggio – 29 giugno 2024

Orari: ore 11.00 – 13.00 e 15.30 – 18.30 – domenica e lunedì chiuso

Vernissage
28/05/2024

ore 19,30

Artisti
Cesare Fullone
Uffici stampa
MARIA BONMASSAR
Generi
fotografia, personale
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FABBRICA EOS Gallery ospitano la mostra Per aspera ad astra, di Cesare Fullone, con un testo poetico di Franco Arminio.

Comunicato stampa

Dal 29 maggio al 29 giugno 2024 gli spazi della FABBRICA EOS Gallery ospitano la mostra Per aspera ad astra, di Cesare Fullone, con un testo poetico di Franco Arminio.

In mostra la serie Soldati, esposta per la prima volta, a Milano, nel maggio del 2013, nel progetto Attese, una produzione Tendercapital.

La serie riproduce immagini di soldati a cui l’artista ha aggiunto frasi poetiche di Camus, Melisso di Samo, Freud, Rimbaud, Saffo, San Tommaso d’Aquino, Shakespeare e altri pensatori. Esposte al pubblico la serie originale e le riproduzioni su poster, firmate dall’artista e messe in vendita come parte di tutta l’azione.

Da un’idea di Fabio Novembre e Giancarlo Pedrazzini, visto l’attuale contesto socio-politico, si è sentita la necessità di una nuova esposizione di Soldati, ma in una diversa modalità: le opere della serie sono state riprodotte, in numero limitato, per una loro collocazione nello spazio urbano, divenendo manifesti e affissi negli spazi appositi.

Questo nuovo progetto, dunque, inizia per strada, e vuole temporaneamente diventare parte del paesaggio urbano. Una mostra di opere che una volta attaccate al muro sembra diventino parte di esso e dove incontreranno i passanti consapevoli e quelli distratti, e staranno in mostra il tempo necessario affinchè il tempo e gli agenti atmosferici le rimuoveranno, e, naturalmente, il processo di decomposizione dell’opera effimera su poster influenzerà lo stesso progetto, in una metaforica associazione tra opera e vita umana. Dei manifesti resteranno attaccati alcuni brandelli di poster che non sono altro che residui dell’opera. Il tentativo è quello di tenere la narrazione sospesa in quella situazione unica e non riproducibile in cui si assorbe un evento, un’esperienza senza stabilire e quantificare il cambiamento: l’arte incontrata per strada, nella curiosità, nel turbamento di illusioni che cadono senza avvertirne ancora il peso, nell’annuncio della vita. Una tensione nascente porta a immaginare una città piena d’amore, di disperazione e di una notte in cui sparire.

Un’arte, dunque, che scende per strada e che guarda gli spettatori, che ‘richiama’ i passanti e i pensieri. Una collezione di immagini che non si dimenticano. Una complessa relazione tra l'osservatore e l’opera, una dimensione di molteplicità, di mutabilità, un processo del divenire. L’azione creativa crea un raffinato ibrido della contaminazione dei linguaggi dell’arte, ancora una volta la relazione pericolosa tra parola e immagine.

Nella serie Soldati la parola costituisce un elemento fondante della poetica stessa, l'esistenza di ambiti poetici che rivelano l'imprevedibilità, ossia un aspetto caotico e ingovernabile dei pensieri, uno spunto per riflettere sulle insopprimibili differenze e imperfezioni che si manifestano nella realtà. L'idea dell'artista avvia il processo e si incarna nella molteplicità di immagini e riferimenti che trasformano il mondo stesso in strumento di creazione.

Cesare Fullone confonde e sovverte i concetti di ordine e disordine, semplicità e complessità per rivelarne la fragilità e la possibilità che l'uno sia celato nell'altro al di là delle apparenze. Per Cesare Fullone il linguaggio diviene reazione poetica a ciò che accade, e il rapporto parola e immagine mostra gli effetti di rovesciamento in una metafisica dell’evento, paradossale, incorporea, di superficie, mentre il confronto verte sulla coscienza immanente all’evento e sulla coscienza di superficie del senso. Un pensiero poetico, nonostante tutto. Una ‘umanità’, nonostante tutto.  E i pensieri divengono poesia e sapere e quesito o legge scientifica. I testi diventano una testimonianza di senso sull’umano, sulle diverse modalità che  caratterizzano le verità della conoscenza e la forza dell’aggressione.

Che rapporto c’è tra l’immagine e la parola? Chi ‘parla’? A chi si ‘parla’? Una ‘parola’ con un forte potere emotivo, che invita a un rapporto più intimo spettatore/opera. I testi sono il pretesto per fermare lo spettatore immerso nella folle regolarità del quotidiano, un modo di riflettere sul concetto di umano e per ‘immergersi’ in un mondo di effetti e di affetti. Parole e testi che ‘raccolgono’ teorie e poesie, saperi e pensieri, opere che  impediscono il confondersi con il rumore degli accadimenti, opere che indicano un senso poetico, vivente e molteplice, affettivo e intenso. Un inno al vivere.

Cenni biografici: http://www.cesarefullone.com

Cesare Fullone vive a Milano, dove ha conseguito il diploma in Pittura all'Accademia di Belle Arti di Brera. Pensa che l’arte sia un linguaggio inquieto, perennemente in tensione, e attraverso pittura, scultura, installazioni e fotografia è autore di una modalità poetica e etica di vedere e creare mondi.  Autore del progetto grafico di Virus Mutation. Tra le sue mostre personali: Sulla rotta degli Spraysages, Roma; Stato di pericolo, Genova; Schieramenti, Torino; Insonnia, Milano; Paesaggi umani, Zagabria; Boxeur, Milano; Dal Creato al Ri-creato, Milano; Come farfalle ferite, Milano.

Molte le sue partecipazioni a mostre collettiva, tra le quali: la sezione Aperto della Biennale di Venezia, Quadriennale di Roma, Mart di Trento e Rovereto, PAC Padiglione di Arte Contemporanea di Milano, Pitti Immagine, Firenze, Museo di Arte Contemporanea di Zagabria, Il Broletto di Como, Casa degli Artisti, Milano.

Hanno scritto delle sue opere: Renato Barilli, Franco Bolelli, Achille Bonito Oliva, Antonio Caronia, Manuela De Cecco, Giacinto Di Pietrantonio, Roberto Daolio, Lucrezia De Domizio, Gillo Dorfles, Silvia Evangelisti, Carlo Falciani, Fam, Elisabetta Longari, Teresa Macrì, Antonio Marras, Filiberto Menna, Marco Meneguzzo, Luis Francisco Perez, Roberto Pinto, Gabriele Perretta, Mimmo Rotella, Lea Vergine, Angela Vettese e altri.

Testo di Franco Arminio

L'odio esiste, bisogna farsene una ragione. Pure l'amore esiste. Non è chiaro se l'amore è uno squarcio di luce che rompe il buio fitto dell'odio. Oppure è l'odio ad essere un ferro vecchio, mentre l'amore è il fondo di tutto ed è sempre nuovo.

Quello che è sicuro è che l'odio è più animoso. La cosa molto interessante di queste dodici opere di Cesare Fullone è che un pensiero umano è accostato a un soldato, cioè a un uomo vestito per guerreggiare. I pensieri scelti sono i più vari, ma non sono dichiarazioni pacifiste.

Un pensiero profondo mette in risalto l'assurdità di vedere un essere umano vestito da militare, ma anche il fatto che quelle che sembrano belve sono uomini e che mentre stanno lì vestiti da soldati forse anche loro pensano all'amore.
Forse prima di indagare le ragioni geopolitiche che producono le guerre, prima di indagare le perversioni mentali che spingono o hanno spinto i vari hitleroidi che hanno attraversato e attraversano il mondo, bisogna suscitare lo scandalo di vedere un uomo con un mitra in mano, un uomo tenuto lontano dai suoi affetti, dalle sue tenerezze.

Oggi siamo in un momento in cui pare che ci sia un lievito che fa crescere il piombo nero delle guerre, un lievito madre che nasconde la semplice evidenza che la nostra vicenda è stare qui in attesa di morire e che dobbiamo mutare la malinconia che ci viene dal destino di morenti nella lietezza che ci viene dalle opportunità offerte dal nostro destino di natali.

Dobbiamo immaginare che siamo tutti al fronte e che ogni sparo è uno scandalo. L'odio divampa perché abbiamo tante merci, ma non abbiamo un sogno. E ogni giorno senza amore in qualche modo ci porta nell'odio, nelle sue manifestazioni più violente e in quelle mascherate da intelligenza o addirittura da bontà.

L'amore è alla base dei pensieri che l'artista mette vicino agli elmetti dei soldati. I pensieri che resistono nei secoli, i pensieri che non si consumano sono il lievito per il disarmo. Più che la pace, bisogna invocare il disarmo. Forse gli umani non finiranno mai di offendere ma devono trovare un modo di affermarsi che non passi per l'uccisione degli altri.
Citare Camus o Saffo piuttosto che sparare, il nostro disagio non ci darà mai pace, ma non può spingerci alla guerra, a questa guerra senza pena e senza compassione che accumula cadaveri in ogni angolo di guerra e in ogni angolo di pace, guerre militari e guerre di solitudine, rughe e trincee, profili dell'umana sventura.